«È Giacobbe il boss della banda che sequestrò e uccise Cristina»
«È Giacobbe il boss della banda che sequestrò e uccise Cristina» Processo Mazzotti: ultime arringhe di parte civile «È Giacobbe il boss della banda che sequestrò e uccise Cristina» L'uomo ha l'aspetto anonimo e innocuo del pensionato, ma la privata accusa lo dipinge come «la mente» del nefando complotto • «Anche le donne meritano l'ergastolo:' consapevoli di quanto accadeva, hanno svolto senza alcuna pietà il loro compito di carceriere» TORINO — Nel nefando polittico che fa da sfondo al rapimento e alla morte di Cristi-: na Mazzotti è stato inserito ieri 11 personaggio di maggior rispetto, il «patrono» Antonino Giacobbe. L'ha collocato al centro dell'immaginarlo affresco Gaetano Pecorella, ultimo avvocato di parte civile, riprendendo e concludendo l'arringa che aveva Iniziata e interrotta una decina di giorni or sono. I Ed ecco ben delineato e incapsulato nella sua nicchia il «padrino» Giacobbe: da una parte lo guardano con occhio sospettoso «quelli del Nord», dall'altra stanno in muta ammirazione i compari di Lamezia e zone limitrofe. Lui si presenta in vesti dimesse, sguardo acquoso, un po' curvo. Ha quasi sessantanni e li dimostra tutti, l'atteggiamento è del pensionato che trascorre ore a giocare a bocce; dice proprio cosi di se .'..esso, rispondendo al magistrato istruttore che gli domanda quali sono i suol rapporti con Francesco Gattini: « Con lui giocavo a bocce». Ma Antonino Giacobbe è capace di rivestire più abiti e di assumere, a seconda delle circostanze, maschere diverse. L'aw. Pecorella sintetizza: «Abile simulatore. Attore n<ito, secondo l'accusa. Ai tempi delle prime indagini provò a fare il matto (un espediente cui ricorrono spesso i malfattori e Giacobbe sembra ricalcare fedelmente il clichè). Non riuscì a convincere i periti nonostante medici distratti gli avessero in tutta fretta cucito addosso un referto per "sindromi depressive aggravate da allucinazioni". Tenta adesso la maschera del disarmato, perseguitato dall'ingiustizia». Chi è in sostanza Antonino Giacobbe? Un pensionato entrato per caso nel mucchio selvaggio ma gravato da ergastoli e da condanne a decenni di galera o un pò-, tenessimo della mafia? Pecorella: 'Non si finisce per errore dentro una vicenda infame». Boss, allora? 'Certo. E' senz'altro l'uomo che ha tessuto la trama del sequestro, impartendo ordini, mandando emissari al Nord, spartendo il miliardo del riscatto: l'osso ai manovali di Varese e dintorni, la polpa alle casse dell'ano-' nima». Giuliano Angelini, che ha avuto in gestione il sequestro, non ha esitato ad accusare Giacobbe indicandolo ai magistrati, nelle prime battute dell'inchiesta, come il vero manager dell'organizzazione criminale. In seguito Angelini ha ritrattato, asserendo di aver fatto quel nome perché picchiato a sangue dàT commissario di p.s. di Nicastro, che voleva incastrare il boss di Lamezia. 'Invenzione — commenta Pecorella —, Angelini ha ritrattato perché in carcere l'hanno mezzo massacrato gli amici degli amici». Perché Angelini accusa Giacobbe? Dietro quel nome sussurrato nella immediatezza delle Indagini c'è il rancore dell'uomo che non è stato saziato nella sua sete di denaro: le briciole del miliardo sono 1. trenta denari biblici, un prezzo irrisorio per una avventura maledetta. Gli spiccioli: da qui la vendetta del «settentrionale» tra¬ dito dall'ingordo capo-complice del Sud. Sulla filigrana del rancore si snoda la vicenda processuale di cui ancora si discute. Giacobbe un mite? «Nel suo taccuino ci sono i nu\meri telefonici dei blasonati mafiosi: quésto è l'uomo cui ■tutti si rivolgevano abbassando lo sguardo. La Corte di Novara non ha preso un abbaglio». Come in tutti gli affreschi, che si rispettano, anche in quelli dalle tinte fosche, non mancano le figure femminili. Di queste, ossia di Rosa Cristiano e di Loredana Petroncini (ergastolo per entrambe), ha parlato l'avvocato Enrica Domeneghetti: «La difesa 'tende a dimostrare che le donne sono state coinvolte loro malgrado nel sequestro. Non è vero: erano consapevoli di ciò che stava accadendo nella cascina di Castelletto Ticino, .hanno svolto il loro ruolo di carceriere con scrupolo e cinismo». Non meritano attenuanti: sotto i loro sguardi opachi si è chiuso l'infelice destino di Cristina. E loro non hanno avuto, nemmeno per un attimo, un sussulto di pietà. Oggi comincia la requisitoria del pubblico accusatore Buscagliene Strambio. ! Pier Paolo Benedetto
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