Da oggi il voto di 500,000 emigrati di Edoardo Ballone

Da oggi il voto di 500,000 emigrati Gli italiani all'estero alle urne per il Parlamento di Strasburgo Da oggi il voto di 500,000 emigrati Circa 500 mila italiani residenti nella Comunità europea si recano alle urne tra stamane e domenica. I primi a votare per il Parlamento di Strasburgo sono i 5388 che vivono in Olanda. Domani sarà il turno dei 145.854 stabilitisi in Francia (i francesi voteranno domenica). Sempre domani voteranno 107.896 italiani della Germania Federale (i tedeschi andranno alle urne domenica); 543 in Irlanda (gli irlandesi hanno votato ieri); 8303 del Lussemburgo (i cui cittadini andranno ai seggi invece domenica). Voteranno il 10 giugno 1 537 connazionali abitanti in Danimarca (i danesi sono stati alle urne ieri); i 41.025 della Gran Bretagna (dove s'è votato ieri) e i 73.390 del Belgio: questi ultimi sono gli unici italiani emigrati che si recano alle urne contemporaneamente ai cittadini del Paese che li ospita. A parte la collettività italiana emigrata, lo scrutinio europeo coinvolge altre comunità di emigrati. Mentre Belgio, Irlanda e Lussemburgo non hanno previsto disposizioni particolari per 1 loro connazionali all'estero, a danesi, olandesi e tedeschi è già stata data la possibilità di partecipare alla consultazione senza dovere rimpatriare. I danesi hanno potuto votare fino al 5 giugno in ambasciate e consolati; gli olandesi hanno votato per procura e i tedeschi per corrispondenza. Restano i britannici; coloro che intendevano votare hanno dovuto attraversare la Manica perché la legge elettorale del Regno Unito accorda il diritto al voto per procura ai soli dipendenti dello Stato — civili e militari —in missione all'estero. L'Europa, dunque, è in piena bagarre elettorale. E proprio in questi giorni si scopre quanta importanza numerica e politica possono avere i «lavoratori ospiti». Ma nel vecchio continente c'è pure, specialmente nella Cee, un grosso serbatoio di emigranti provenienti da Paesi extraeuropei. I loro problemi di integrazione e di coesistenza sono enormi. Un giornale americano li ha recentemente definiti una -bomba a orologeria». Anche se negli ultimi cinque anni il fenomeno s'è alquanto ridotto, tuttavia il pendolarismo del lavoro verso le zone dell'Europa più ricca continua ad essere un affare rilevante. E' un cammino della speranza che porta centinaia di migliaia di persone dai Paesi mediterranei verso quelli del Nord. Nel 1973, in buse alla prima stima capillare degli emigrati in Europa, le cifre davano 7 milioni e duecentomila presenze nella Germania Federale, in Francia, in Gran Bretagna, in Belgio, in Olanda e in Svezia (quest'ultima non appartiene al Mec). Nel 1977 questa cifra complessiva s'era ridotta a 6 milioni e 600 mila. Comunque, se si considerano anche i familiari, il numero tocca i 14 milioni 600 mila. La bomba a orologeria sarebbe davvero potente. Nino Manfredi, in un film, si ossigenava i capelli per non sembrare un italiano in Svizzera. Ma non sta certo qui la soluzione del problema dell'integrazione. Turchi, spagnoli, portoghesi, greci, italiani, jugoslavi vogliono mantenere la loro identità culturale nei Paesi dove lavorano; vogliono comunque vivere in ambienti sani, non desiderano trasformarsi in ghettizzati' sociali, auspicano per i loro figli un'educazione scolastica parificata a chi è nato e cresciuto sul posto. Tutte richieste che soltanto in parte sono state esaudite. E gli immigrati continuano ad essere più braccia che cervelli, più sopportati che compresi. Una situazione ancora più dura si rileva nei confronti del nordafricani che popolano le «banlieu» delle città francesi e belghe e che ora cominciano ad affacciarsi sul mercato del lavoro tedesco e persino italiano. E il sottile virus del razzismo riaffiora o compare addirittura per la prima volta in Paesi che non l'hanno mai conosciuto. Un'inchiesta nella tollerante Olanda ha dimostrato che una piccola parte della popolazione evita i quartieri abitati da immigrati, specialmente dove ci sono molucchesi. In Belgio l'80 per cento (stando a una cifra riportata dali'tferald Tribune) degli intervistati afferma di non frequentare i negozi dove ci sono troppo immigrati -perché assai sporchi». Il governo francese ha invece rifiutato di rinnovare il permesso di residenza a 320 mila algerini che già vivevano da 10 anni in Francia. In Gran Bretagna Enoch Poweli predica -fiumi di sangue» contro la gente di colore mentre a Monaco di Baviera gruppi di «vigilantes» si armano per difendersi dalle violenze del Ragni Neri, un gruppo di teppisti d'origine turca. Sono segnali di malessere che l'Europa comunitaria deve necessariamente guarire. Un comunicato del ministero francese del Lavoro ha ammonito: -Abbiamo avuto 20 anni d'immigrazione; ora è tempo per 15 anni di attriti». Proprio per evitare questi «attriti», il governo federale tedesco paga 1 «Gastarbeiter» (ossia i lavoratori-ospiti) che fanno domanda di tornarsene al loro Paese. Ma esistono modi meno brutali per annullare le temute conflittualità: il principale è la scuola. Attualmente nelle scuole della Germania Federale i due terzi degli studenti d'origine straniera abbandonano prima dei 15 anni. E' una grave situazione se si pensa che in questo Paese l'incremento della popolazione giovanile straniera sta aumentando. Del resto è proprio la Germania Federale a spendere di più per l'educazione scolastica di questa massa di giovani che rischiano di diventare «<(• letterati bilingui». Anche la Francia e il Benelux fanno sforzi per l'integrazione scolastica, ma è un'impresa difficile. Nella sola Germania Federale i giovani senza lavoro, fra i 16 e i 24 anni, sfiorano la cifra dell'Ilio per cento. L'Europa alle urne deve pensare anche a questo. Edoardo Ballone

Persone citate: Enoch, Nino Manfredi, Turchi