La mamma in corsia? Non sempre è un bene il bambino è nervoso

La mamma in corsia? Non sempre è un bene il bambino è nervoso La mamma in corsia? Non sempre è un bene il bambino è nervoso Ho letto con grande interesse (anche se purtroppo con notevole ritardo, perché assente da Taino) la nota apparsa su La Stampa il 3 giugno riguardante i «traumi da ricovero» nel bambino. In esso vengono riportate alcune affermazioni della prof.ssa Marcella Baria della scuola di specializzazione dell'Università Cattolica di Roma. Secondo la prof.ssa Baria, per evitare ai bambini sotto i cinque anni di vivere 11 ricovero in ospedale come un vero trauma, dalla protesta alla di-1 sperazione per l'assestamento, è opportuna la presenza continua della mamma come parte integrante del ricovero stesso. Forte di una nostra ultradecennale esperienza clinica quotidiana all'interno del Centro per grandi ustionati di Torino, in cui i bambini, per assoluta necessità di sterilità, sono separati dalla madre che vedono soltanto due ore al giorno attraverso i vetri e sentono mediante un citofono, penso di poter contraddire fermamente quanto asserisce la prof.ssa Baria insieme con molti pediatri. Possiamo affermare che, eccezione fatta per pochissimi casi, quando i bambini nel reparto di degenza sono circondati da personale adeguatamente preparato e sono sufficientemente seguiti dal punto di vista psicologico, non solo non mostrano segni di trauma psichico ma partecipano attivamente alla propria guarigione, collaborando con medici e personale infermieristico in modo sorprendente. Naturalmente perché si stabilisca un tale fattivo rapporto fra il bambino e l'ambiente di cura devono essere tenuti in considerazione alcuni criteri fondamentali quali: 1) un'adeguata preparazione psicologica durante il primo soccorso che precede l'ingresso in reparto: 2) un'adeguata preparazione del bambino ad ogni procedura terapeutica, fornendo spiegazioni comprensibili per ogni livello d'età, lasciandogli tutto lo spazio necessario alla espressione personale per una attiva collaborazione e responsabilizzazione alla propria guarigione ; 3) istaurazione di uno stretto e costante contatto dei medici e dello psicologo del reparto con i genitori ed in particolare con la madre,, dando anche a loro per tutto il periodo della degenza un adeguato sostegno psicologico; si potranno cosi attenuare i frequenti sensi di colpa; 4) preparazione del personale infermieristico^ ad accogliere ed a trattare nel miglior modo possibile i piccoli pazienti; 5) infine, un'adeguata preparazione psicologica del bambino alla dimissione dall'ospedale e dei genitori al reinserimento del piccolo paziente nell'ambito famigliare. Seguendo questi criteri, nella maggior parte dei casi, si ottiene senza grandi difficoltà un valido inserimento del bambino nella vita ospedaliera, riducendo notevolmente gli effetti della separazione e annullando la carenza di cura materna. E' doveroso ricordare Infine che, talvolta, le cure materne, per atteggiamenti errati della madre dovuti ad ansia, a depressione, a complessi di colpa, a stanchezza, a cattivi rapporti precedenti con 11 bambino, possono avere un effetto negativo, quando non, addirittura controproducente alla guarigione. In questi casi la continua presenza della madre renderebbe soltanto più difficile un rapporto positivo e corretto qual è indispensabile per la guarigione. Simone Teich-Alasia Primario di chirurgia plastica del Centro Traumatologico di Torino

Persone citate: Baria, Marcella Baria, Simone Teich-alasia Primario

Luoghi citati: Roma, Taino, Torino