I «Nove» sono ancora divisi sui poteri che bisognerà attribuire all'assemblea

I «Nove» sono ancora divisi sui poteri che bisognerà attribuire all'assemblea Finora molto limitato il campo d'azione dei parlamentari europei I «Nove» sono ancora divisi sui poteri che bisognerà attribuire all'assemblea Gollisti e comunisti francesi, conservatori e altri gruppi sono contrari all'integrazione dei Paesi comunitari L'elezione popolare dei rappresentanti potrà contribuire in modo determinante a vincere le ultime resistenze DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Sono passati ventun anni dall'unificazione a Strasburgo (il 21 marzo '58) delle assemblee della Ceca, deU'Euratom e della Cee come «Parlamento europeo», e oggi l'assemblea comunitaria diventa maggiorenne con il suggello dell'elezione a suffragio popolare dei 410 nuovi parlamentari dell'Europa a nove. Naturalmente la «mistica» europeista definisce (a giusto titolo) la giornata odierna come «una data storica» per l'Europa. E tanto entusiasmo, tante speranze si giustificano con il fatto che finalmente, con vent'anni di ritardo, 180 milioni di cittadini sono chiamati a esprimere il primo voto «sovrannazionale» della storia d'Europa, come già prevedeva dal '57 il trattato di Roma. E' quindi legittima la soddisfazione e la speranza degli •europeisti» di imprimere at' traverso l'elezione popolare dell'assemblea comunitaria un nuovo slancio per l'integrazione europea, ricordando le parole di uno dei «padri storici» della Cee, Robert Schuman che notava: * L'Europa non può nascere improvvisamente, ma si costruirà attraverso realizzazioni concrete, cercando di creare anzitutto una effettiva solidarietà». Il nuovo Parlamento eletto dal popolo d'Europa è appun to una delle «realizzazioni concrete» cui alludeva Schu man. Ma sulla speranza che l'assemblea di Strasburgo consolidi la «solidarietà effettiva» dei partner europei pesano almeno due grosse incognite: l'effettiva partecipazione popolare (destinata a legittimare il nuovo Parlamento) e i poteri che delimitano l'azione e il funzionamento della prossima assemblea. Il primo pericolo è che la votazione nei nove paesi si risolva in un referendum anti-europeo. basato su un paio di fattori principali. Primo: un elevato tasso d'astensioni, come quello che già si è registrato nella prima «manche» elettorale in Gran Bretagna, Olanda, Danimarca e Irlanda. Secondo: la designazione a Strasburgo di una cospicua corrente di parlamentari «euro-nazionalisti» che, al di là delle frontiere statali, si ritrovino accomunati (dai conservatori danesi e irlandesi ai gollisti, dai reazionari tedeschi ai comunisti francesi a un settore dei laboristi) nel disegno di vanificare lo scopo d'un voto che tende invece a far progredire più speditamente i «nove» verso l'in te grazione. Se questa ipotesi dovesse realizzarsi anche in parte, influirebbe negativamente sullo stesso funzionamento della nuova assemblea di Strasburgo, concretizzando la seconda incognita che pesa sul futuro dell'Europa comunitaria. L'elezione popolare rappresenta infatti un lievito, un fermento potente per la costruzione di un'Europa politica, ma in sé non aggiunge nulla ai poteri dell'assemblea, esercitati finora in misura limitata. Proprio su questo punto

Persone citate: Robert Schuman