«Sono prigioniera politica» dice la Faranda ai giudici

«Sono prigioniera politica» dice la Faranda ai giudici I due presunti terroristi si rifiutano di rispondere «Sono prigioniera politica» dice la Faranda ai giudici Valerio Morucci: «Sono un comunista e lotto contro lo sfruttamento» -L'elenco del materiale trovato nell'alloggio di viale Giulio Cesare a Roma - Ci sono anche offerte di armi in data recente - Misteriosa autorizzazione della Coca-Cola ROMA — Lungo interrogatorio per Valerio Morucci e Adriana Faranda nel carcere di Rebibbia. Tre ore per lui, due per lei. Su richiesta del difensore, Tommaso Mancini, il giudice istruttore Imposimato e il sostituto procuratore Sica hanno esposto gli elementi per i quali i due furono accusati di banda armata già il 24 aprile del '78, durante la prigionia di'Aldo Moro. Il lungo elenco di contestazioni più attuali, quelle che vanno dalla strage di via Fani, all'uccisione dei magistrati Palma, Tartaglione e Francesco Coco, al ferimento di numerose persone è stato tenuto da parte e sarà argomento di un prossimo interrogatorio. I magistrati molto si aspettano dalle perizie in corso sulle armi trovate in viale Giulio Cesare 46 e hanno in programma di riascoltare presto Morucci che, tra i due, sembra il più disponibile se non al dialogo, almeno al contraddittorio. Adriana Faranda, invece, appare più decisa e più dura e ha detto chiaramente che non intende rispondere. «Sono una prigioniera politica —ha detto —e mi rifiuto di rispondere dìnami ad una giustizia che non riconoscom. I giudici ci riproveranno ma prima devono esaurire l'esame di un lungo verbale di 45 pagine con annotati tutti gli oggetti sequestrati nell'abitazione temporanea della Faranda e di Morucci : un numero incredibile di elementi e reperti che proverebbero l'appartenenza dei due imputati ad un nucleo operativo (militare e logistico). Documenti che dimostrano trattative in corso per l'acquisto di armi dall'armiere Ciro Bonvicini di Roma, datati 9,10 e 12 maggio 1979; un assegno di 30 milioni di lire del «Credito italiano» intestato a O.F. e sbarrato con la data del 15 maggio 1979. Seguono una serie di strisce di carta quadrettata (qualcuno sostiene che assomiglia a quella su cui Moro scrisse le lettere dalla prigione del popolo) con appuntati una serie di nomi clamorosi: i de Piccoli, Ciccardini, Bubbico, Cresci, Filippi, Malfatti, Milazzo, Galloni; i magistrati Guasco, Gali ucci, Vitalone; funzionari di polizia come Noce, Fraganza, Santillo, Macera, Parlato, Simone, Andreassi, Fanello. Il verbale di sequestro non permette di capire se si tratti di vere e proprie schede (qualcuna forse sottratta nella sede de di Piazza Nlcosla?) e quanto complete siano. Allegate ci sono alcune foto dei personaggi citati e ritagli di giornali. II materiale proverebbe che ancora nel maggio scorso, dopo l'azione di piazza Nicosia firmata «Brigate rosse», i due sospettati continuavano a «lavorare», ricevevano «proposte» per l'acquisto di armi (c'è la copia di una commissione d'acquisto datata 9 maggio '79) custodivano assegni e danaro liquido (circa nove milioni). Grande importanza viene anche attribuita a due documenti: una dichiarazione della «Coca Cola» per un certo Dimitri Coroneos che lo autorizza a guidare automezzi della società e la fotocopia di un altro permesso, questo per l'uso di veicoli della «Italim pex-Italia Importazioni Esportazioni» per più persone indicate nel documento. Di Dimitri Coroneos è stata trovata anche una patente (forse falsa) con foto, del 5 settembre 1968.1 giudici si sono fatti l'idea che questa documentazione servisse ai presunti brigatisti per poter circolare senza destare sospetti a bordo di veicoli intestati a società «pulite» e compiere cosi trasporti di armi e altro materiale clandestino. Nell'elenco del materiale sequestrato ci sono infine parecchi elementi che riportano alla famosa base Bierre di via Gradoll: due timbri a nome Pietro Marchi, notaio, che erano conservati identici nell'appartamento della via Cassia che attualmente costituisce la culla di prove più densa per il processo Moro. Due timbri con i quali vennero marcati i contrassegni dei bolli di circolazione delle auto usate in via Fani, già rinvenuti in via Gradoll (stessa data e stessa sede postale), quattordici certificati di assicurazione con relativi contrassegni delle «Assurances Nationa les», probabilmente della stessa partita trovata nella base di via Gradoll. Non è tutto; nella casa di viale Giulio Cesare è stato trovato un elenco di persone indicate come «giornalisti» una serie di autoadesivi per auto con la sigla estera di vari Paesi, gli indirizzi di numerosi ambasciatori, un misterioso appunto In stampatello che inizia con «CC, infiltrati», e termina con la dicitura: 'Casello F.S. km. 41». Quanto sequestrato (il materiale è spes- so mischiato con gli oggetti sequestrati nella casa e appartenenti alla proprietaria, Giuliana Conforti) proverebbe che Valerio Morucci e Adriana Faranda, pur non facendo parte del settore «ideologico» delle Brigate rosse — infatti non ci sono documenti di questo tipo come in via Gradoll — avevano partecipato al dibattito interno. Al numero 185 nel verbale c'è scritto: 'Tre fogli dattiloscritti che\ iniziano con "contributo al dibattito - L'operazione di via Fani..."». Tutto questo sarà argomento del prossimo interrogatorio. Quello di ieri può essere riassunto cosi: a Morucci viene contestata la banda armata già il 24 aprile del '78 perché conosceva Libero Maesano (l'ex militante di Potere operaio accusato e prosciolto durante il rapimento Moro), perché fu rinviato a giudizio nel '73 per importazione clandestina di armi, esistendo a suo carico un rapporto della Digos datato 4 aprile '78. 1 'Sono un comunista — ha: reagito Morucci — e faccio mie tutte le azioni dei proletari dirette a liberarsi dallo stato di sfruttamento e di miseria». E' seguita una polemica con i giudici: «Voi non capite niente — ha detto Morucci ai giudici — perché non cercate la verità». Morucci ha poi chiesto di avere un colloquio) con Adriana Faranda in quanto sua convivente. I magistrati si sono riservati di fargli sapere la loro risposta. L'interrogatorio ha toccato anche l'argomento Giuliana Conforto. Morucci ha continuato a negare che sia stato Franco Plperno a portarlo nella casa di viale Giulio Cesare e ha detto che si trattò di «un incontro casuale», ma non ha voluto aggiungere altro, Un'ultima notizia: la Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da Prospero Gallinari, Enrico Bianco, Stefano Cerlani Sebregondi, Adriana Faranda, Oriana Marchionni, Valerio Morucci, Patrizio Peci, Franzo Pinna e Susanna Ronconi .contro il mandato di cattura emesso contro di loro dal consigliere istruttore Achille Gallucci il 12 dicembre dello scorso anno. La decisione è stata presa dalla prima sezione penale della Cassazione, incamera di consiglio. La corte ha anche stabilito che spetta a Roma la competenza a giudicare per l'attività svolta, sempre quali membri delle «Brigate rosse» da Franco Bonisoli e Lauro Azzolini. Stivatila -Mazzocchi, Roma. Adriana Faranda che fu arrestata con Valerio Morucci

Luoghi citati: Milazzo, Roma