La sadica alluvione

La sadica alluvione Modi vecchi e nuovi di leggere il Marchese La sadica alluvione Rotti gli argini di una censura secolare, Sade dilaga da qualche tempo nelle edico-' le e nelle librerie: dopo la scelta, già abbastanza generosa, del volume mondadoriano(197G), Guanda ha pubblicato le atroci 120 giornate di Sodoma e ora i due tomi della Nouvelle Justine, Newton Compton propone a ritmo incalzante i primi quattro volumi (ancora Sodoma e Nuova Justine, ma anche Le sventure della virtù e la meno nota Marchesa di Gange; di un alluvionale 'tutto Sade-, mentre dalla Francia la rivista Obliques minaccia la pubblicazione di duemila pagine di inediti recentemente ritrovati. Nessuno scrittore — e non solo del Settecento — gode oggi di una pari fortuna editoriale, tanto più stupefacente per il suo netto contrasto con una fortuna critica che — dopo una stagione di favore propiziata non poco dall'interdetto della lettura e dalle acrobazie agiografiche di spericolati esegeti — appare ormai in pieno e irreversibile declino. Viene dunque da chiedersi come mai si legga tanto (o almeno si stampi tanto) uno scrittore di cosi desolante mediocrità e tanto ripetitivo da essere facilmente e sema rimorsi antologizzabile, ma nessuna delle risposte avanzate finora appare pienamente soddisfacente. Non convince la spiegazione moralistica che vede in questa incontrollata divulgazione uno dei tanti sintomi della corruzione del nostro tempo, né quella meccanicistica che giustifica l'eccessivo consumo come compensazione di un troppo lungo divieto, perché entrambe alla base di questo consumo presuppongono un bisogno non facile da ipotizzare e non limitato ai legittimi moventi della curiosità e della presa di conoscenza I sociologi, da parte loro, hanno rispolverato una vecchia boutade di Miclielet — «Meno si riesce a cambiare il mondo, più si legge Sade» —per imbastire la bislacca teoria del rifugio fantasmatico che la consolante assolutezza della libresca sovversione sadiana offrirebbe alle frustrate esigenze rivoluzionarie della nostra epoca. A tutte queste spiegazioni che danno per scontata la delusione del lettore di fronte al grigiore dilettantesco e alla plumbea monotonia della pagina sadiana. pur tentando di giustificare storica¬ mente e culturalmente la sopravvivenza del mito alla spietata verifica della lettura, si contrappongono più sottili e un po' ricattatorie apologie tendenti a individuare nel 'disgusto estetico' l'estrema incarnazione di un irriducibile disgusto morale: stiano in guardia dunque quegli ingenui che si sono illusi che i tanto temuti veleni di Sade avessero nel tedio insormontabile della sua pagina il loro antidoto naturale; Sade è grande non tanto per il complicato sistema di nequizie che ha infaticabilmente elaborato quanto per l'invenzione — godibilissima, sostiene Barthes — di tutta la combinatoria dei significanti che dà vita al linguaggio della sessualità. Una nuova, originalissima interpretazione — e insieme una convincente giustificazione oggettiva di una corretta e definitiva conoscenza del fenomeno Sade — ci viene ora da Gianni Nicoletti che, nel dirigere con competenza da settecentista la traduzione italiana di tutta l'opera del Marchese, si è proposto di smontare la macchina sadista. senza cadere nelle infinite trappole esegetiche che quasi due secoli di conoscenza mediata e di letture diversamente pregiudiziali vi hanno lasciato sedimentare. Macchina sadista e non genericamente sadiana o patologicamente sadica, perché l'accento è posto qui per la prima volta sull'aspetto 'filosofico' del sistema, quello cioè che si tende generalmente a minimizzare o irridere come patetica ambizione o vezzo settecentesco dello scrittore. Convinto che «non l'erotografia è scandalo della morale bensì il sadismo scandalo della ragione», Nicoletti riesce a definire la genesi e la portata di questo secondo e più pericoloso scandalo, a qualificarne la natura ateistica, dogmatica e totalitaria, a denunciarne ad uno ad uno i grossolani paradossi e le patenti aporie, inaugurando una lettura 'fredda» di Sade che non è soltanto un ripristino della ragione, ma è anche l'unica corretta e legittima forma di esorcismo che l'intelligenza vigile può opporre, con rassegnata pazienza, alla «più corrotta attività pensatoria che l'Occidente sia riuscito, finora, a formulare». Giovanni Sogliole

Persone citate: Barthes, Gianni Nicoletti, Giovanni Sogliole, Guanda, Nicoletti, Nouvelle Justine

Luoghi citati: Francia