Ma i veneziani si vogliono bene? di Stefano Reggiani

Ma i veneziani si vogliono bene? DOMANI IL REFERENDUM SULLA SEPARAZIONE DALLA TERRAFERMA Ma i veneziani si vogliono bene? Speranze, rimorsi e utopie si confrontano nel dibattito che precede il voto - I separatisti dicono, col ministro Visentini, che le due città, Mestre e Venezia, hanno interessi inconciliabili - Due miti: la bellezza e l'emarginazione - Dorigo: «A Mestre è stato commesso un genocidio urbano» - Cacciari: «E* un problema di egemonia moderata sul centro storico» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VENEZIA — Girano le coccarde separatiste: Veneaia solo tua con un si Mestre, solo tua con un si Domani si\ vota nel referendum. Chi vuole dividere Venezia da, Mestre e costituire due Comuni (come un tempo, prima del 1926) ha dalla sua parte la' possibilità di semplificare gli argomenti e di puntare sulle emozioni civiche. Ha dalla ■sua parte anche il ministro' Visentini, che mostra il remo-, ,to sorriso di un doge laico. Fu-, lui a proporre per prima un'alta autorità per Venezia.' una specie di governatorato per uscire dalla crisi. Visentini l'altro giorno ha ■ricevuto gli invitati della sua conferenza-stampa a Mestre, nella saletta dell'Amelia, cara ai gastronomi con la naturalezza che avrebbe avuto nella sua casa di campagna, nel Trevigiano. Dice: abbiamo fatto molti errori insieme, Mestre e Venezia; ora divi-i diamoci e ognuno pensi per sé, la diversità dei nostri interessi è inconciliabile. Visentini ieri ha tenuto un comizio con l'ex presidente della Biennale, Ripa di Meana. Il partito di Visentini, il pri. è contrario alla divisione della città, come il partito di' l e u à i , to è o e o o '' a a à i è r to Meana, il psi. Il referendum ha rotto le solidarietà di partito <-E' un problema amministrativo»/ ha incrinato antiche istituzioni insidiato solide amicizie, riaperto vecchie dispute. Gli slogans dei separatisti secondo gli avversari contengono quasi un impulso sessuale, la liberazione di un mito privato. Certo, non ci si sorprende ■che molti vogliano possedere lin esclusiva Venezia, meno si 'capisce che qualcuno sia tentato di possedere Mestre; eppure nel confronto di due sentimenti urbani cosi vicini così legati e insieme cosi ostili bisognerà cercare la spiegazione profonda del voto e la ragione di una 'Campagna elettorale» singolarmente aspra, improvvisamente piena di rabbie e di insofferenze, segnata di sincere rivendicazioni autonomiste. I partiti che si sono pronunciati in maggioranza per il no alla divisione (eccetto 'missini, liberali e socialdemocratici) hanno misurato la 'fatica di riprendere i contatti con la gente; gli uomini di cultura cercano di ricostruire gli sbagli del passato; i non veneziani gli immigrati sono perplessi davanti a un interrogativo (dividersi o no?) che sembra loro perfino ingenuo e un poco ozioso. Dice lo slavista Vittorio Strada, che insegna da quattro anni all'università di Venezia: «Non parteggio, non sono tifoso, sento che ci sono •delle spaccature dentro i gruppi contrapposti e che il problema è diventato di schieramento. Ci sono in gioco interessi economici, corporativi. Io voterei per la divisione, se servisse a dare slancio alle istituzioni culturali veneziane. Ma sono incerto, accetto volentieri consigli motivati». Si scopre che questa campagna del referendum, ristretta a una settimana, non ha dato spazio all'informazione, che necessariamente gli argomenti si sono fronteggiati sulle posizioni estreme e più, fragili (a chi andranno i soldi del casinò? Gli impiegati del Comune conserveranno 10 stipendio immutato? Pagheremo più tasse?). E' dal 1926. anno dell'annessione di Mestre, che la politica veneziana alimenta le contraddizioni. Fino a ieri si voleva vincere la crisi col progetto di una ^grande Venezia», area regionale in cui Venezia fosse egemone. Adesso. 11 consigliere democristiano Luigino Scaramuzza si dimette perché la de non appoggia la divisione da Mestre, ma sostiene che la divisione dovrebbe realizzare il progetto della -grande Venezia». In che modo? Economico o culturale? Proviamo a dividere le parole dai desideri, i rimorsi dalle accuse. Mito di Venezia internazionale. Una parte della retorica che circonda Venezia è provocata da noi cittadini non veneziani. Ma non sappiamo rinunciarvi, perché essa risponde a una suggestione profonda: che la bellezza di una città unica appartenga ormai a tutto il mondo. Da questa ottica, ogni gesto in favore di Venezia storica va appoggiato. I sostenitori della divisione da Mestre hanno catturato l'attenzione dei non veneziani proponendo, in qualche modo, una città votata alla cultura e finanziata dal turismo. Sarebbe una città-museo, una città artificiale? Rispondono: «Lo è già, non si può che migliorarla e rafforzarla». Afa non tuttisono d'accordo. Giorgio Bassani, il presidente di Italia Nostra, da Roma ha deplorato la minaccia di ridurre Venezia a «contenitore del decadentismo internazionale». La presidentessa regionale di Italia Nostra. Teresa Foscari Foscolo,rincara: «Sparirebbe la cultura popolare, quella che rende viva la città». Al dibattito sul piano comprensoriale un giovane architetto ha tagliato corto: «Venezia senza Mestre e Marghera sarebbe una città di ricchi fantasmi». Afa il presidente veneziano di Italia Nostra. Rosa Salva, s'è fatto conquistare dai nemici, e ha contribuito a diffondere il messaggio dei separatisti Mito dell'emarginazione e redenzione di Mestre. Era un paese di 30 mila abitanti è una città di oltre 200 mila persone, in gran parte pendolari con Venezia che offre ancora posti di lavoro nel settore terziario, ma non più case! Mestre è una scandalosa piaga urbanistica, una periferia cresciuta senza regole, assecondando la più torva speculazione. Dice Visentinv «Chi governava Venezia ha perso l'occasione di inventare una città moderna. La separazione può ridare a Mestre almeno una identità e un motivo per dedicarsi a se stessa». Dice Wladimiro Dorigo. < l'intellettuale cattolico che • scrisse un libro contro la legge speciale: «A Mestre è stato compiuto un vero genocidio urbano, la separazione sarebbe la logica conclusione di un delitto. Da una parte Ve• nezia con la sua bellezza, dall'altra il reclusorio di Mestre, un luogo da non frequentare, sconsigliato. Sul piano socio! logico la separazione non farebbe che avallare gli errori commessi». Afa per Ripa di Meana, la divisione porterebbe vantaggi soprattutto a Mestre, che ha sempre subito una condizione ' di sudditanza. I cittadini di Mestre, che hanno scoperto in questi giorni di avere anche una nobile ascendenza romana nel centurione Mestrius. sono protagonisti sconosciuti del referendum. Veneziani legati, da amore e da rancore alla citta, gente di terraferma accolta sul confine caotico della laguna, i mes trini cercano di capire chi sono e che cosa vogliono. L'emarginazione e la redenzione sono due miti contrapposti l'uno e l'altro fuggono in qualche maniera dalla realtà. Mestre ormai rappresenta la base elettorale e politica di Venezia, il serbatoio della sua forza, nel voto la sua decisione sarà determinante. La vera battaglia locale si conduce intorno a Mestre. I cittadini di Venezia sono progressivamente invecchiati (i giovani sono spinti a Mestre), qualche volta invisibili (i pendolari ricchi del fine settimana), necessariamente legati alle attività terziarie, gli alberghi i negozi gli studi. Dentro Venezia il dibattito passa tra chi è legato alla politica attiva (i militanti dei partiti, i consigli di quartiere) e chi giudica secondo gli interessi corporativi e le speranze personali II realismo scettico di una Venezia grande mantenuta internazionale e l'utopia di una città riscattata dalla cultura si mescolano secondo gli umori e le delusioni Una compagnia irlandese ha comperato gli alberghi della Giga, ma i delegati dell'Unesco e i mecenati delle Fondazioni sembrano rassicuranti presenze casalinghe. Dice Massimo Cacciari l'intellettuale comunista teorico dell'operaismo: «Siamo in una utopia regressiva. I tempi di Hemingway all'Harry's Bar non possono tornare, i separatisti vogliono solo ripristinare nella città storica una egemonia moderata che s'era perduta». L'ex consigliere della Biennale, Sandro Meccoli ribatte: «n referendum ha alle spalle una storia culturale». E'vero, in questa discussione che domani il voto chiarirà, pochi parlano di soldi e di affari Quanto potrebbe co-stare la separazione? Gli avversari: 30 miliardi I separatisti- è assurdo, i comuni piccoli costano poco. Potrebbe rinascere il progetto, respinto, della terza zona industriale? Che benefici e che danni potranno derivare da nuoviinterventi economici? Forse è naturale che i soldi e gli affari rimangano un problema privato in una città che ha visto dissolversi in un balletto i miliardi della legge speciale e che ha imparato i vantaggi della beneficenza sulla difficile pianificazione politica. Stefano Reggiani Maquillage per il volto di Lincoln Si restaura il volto del presidente Lincoln scolpito sul monte Rushmore nel South Dakota