Dal canto primitivo ai geni della musica di Massimo Mila

Dal canto primitivo ai geni della musica L'APPASSIONATA RICERCA DI SACHS Dal canto primitivo ai geni della musica Il grande storico della musica greca Curt Sachs, morendo a New York vent'anni or sono, lasciava un libro di etnomusicologia. apparentemente completo nella sua ragionata articolazione in dieci capitoli (per altro di diversissima estensione), ma bisognoso d'una definitiva messa a punto, cui ha provveduto almeno in parte, prima di morire pure lui. il direttore del Museo Tropicale di Amsterdam. Jaap Kunst. insieme coi suoi assitenti Heinst e van Lamsweerde. Il libro, ora disponibile in italiano nella Serie di antropologia Boringhieri {Le sorgenti della musica. Introduzione di Diego Carpitella. pag. 264. lire 10.00(1) è. sì. un compendio di etnomustcotogia (e l'Introduzione di Carpitella fornisce la storia di questa giovane disciplina, un tempo designata come «musicologia comparata»), ma è libero da ogni aridità trattatistica. Si potrebbe definire piuttosto come una meditazione sui problemi della musica, sorretta e illuminata da un bagaglio geograficamente sterminato di conoscenze. Nella descrizione appassionata, quasi lirica, della odierna musica di popolazioni comunemente indicate come primitive, lo studioso insegue le tracce per le congetture d'una fantastoria della musica nelle ere primitive. «Vedere il Mississippi, il Nilo e il Danubio in tutta la loro serena maestà è un'esperienza indimenticabile: ma ancora più esaltante è scoprirne le sorgenti, dove la corrente si vede sgorgare in rivoletti da sotto le rocce». In frasi come questa si compendia l'entusiasmo creativo che sospinse per tutta la vita questo studioso all'indagine sulle origini della musica; origini che — egli dichiara — sono da considerarsi una questione insolubile. Ma. sebbene l'autore neghi alla musica il privilegio d'essere una lingua universale, ed asserisca l'incomunicabilità musicale di Oriente e Occidente, il fascino di questo studio consiste nella scoperta e nella delineazione di leggi universali ed eterne che sottostanno alla creazione musicale, pur nell'infinita diversità di circostanze storiche, sociali ed ambientali. Esemplare in questo senso è il capitolo sulla formazione della melodia, appoggiato ad esemplificazioni tratte con sbalorditiva conoscenza da ogni angolo della terra — dai tropici all'Artide. dall'Africa alla Polinesia, dai Balcani alle due Americhe. Preziosa anche per 10 studio della musica colta l'individuazione di due tipi fondamentali di melodia: la cosiddetta «melodia a picco», che da una nota alta, «in un fortissimo quasi urlato», fa precipitare la voce in basso, «con salti, cadute o slittamenti» (ed è strano che non venga mai nominato quell'esempio paradigmatico che è il canto flamenco), e le melodie «orizzontali», di cui viene seguita attentamente e catalogata la tipologia, a seconda degli intervalli in esse impiegati. Giusta dunque la definizione che del libro fornisce Jaap Kunst nella sua Prefazione: «una trattazione monumentale dello sviluppo dell'elemento melodico in ogni suo aspetto». Ma tutti gli altri aspetti primigeni' della musica sono indagati, alcuni in forma più sommaria e forse non definitiva, specialmente il ritmo, l'insorgere della polifonia, gli strumenti (già oggetto d'un libro-capolavoro di Curt Sachs), i costumi sociali in cui l'uso della musica si inserisce (argomento d'informazioni tra le più amene e pittoresche, dove si sfoga quella grande prerogativa di Curt Sachs, ch'era la capacità d'immergere una erudizione enorme nell'esperienza della vita quotidiana). L'immacolata onestà intellettuale dello studioso, ben deciso a vedere d'ogni medaglia anche il rovescio. Io porta spesso ad affermazioni contraddittorie, che forse sarebbero state risolte in un'ulteriore revisione. «Dubbi e perplessità» che Carpitella rileva giustamente nella sua Introduzione, sì da considerare il lavoro «soprattutto un panorama di questioni etnomusicologiche in gran parte non risolte, più che il rigido inseguimento di una tesi». Ma proprio qui sta il suo fascino. Commoventi sono in particolare i tentennamenti sul rapporto da istituire tra le musiche esotiche e la tradizione occidentale. La polemica contro 11 concetto di progresso, che ovviamente è smentito dalla sola esistenza del Partenone e dell'Odissea, lo conduce al rischio d'un puritano divieto dei giudizi di valore. Vorrebbe togliere alla parola «primitivo» ogni connotazione negativa, e magari sostituirla col termine «arcaico», innovazione che però non persegue con costanza sistematica. Nell'Introduzione di Carpitella ci si ingiunge, in modo un po' terroristico: «Il termine primitivo deve essere letto sempre come virgolettato». Non è vero. Quando Curt Sachs scrive che «la drammatizzazione delle scene di guerra e di lotta nell'Arabia meridionale è senz'altro a un livello superiore a quello primitivo», il termine non va inteso tra virgolette, bensì nel suo significato corrente, e pertanto restrittivo. Di casi simili nel libro se ne contano in abbondanza, e sono la prova dell'umanità grande di questo studioso che conosceva con pari amore tutta la musica, compresa quella euro¬ centrica, e rifiutava di rinchiudersi dentro il settarismo della specializzazione. I canti mugolati, squittiti, ululati, dei Lapponi e dei Boscimani, con la loro «capacità inventiva apparentemente ridotta», è possibile chiamarli «con il nome di musica, se la parola musica è la stessa che designa la sacra arte di Bach e di Mozart?». E allora «quanti passi sono stati necessari per giungere dall'umile, anonimo inventore del canto paleolitico fino al genio divino dell'età moderna?». Da questi drammatici interrogativi partono le sofferte riflessioni dell'ultimo capitolo intitolato «Progresso?», questo sì, tra virgolette. Eppure, nonostante virgolette e punto interrogativo, è possibile leggervi questa sorprendente concessione a denti stretti, certamente destinata ad essere poi sottoposta a parziale confutazione: «Senza dubbio, il progresso non è mai del tutto assente dall'arte». Massimo Mila

Luoghi citati: Africa, Amsterdam, Arabia, Artide, New York