L'Europa si sta anglicizzando di Alberto Vigna

L'Europa si sta anglicizzando L'Europa si sta anglicizzando Al nuovo Parlamento europeo sin dalle prime riunioni tra le materie di discussione più interessanti ci saranno quelle relative alla scuola, non soltanto in fatto di programmi e di testi (ricordo in una visita alla Scuola europea del Lussemburgo per i figli dei funzionari della Comunità, essermi state espresse molte perplessità in rapporto all'insegnamento della storia che era necessario fare rispettando la verità dei fatti e degli avvenimenti, senza però ferire la suscettibilità delle diverse nazioni), ma anche per quanto riguarda l'uso di una o più lingue. E' vero: ciascuna lingua nazionale ha diritto di cittadinanza, ma è anche vero che una almeno si imporrà sulle altre e con ogni probabilità questa sarà l'inglese. L'Europa si sta anglicizzando. A questa conclusione sono giunti i partecipanti al colloquio internazionale di poche settimane or sono a Strasburgo intitolato: «Lingue e cooperazione europea». Anche in Italia nelle scuole è sempre più comune la preferenza per l'inglese come se-r conda lingua e ne hanno preso atto al ministero della Pubblica Istruzione pochi mesi or sono quando l'ex ministro on. Pedini ricevette il suo collega francese, che allora era Beuillac, giunto a Roma per una visita di 2 giorni. Lo scopo dell'incontro era stato quello di conoscere a fondo i meccanismi del sistema educativo italiano, di scambiare esperienze, di prò-, cedere sulla strada della col-' laborazione tra i Paesi della Comunità europea. Il primo risultato concreto è stato l'accordo dello scambio di 200 insegnanti per corsi dì aggiornamento che si svolgeranno in Francia e in Italia al fine di stabilire uno scambio culturale tra le due nazioni; in futuro si avranno anche scambi di allievi e corsi di aggiornamento per i docenti. Purtroppo la Francia non sembraabbiamolta intenzione a facilitare nelle sue scuole lo studio anche di una terza lingua: la 2' sarà l'inglese, la 3' in molti casi sarebbe stata l'italiano ed invece ciò non avverrà. Il presidente del colloquio di Strasburgo, il lussemburghese Jean-Pierre Ostreicìier, ha dichiarato, in una conferenza stampa, che il 95% degli studenti sce'gono l'inglese come lingua straniera fondamentale. La medesima tendenza è avvertibile in diversi Paesi europei ed è per applicare una delle risoluzioni della conferenza di Helsinki intesa a «mettere tutte le lingue in un piano di eguaglianza» che gli esperti internazionali hanno presentato un insieme di osservazioni critiche. In particolare essi hanno sottolineato la necessità di rifiutare un modello di lingua «direttiva» obbligatoria in tutta l'Europa e di sviluppare invece una «diversità controllata» dell'insegnamento delle lingue straniere die faciliti la diffusione di tutte le. lingue europee. Nello stesso tempo si è deciso di sottoporre ai governi e alle organizzazioni internazionali alcuni orientamenti concreti, come l'obbligo per gli insegnanti di lingue di trascorrere almeno un mese della loro formazione iniziale nel Paese del quale insegnano la lingua. Si è anche stabilito di intensificare la preparazione di materiale didattico nella lingua degli emigrati. Sempre minori sono le speranze dei francesi che venga maggiormente diffusa la conoscenza appunto del francese come lingua particolarmente espressiva della cultura europea. Essi stessi, nel progetto di riforma dovuto a Jacques Pelletter, hanno compreso la necessità della «perfetta conoscenza di una lingua straniera» (almeno di una, ma meglio se di due) che dovrebbe essere assicurata ad ogni francese. Il progetto contempla una specie di «servizio linguistico nazionale» che però non è ben visto da tutti tanto che non sono mancati coloro che hanno affermato che quasi non esiste persona che possa vantare la perfetta conoscenza di una lingua anche se è quella materna. Su Le Monde un professore della Sorbona insiste perché dopo l'inglese il posto d'onore nello studio delle lingue spetti all'italiano. Infatti francesi e italiani sono partner privilegiati nei reciproci scambi commerciali e si ricorda anche che è sciocco tra francesi e italiani parlare in inglese per intendersi dato che le due lingue hanno la comune radice latina. Il ruolo della nostra lingua in Europa incontra sempre maggiori difficoltà anche se tra gli uomini del mondo della cultura è sempre più comune incontrare persone che hanno la possibilità di esprimersi in italiano e, quando si tratta dell'ambiente religioso, anche in un buon italiano per gli evidenti motivi di vita romana alla quale i sacerdoti sono abituati per la frequen- tazione di ambienti vaticani. Alla loro volta i tedeschi dicono che si deve tener conto della forza numerica della loro popolazione e che la loro lingua è ben intesa (ancìie se non sempre volentieri — diciamo noi — dopo le vicende dell'ultima guerra mondiale) in Danimarca, Olanda ed anche in Belgio. In questa situazione è evidente die gli inglesi non abbiano da aggiungere parola. Sanno che in tutto il mondo la diffusione dell'inglese conquista di mese in mese larghi strati di popolazione in tutti i continenti: lasciano che le cose vadano seguendo il loro verso che è straordinariamente favorevole alla diffusione dell'inglese in tutto il mondo. Per noi italiani resta il fatto che dobbiamo decidere di fare entrare ufficialmente lo studio di una seconda lingua sin dai primi anni dell'istruzione e cioè dalle elementari. Per fare ciò bisognerà però che si abbiano maestri, forse modesti linguisti, tuttavia in grado di dare i primi insegnamenti su basi solide ai giovani allievi nello studio di una seconda lingua. Quando i ragazzi arriveranno alle scuole superiori la riforma dovrà provvedere accanto «alla lingua 2» obbligatoria anche una «lingua 3» almeno facoltativa. E' chiaro che per ragioni di praticità la lingua 2 dovrà essere l'inglese, dato che lo studio dovrà servire a portare i giovani ad essere in grado di vivere ed operare non soltanto in Europa ma in tutto il mondo, cosa che potranno fare parlando in inglese. Alberto Vigna

Persone citate: Jacques Pelletter