I partiti dell'Europa

I partiti dell'Europa I partiti dell'Europa Giorgio Galli: «I partiti politici europei», ed. Mondadori, pag. 263, lire 5000. Votare per il Parlamento europeo vuol dire partecipare alla formazione d'un centro decisionale soprannazionale che è destinato ad avere sempre maggiore incidenza. I rappresentanti all'assemblea di Strasburgo dovranno esprimersi in un contesto molto diverso da quello nazionale, dovranno tenere conto di partiti anch'essi fortemente legati ai Paesi d'origine, malgrado l'aspirazione comune all'unità continentale. Nessuno tra gli attuali o futuri, prevedibili raggruppamenti del parlamento europeo sarà esente dalla sfida della diversità di matrice storica nazionale tra le varie forze che lo compongono. Il processo decisionale sarà complesso; l'omogeneità delle assise di Strasburgo, forse da troppi viste semplicemente come una ripetizione a livello continentale del Parlamento nazionale, è l'obiettivo da raggiungere negli anni, non un dato di fatto già acquisito. Il libro di Giorgio Galli guida il lettore attraverso la grande avventura che in Europa ha visto la nascita, le crisi e l'affermazione dei partiti, fino a costituire un «sistema» che con successive trasformazioni (talvolta perfezionamenti, in altre occasioni snaturamenti) continua ad essere il solo riconosciuto valido nelle democrazie occidentali. Dopo una rapida premessa sulla nascita dei primi embrioni di partiti, dalle rivoluzioni inglesi e da quella francese, l'autore affronta le diverse tendenze, e per ognuna di esse analizza vicende e sviluppo nei singoli Paesi d'Europa: i partiti di tradizione liberale, quelli democratico cristiani, i socialisti, i comunisti, i partiti di destra. Senza risalire troppo lungo il corso della storia, è sufficiente riferirsi agli anni tra le due guerre e ai trent'anni di questo dopoguerra per rendersi conto di quanto marcatamente «nazionali» siano le esperienze fatte da ogni partito, pur affine a un altro, di un Paese diverso, per convinzioni ideologiche o programmi di governo. Diverso è anche il grado di tensione all'interno e di minaccia all'esistenza stessa del sistema da Paese a Paese, come risulta dal confronto tra la situazione italiana di oggi e quella dei Paesi centro e nord-europei. Ma l'autore sembra non dare eccessivo peso a tali diversità, che ad altri, forse con un pizzico di esagerazione, fanno temere l'esplosione del sistema nei punti più caldi con riflessi inevitabili nel contesto europeo. Gli preme soprattutto di sottolineare nella sua analisi due elementi fondamentali, che egli vede emergere sempre più chiaramente: anzitutto l'affermazione del sistema partitico come il migliore, e sempre migliorabile, tra i possibili assetti di governo delle società avanzate; in secondo luogo il fatto che lo sviluppo della società industriale postula in modo sem¬ pre più evidente l'accettazione, anzi il sostegno, del sistema partitico, e la sua più accentuata configurazione in una sostanziale bipolarità tra conservatori e riformisti, con la garanzia implicita dell'alternanza al governo. Non c'è dubbio che suffragi a tali tesi non manchino; è altrettanto vero che si manifestano sintomi in più parti (ed anzi il segno tende a riprodursi identico nelle aree a industrializzazione avanzata) di insofferenza, di volontà di superamento del sistema. Non è' tanto l'incubo del terrorismo a minacciare il sistema partitico tradizionale, quanto la presenza di gruppi sempre più consistenti, e sempre più organizzati, che proliferano di pari passo con la crisi di sviluppo della società industriale e con le sfide di vario genere, energetica, ambientale, che tale sviluppo comporta. Sapranno i partiti europei a Strasburgo interpretare anche queste «spinte dal basso»? Sarà sufficiente arroccarsi sul perfezionamento del sistema? Sono domande per ora senza risposta. Gianfranco Romanello

Persone citate: Gianfranco Romanello, Giorgio Galli

Luoghi citati: Europa, Strasburgo