Prima che l'ltalia sbarcasse a Tripoli
Prima che l'ltalia sbarcasse a Tripoli DOCUMENTI DEL 1901/2 SUI NEGOZIATI TRA ROMA E COSTANTINOPOLI Prima che l'ltalia sbarcasse a Tripoli Nell'estate del 1901, l'ambasciatore italiano a Costantinopoli inviò alcuni allarmanti rapporti sulla tensione verificatasi tra Francia e Impero ottomano, che portò ben presto alla rottura delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi e all'invio di una squadra navale francese a occupare il porto di Mitilene. Le cause dell'incidente erano banali (mancati pagamenti,..), e la sproporzione delle misure adottate dalla Francia fece correre molte voci, tra cui quella che Parigi pretendesse dalla Porta il riconoscimento del protettorato sulla Tunisia. In quest'ultimo caso erano facilmente prevedibili le reazioni dell'opinione pubblica italiana, anche in considerazione dell'influenza mi nacciosa che un protettorato tunisino, internazionalmente riconosciuto, avrebbe avuto sull'hinterland tripolitano. Erano già giunte a Roma notizie di sconfinamenti colà di forze militari francesi. In queste circostanze, il ministro degli Esteri Giulio Prinetti pensò che la nota di disinteresse verso la Tripolitania-Cirenaica che Visconti Venosta aveva ottenuto dalla Francia, e quelle che egli si apprestava ad ottenere dalla Gran Bretagna e dall'Austria, non bastassero. Occorreva approfittare dell'occasione per dare un contenuto positivo alle aspirazioni italiane. Egli aveva saputo dal segretario generale del Ministero, il torinese Malvano, che circa dieci anni prima Crispi si era già occupato della Tripolitania. Tra l'altro aveva assicurato aiuti in denaro all'Hassuna Caramanlì, discendente dell'ultimo Bey di Tripoli, il quale, scontento del comportamento delle autorità ottomane, si era dichiarato disposto a sollevare le tribù della montagna, in favore di una restaurazione della sua dinastia sotto protettorato italiano. Crispi aveva anche inviato, successivamente, un agente in Cirenaica, che aveva preso contatti con gli sceicchi locali. Non era molto, ma ce n'era abbastanza per eccitare l'immaginazione dell'attivissimo ministro lombardo. Al cognato del Sultano, che si era recato da lui per chiedere appoggio contro l'azione francese, egli disse di essere pronto a strìngere ancor più i vincoli di amicizia con la Porta, ed a concludere con questa «accordi speciali» che regolassero definitivamente i rispettivi interessi. Il ministro degli Esteri spiegò poi a voce al nuovo ambasciatore a Costantinopoli. Malaspina, quale fosse il suo progetto, anzi i suoi progetti, che erano tre e consistevano in altrettante convenzioni da concludere con il Sultano. Il primo prevedeva la colonizzazione italiana della Tripolitania, lo sviluppo colà dei rapporti commerciali e industriali, il contributo italiano al mantenimento dell'ordine, mediante la concessione di una base navale e il diritto di guarnigione «sotto bandiera italiana» sulla costa ed all'interno, senza peraltro ledere i diritti di sovranità del Sultano, né il pieno esercizio dell'amministrazione locale. Il secondo progetto era simile al primo, e si distingueva per una certa attenuazione «formale» delle pretese italiane. Non vi si parlava di "guarnigioni», ma di «posti di polizia». Non vi si diceva che il governatore turco di Tripoli ••deve» intendersi direttamente con il Console d'Italia, ma che ••s'intenderà», si precisava inoltre che «/a volontà di S.M. Imperiale è che qualsiasi concessione di analoga natura, che sarà richiesta per con¬ to del Console d'Italia, sia accordata». Il terzo progetto, e più importante, venne preparato dal Malvano, probabilmente ai primi del 1902, sul modello della Convenzione anglo-turca del 1878 relativa a Cipro. Esso teneva conto dell'avvertimento -da parte del Re», d'introdurre nella Convenzione un elemento venale «in modo che ne vengano vantaggi al Tesoro del Sultano». Infatti, mentre quest'ultimo consentiva: a che il Vilayet di Tripoli ed il mutasseriflik di Bengasi venissero amministrati dal governo italiano sotto»l'aita sovranità della Porta»; a che la bandiera italiana e quella ottomana sventolassero insieme in ogni luogo e circostanza; a che le guarnigioni turche fossero rimpiazzate da quelle italiane nel giro di tre mesi dalla firma,... si precisava altresì che il governo italiano avrebbe pagato annualmente alla Sublime Porta la somma di... lire italiane. Altri articoli riguardavano il funzionamento dell'amministrazione locale, i tribunali religiosi, l'eventuale esproprio dei terreni, ecc. Nel frattempo però l'incidente franco-turco era stato risolto con piena soddisfazione della Francia, la quale tra le molte richieste avanzate alla Turchia non aveva incluso quella del riconoscimento del suo protettorato sulla Tunisia. Prinetti non desistette. E mentre la flotta francese si ritirava dalle acque turche, egli inviò colà una divisione navale agli ordini dell'amm. Palumbo. E all'ambasciatore turco, che si era recato da lui per informarsi su alcune dichiarazioni «tripoline» fatte alla Camera, precisò che «nelle presenti circostanze» non era intenzione del governo di compiere azioni contro la Tripolitania; «guanto ai futuro... egli non poteva impegnare l'avvenire» del suo Paese. Gli sembrava però che «in qualunque evenienza» gli interessi del due Paesi in Tripolitania potessero «trovare il modo di accordarsi anzi di completarsi vicendevolmente». La dichiarazione era stata studiata per dar modo all'ambasciatore a Costantinopoli di ritornare sull'argomento e di suggerire una Convenzione, quale «idea personale... onde lasciarla cadere nel caso trovasse terreno decisamente contrario». L'occasione venne alla fine di marzo dei 1902, quando il primo segretario del Sultano potè essere messo al corrente dell'opportunità di concludere con l'Italia un accordo speciale sulla Tripolitania. Se il Sultano si fosse dimostrato contrario, telegrafò l'ambasciatore, «potremo lasciar cadere l'idea salvo riprenderla, in via ufficiale, quando ne sia giunto il momento opportuno. Converrà però allora essere, disposti ad andare sino all'è-] stremo». Prinetti si dichiarò «lietissimo» e replicò a Malaspina che «la cosa ha proceduto come meglio non potevano desiderare. Allo stato delle cose — ed a meno che gli avvenimenti diversamente ci consiglino —, non rimane ora che aspettare le eventuali aperture del Sultano». Le quali non ci furono. Prinetti, colpito da paralisi, usci di scena nel gennaio successivo. Ma è curioso notare che nel 1911, al momento dell'invasione italiana della Tripolitania, la Turchia abbia avanzato la proposta di un accordo simile all'ultimo progetto di Prinetti. Questa volta fu l'Italia a lasciarla cadere. Enrico Serra
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