Le lettere della domenica

Le lettere della domenica Le lettere della domenica Ecologia collettiva e individuale Salviamo il mar Mediterraneo, la Valle delle Meraviglie, la natura, i fiumi e via dicendo: d'accordo. Ma mi si perdoni una domanda cattiva ai più ferventi paladini dell'ecologia: tu che segnali con tanta pubblica passione i danni che gli altri recano all'ambiente, come ti comporti individualmente? Non butti la carta per strada? Non lasci rifiuti nei prati? Scegli oggetti in materiale diverso dalla plastica? Tieni basso il volume della radio e della televisione? Usi l'auto solo in caso di necessità e mantieni sotto controllo gli scarichi inquinanti? Hai rinunciato alla seconda casa al mare o al monti? MI fermo qui, ma le domande possono proseguire pressoché all'infinito. Comunque, chi ha orecchie per intendere avrà già inteso. Nanni Di Lorenzo. Roma Il precario diventa stabile Nella lunga protesta dei •precari» della scuola non è stata colta a sufficienza una motivazione fondamentale: che cioè chiunque ottenga un incarico previsto per contratto come provvisorio o a termine, vanta automaticamente il diritto a mantenere stabilmente l'impiego. Lo stesso succede in altri settori (ad esempio. Regioni ed Enti locali), ma nessuno — mi pare — ha avuto il coraggio di smentire che siano in gioco diritti obiettivamente acquisiti. Se questo metodo diventa, come sta diventando, abituale e «approvato», se ne possono trarre alcune considerazioni: 1) 1 contratti sono falsi in partenza, perché non si ha nessuna intenzione di osservarne le clausole; 2) le assunzioni provvisorie, senza concorsi e senza graduatorie rigorose, si prestano ad abusi da una parte e dall'altra; 3) si danneggiano in modo grave quanti, aspirando a quei posti stabili che verranno poi assegnati agli «assunti provvisori», attendevano con pazienza e speranza di partecipare a concorsi regolari. Beppe Villa, Bergamo L'intelligenza non vuole olocausti Non mi pare che 1'«Olocausto» televisivo si possa giudicare esclusivamente sotto l'aspetto dello spettacolo, come invece è stato fatto in alcuni commenti. Come la traduzione in immagini di un capolavoro letterario ha il merito (io direi: lo scopo) di spingere i disattenti alla lettura o rilettura del libro, cosi non si può negare agli sceneggiati che affrontano temi civili la validità di una proposta, per quanto maldestra o melodrammatica, che spinge alla riflessione individuale. Semmai si può suggerire di estendere'la riflessione a tutti gli olocausti che si consumano nella storia e nel presente, financo nella piccola vita quotidiana: l'ebreo perseguitato è anche il negro d'America, il dissidente russo, è la «classe sociale» da distruggere secondo l'umore dell'ideologia del potere del momento, è 11 gruppo o l'individuo da emarginare se rappresenta un ostacolo ai prepotenti interessi di altri gruppi o di altri individui. Ma non è la pietà ad assolvere o riparare i crimini dell'uomo sull'uomo — e quelli morali» sono di una gravità ancora troppo poco riconosciuta — bensì la ragione, lo sforzo dell'intelletto di capire e organizzare in una visione universale i rapporti fra gli uomini alla quale poi adeguare con coerenza i comportamenti. Per quante teorie si siano costruite a sostegno del vari «razzismi», credo che nessuno lucidamente possa sostenere la compatibilità fra l'odio-sopruso e l'intelligenza. Mario Gaggero. Genova Il capofamiglia fuorilegge La nuova legge di famiglia sancisce la parità dei diritti tra maschio e femmina, ed abolisce il «capofamiglia». Tra pari, infatti, nessuno può definirsi capo. Questa deliberazione viene allegramente ignorata da tutti; persino in Comune i documenti non vengono rilasciati senza fornire le generalità del marito capofamiglia, che per legge non esiste più. Non è significativo come sintomo? Marika Magyary Annaratone, Valenza Po (Al) Parcheggiati all'Università Concordo pienamente con il lettore che, nelle «Lettere» del 3 giugno, pone il problema della scelta universitaria per gli studenti all'ultimo anno delle superiori, e ricorda che accanto alla disoccupazione dei laureati c'è da considerare anche l'abbandono degli studi di un alto numero di matricole. A mio parere uno dei motivi che hanno fatto decadere la validità degli studi universi¬ tari e la loro utilità nel futuro professionale è rappresentato dallo spirito con cui è concesso il pre-salario, che trasforma gli anni universitari in un periodo «assistito», con tutti gli abusi possibili e con uno scopo di «parcheggio» ben lontano da quello proprio degli studi universitari. Piero Repetto, Alessandria Andare al cinema con la guida Suggerirei alla Stampa di pubblicare una guida settimanale sui fllms in programmazione, con particolare riferimento a quelli che possono essere visti anche dai ragazzi. Sarebbe gradita e utile l'indicazione, per quanto breve, della trama e del valore del film: non dovrebbe essere cosa impossibile, data l'esiguità dei titoli accettabili — si tratti di adulti o di ragazzi — fra tanti altri volgari e violenti. Pina Berruto. Chieri (To) Anche una foto è giornalismo Pur comprendendo la differenza sostanziale tra un quotidiano e la televisione, non posso non notare la diversità di criteri nella scelta delle immagini per la visita del Papa in Polonia. Perché La Stampa ha sempre pubblicato fotografie in cui compariva Wojtyla da solo o con qualche prelato o con agenti di scorta? Dal punto di vista giornalistico mi pare che nessuna delle immagini pubblicate abbia contribuito a rendere visivamente il clima dell'incontro con i polacchi. Luigi Ferrari, Brescia Più caro il telefono a patto che... Le ragioni del piccolo azionista della Sip, che — se hoben capito — è favorevole all'aumento delle tariffe telefoniche (La Stampa del 3 giugno) sono convincenti. Ma richiedono un presupposto su cui non sono affatto sicuro di poter giurare: che cioè U bilancio dell'azienda sia formulato correttamente, che le uscite siano tutte motivate e proporzionate alla produttività del servizio, che i programmi degli investimenti siano razionali c che 1 finanziamenti (o autofinanziamenti: il che sarebbe ottimo) occorrenti non siano né gonfiati né passibili di macro-aggiornamenti. Mario Mori. Genova Le auto veloci non servono più? Ritengo che una intelligente soluzione alla crisi energetica, da applicare su scala mondiale, sarebbe quella di togliere (gradatamente) dalla circolazione tutti i veicoli con motore a scoppio superiore a 1500 ce di cilindrata. Ormai sono imposti limiti di velocità massima dappertutto: le auto veloci a che servono? E poiché il piombo tetraetile. contenuto nella benzina super, inquina fortemente l'aria e i prodotti della terra, e le alte velocità rimangono un ricordo, perché non si ritorna ai motori a basso rapporto di compressione? Vincenzo Monterosso, Borgia (Cz) Il terrorismo e i quotidiani Dopo la proposta di Ceronetti di ridurre la pubblicità al terrorismo, mi permetto di aggiungere un paio di consigli che riguardano anche il rispetto verso le vittime. Primo: quando un cittadino viene ferito o ucciso da un gruppo terrorista, i giornali si affrettano a cercare qualche motivo nel suo passato che sia alla base dell'attentato: e naturalmente elencano le «colpe» vere o presunte della vittima, adottando di fatto la stessa logica dei terroristi e a volte addirittura anticipandone le motivazioni. I più esposti a questa specie di linciaggio morale sono ovviamente le vittime meno «importanti», e quindi doppiamente indifese. Secondo: quale valore giornalistico ha la pubblicazione della foto della vittima con il cartello delle Br o simili appeso al collo? A me pare solo quello di moltiplicare all'infinito un'umiliazione assurda. Il particolare lo si può scrivere nella cronaca dell'episodio, senza infierire ulteriormente su quei poveretti. Guido Rossini. Roma Molti nomi per il dio-speranza «Dio non gioca a dadi con gli uomini», ricorda un lettore citando la frase di Einstein (3 giugno). Per fortuna, aggiungo io. Ma nella disputa sull'esistenza di un Dio «cosmico» o di un Dio «personale» mi pare sia da sottolineare il «bisogno» che abbiamo di Dio, indipendentemente dalle definizioni. E' un problema dì fede, e troppo complesso da affron¬ tare, almeno per me. Ma mi piacerebbe che il prof. Jemolo, chiamato in causa dalle lettere precedenti, spostasse l'attenzione dalla fede alla speranza: speranza nella Giustizia, nella Verità, nella Felicità, e pazienza se non si chiama Dio. Alla disperazione può essere preferibile l'illusione, se ci aiuta a vivere. Ma è davvero illusione? Vincenzo Fiore, Napoli Gli handicappati problema morale Condividiamo buona parte del contenuto dell'articolo su «Gli handicappati problema morale» comparso in terza pagina mercoledì 25 maggio e apprezziamo il rigore a cui l'autore ha improntato la trattazione del problema dell'integrazione sociale. Proprio per questo ci sembra utile esprimere il nostro dissenso di fronte all'ultima parte dell'articolo laddove si parla dell'inserimento nelle classi normali. Le perplessità che l'autore manifesta a questo proposito ci paiono contraddire le considerazioni svolte poche righe innanzi sul «carattere morale» di una scelta, quella della riabilitazione sociale, che deve aver ragione su ogni valutazione di ..utilità» oproduttività. La scelta di consentire ai bambini handicappati di vivere e di crescere coi loro coetanei «normali» nella scuola di tutti non può non rivestire la stessa rilevanza etica e non rispondere allo stesso imperativo morale di promozione della persona umana. Anzi è proprio nella scuola che tutti i bambini possono imparare precocemente a conoscere, tollerare, apprezzare le diversità umane senza che questa lezione di civiltà possa minimamente «danneggiare» la scuola. E' ben vero che alcune norme (leggi, circolari ministeriali, leggi regionali, eccetera) intese a sostenere la normale frequenza scolastica per gli handicappati sono spesso disattese, ma ciò non prova il loro carattere «velleitario» e intempestivo; basti ricordare che le norme giuridiche hanno seguito e non preceduto anni di sperimentazione, sono il risultato di aspre battaglie rivendicative e non di tocchi di «bacchetta magica». Se c'è colpevole negligenza delle autorità, essa consiste non nell'aver abrogato norme discriminatorie sulla frequenza scolastica e nell'averle sostituite con indicazioni più civili, ma nel non far se¬ guire puntuali e opportuni atti amministrativi per rendere reale il godimento del diritto all'educazione di tutti nella scuola dell'obbligo. Franco Gobetti Torino Coordinamento Sanità-Assistenza fra i movimenti di base Dalla parte del cittadino Non ho dubbi sul fatto che il cosiddetto lettore comune abbia approvato l'articolo con cui Mario Salvatorelli ha presentato il libro «Dalla parte del cittadino» di Luisa Rivelli (La Stampa, 8 giugno). Sono meno sicura che la stessa attenzione e approvazione sia venuta dalle persone chiamate in causa: cioè quei dirigenti la cosa pubblica che dovrebbero rispondere alle esigenze dei cittadini. Per questo vorrei contribuire con una piccola nota a ricordare che è un suicidio sia pure «solo» politico — ignorare il Paese reale, i problemi concreti della gente. Salvatorelli dice che «si possono imparare un sacco di cose» dai «cittadini»: speriamo che la sua non resti una voce nel deserto. Pina Merlo, Novara Aerei a terra ma senza angoscia Ho seguito la complessa, e purtroppo tragica, vicenda dei DC 10. Ho apprezzato la tempestività con cui sono stati ordinati i primi controlli, lo scrupolo con cui sono stati fermati a terra gli apparecchi per un secondo controllo, ma comincio ad essere perplesso sui provvedimenti successivi. Premesso che non può che essere negativo il giudizio sulla Me Donnell-Douglas se ha messo in commercio i suoi modelli troppo affrettatamente per battere la concorrenza, mi nasce il sospetto che altri motivi di concorrenza stiano ora condizionando pesantemente l'analisi della sicurezza dei DC 10. In un mondo di cannibalismo commerciale, che solo pochi ingenui o disinformati non vedono, non vorrei che anche La Stampa si facesse involontariamente strumento di speculazioni. Né va dimenticato l'aspetto psicologico di questa vicenda: è giusto denunciare le deficienze reali di un delicato servizio come quello del trasporto aereo, ma prudenza consiglia di farlo a ragion veduta. O vogliamo creare negli uomini anche l'angoscia per il volo? B. Casarotto. Vicenza Compromessi per la scuola Nell'articolo del prof. Barone («Evitare per la scuola i compromessi dannosi», del 3 giugno) la legge-quadro sulla formazione professionale (n. 845 del 21-12-78) viene presentata come una sorta di invenzione selvaggia della disciolta maggioranza. In realtà tale legge, che riguarda la «formazione» e non 1' « istruzione professionale» la quale è rimasta di competenza del ministero della Pubblica Istruzione, non fa altro che concludere un iter di regionalizzazione del settore avviato da molto tempo e sotto altri cieli politici. Il passaggio alle Regioni è infatti sancito da una disposizione costituzionale (art. 117), è stato in parte attuato coi decreti del 1972, è stato precisato dal DPR 616/77 (articoli 35 e seguenti) ed infine è stato concluso con la legge in questione. Se dunque la regionalizzazione del settore non è una scoperta degli ultimi mesi, altra è la questione di merito se essa sia opportuna o dia luogo alla «demagogia» e «improvvisazione» lamentate dall'autore. Questa certezza viene affermata in modo perentorio, mentre resta da dimostrare l'inverso, ossia che la precedente gestione centralistica, coi suoi caratteri assistenziali e la sua frammentazione clientelare, riconosciuta e lamentata da tutti coloro che si sono occupati seriamente della questione, fosse l'optimum da salvaguardare. L'idea che l'istruzione sia «affare di Stato» è ben dura a morire. Quel che non si comprende è l'affinità fra questa concezione e quel liberalismo europeo che ci viene additato come modello: basti pensare che la Gran Bretagna non ha neppure un vero e proprio ministero dell'Istruzione e che la Repubblica federale ha dato larga autonomia ai suoi Lan der in questa materia. Possibile che solo in Italia il decentramento sia sinonimo di municipalismo e la maggior libertà passi per un ritorno alla centralizzazione? Dario Rei Torino Libertà di spiaggia solo per barche Chiedo ai responsabili se è giusto che le già scarsissime spiagge libere siano occupate da un enorme numero di natanti privati, per l'intera estate. Le spiagge libere sono poche, piccole, sporche; se quel poco è ancora occupato da barche e gommoni dove devono andare gli italiani che non possono permettersi le spiagge a pagamento? Carlo Destino, Torino