Il pri rilancia l'asse dc-laici
Il pri rilancia l'asse dc-laici Innanzitutto governo stabile Il pri rilancia l'asse dc-laici ROMA — Prudenti, attenti, moderatamente contenti. Insomma: repubblicani. Il pri ha mantenuto i sei seggi al Senato, ne ha guadagnati due alla Camera, dove manderà sedici deputati. Nelle sale e nei corridoi della sede nazionale, a piazza dei Caprettari, si riflette, nella parsimonia delle presenze e dei gesti, la sobria soddisfazione già manifestata lunedi sera, il piacere pacato, per dirla con Adolfo Battaglia, di un «voto razionale». Battaglia dice, neppure ironico: «Bisogna essere ottimisti, adesso manca solo un buon governo». Il segretario Oddo Biasini è appena arrivato dalla Romagna, porta sul volto un segno dell'incidente che lo ha forzato al riposo per quasi tutta la campagna elettorale, riducendo il suo intervento agli appelli conclusivi. Ha fatto il viaggio in aereo con Zaccagnini. Come lo ha trovato? Non di buon umore, si capisce, ma anche «consapevole della serietà del momento». Biasini spiega: «L'emergenza non è una parola inventata dai partiti, basta guardarsi intorno. La collaborazione deve continuare fra tutte le forze politiche». In che modo? Biasini: «Noi non siamo tra quelli che esultano nel vedere il pei costretto all'opposizione, siamo tra quelli che si preoccupano. E'vero, diciamo no ai comunisti nel governo, ma non vogliamo che i lavoratori rappresentati dal pei siano emarginati». Fu La Malfa il primo a rompere la pregiudiziale laica verso i comunisti. Prima e dopo la sua scomparsa, sono accaduti dei fatti politici tra i repubblicani. Chiarisce Battaglia: «Il pei ha compiuto errori anche verso di noi. Per dialogare con la de ha impedito che ci fosse con La Malfa un presidente del Consiglio laico». Cosi, secondo Battaglia, gli elettori hanno punito i due grandi partiti restituendo alle forze intermedie i consensi che avevano rubato. E adesso, uscito illeso e accresciuto dal voto («pur senza La Malfa e con la minaccia di una scissione a Milano») che scelte vede il pri? Per Battaglia, le posizioni sono obbligate, tanto vale che i partiti se ne accorgano subito, si sta giocando a carte scoperte: «Escluso dai numeri un governo centrista, escluso dalla de un governo coi comunisti, non resta che un governo tra la de e i laici che si regga sull'appoggio esterno dei socialisti». Ma un governo può nascere seguendo la logica delle esclusioni? «In realtà, non conta la formula, ma il programma. Un governo che sappia affrontare seriamente l'inflazione, lo spreco di energia e il terrorismo troverà per forza consenso in Parlamento». Oscar Mamml, capolista repubblicano a Roma, ha lo studio in piazza Montecitorio. La vicinanza fisica delle istituzioni lo rende particolarmente sensibile alla loro sopravvivenza. Dice: «Semplifichiamo i problemi. Da una parte occorre dare stabilità al governo, dall'altra non interrompere i rapporti col partito comunista. Il primo problema spetta ai socialisti sono loro che debbono garantirci la saldezza dell'esecutivo, il secondo problema tocca ai repubblicani. Bisogna tenere aperto il confronto col pei ». Insomma, sembra che il pri, insieme con la vocazione alla critica sulla cattiva amministrazione, voglia assumersi adesso il ruolo del tessitore dell'intermediario laico che tiene i rapporti tra due partiti, de e pei, che non potranno più essere come prima, ma neppure diversi da prima. s. reg.
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