Europa unita per mezzo secolo con lo scettro di Carlo Magno

Europa unita per mezzo secolo con lo scettro di Carlo Magno TAPPE STORICHE DEL VECCHIO CONTINENTE Europa unita per mezzo secolocon lo scettro di Carlo Magno L'unica Europa che abbia mai avuto una realtà politica fu quella retta per messo secolo da Carlo Magno, poi da suo figlio Luigi il Pio. Dopo la dissoluzione del loro impero, ~hell'842, il continente è sempre stato sollecitato da una corrente per cosi dire orizzontale, che tendeva alla riunificazione, ed un'altra verticale, che tendeva al radicamento delle comunità urbane, provinciali e presto nazionali sulla loro terra. Non essendo ereditario, il Sacro Romano Impero nato nel 962 non avrebbe mai avuto l'autorità che il suo prestigioso nome faceva credere, e la Francia non avrebbe mai accettato di integrarvisL Secondo Goethe, «l'Europa era un tempo una delle più straordinarie Repubbliche mai esistite. La sua rovina è da attribuire al fatto che una delle parti ha voluto diventare ciò che era il tutto. Cioè la Francia, che ha voluto diventare Repubblica». L'idea può sembrare davvero esagerata. Come si può parlare di «Repubblica europea» a proposito di un continente i cui abitanti si erano sempre scannati fra di loro? Eppure nel XVIII secolo Voltaire descriveva l'Europa come «una specie di grande Repubblica divisa in molti Stati». E Rousseau scriveva: «Oggi non vi sono più francesi, tedeschi, spagnoli, inglesi, checché se ne dica vi sono soltanto europei». Era l'Europa dei lumi, che aveva in comune soprattutto la lingua e la cultura francesi. Ed era un'Europa molto superficiale. Sully fu il primo a concepire un «grande disegno» puramente europeo e non, come Pierre du Bois o Emeric Cruce, un progetto di pace universale. Secondo il suo progetto, un «consiglio cristianissimo» sarebbe stato insediato al di sopra delle varie potenze continentali, e le terre sarebbero state redistribuite in modo che nessuna potenza potesse cercare la preponderanza. Questo, nelle intenzioni del buon Sully, presupponeva che la Francia facesse prima una guerra vittoriosa contro gli Asburgo, e che rinunciasse a qualsiasi annessione. Il «consiglio cristianissimo» in qualche modo anticipa il Consiglio d'Europa, e la «Dieta generale» di 90 membri ideata un po' più tardi dall'inglese William Penn preannuncia l'Assemblea europea. Penn sospettava che la sovrannazionalità avrebbe sollevato molte resistenze, ma aveva la risposta pronta: «Giungo all'ultima obiezione: i principi e gli Stati perderebbero la loro sovranità, cosa che non ammetteranno mai. Anche questo è un errore, poiché nel loro Paese resteranno potenti come prima, e non diminuiranno né la loro sovranità, né le loro entrate... Questo si può chiamare diminuzione di potenza soltanto perché il pesce grosso non potrebbe più mangiare i pesci piccoli...». Penn non è stato seguito. Il pesce grosso continua a divorareglialtri L'abate di SaintPierre, che raccolse la sua eredità nel secolo dei lumi, non ebbe maggior successo. «L'attuale costituzione dell'Europa — scriveva SaintPierre — potrà generare soltanto continue guerre, perché non potrà mai dare la sicurezza sufficiente per l'esecuzione dei Trattati». C'è già tutta la problematica della Società delle Nazioni e delle Nazioni Unite. E ancora: «L'equilibrio di potenza tra la Francia e l'Austria non darebbe sufficiente sicurezza né contro le guerre esterne, né contro le guerre civili». Di qui l'idea di creare, sul modello delle Province Unite Olandesi, della Svizzera e della Germania spezzettata dalla pace di Westfalìa. «un'unione permanente e perpetua fra i sovrani firmatari nella prospettiva di rendere inalterabile la pace in Europa». L'abate era chiaroveggente: «Convengo che è possibile che l'arbitrato Europeo si formi a poco a poco, a piccoli gradi, nel giro di duecento anni». Non che nel frattempo il discorso europeista si sia interrotto. Al contrario, SaintPierre ebbe molti emuli. La Convenzione elogiò Jeremy Bentham, padre dell'utilitarismo, che preconizzava la costituzione di un'Europa unita intomo ad un accordo globale fra Gran Bretagna (suo Paese d'origine) e Francia: la Rivoluzione francese si voleva europea quanto nazionale. Ma non si cancella facilmente, come si vedrà più tardi con le rivoluzioni sovietica e cinese, un'eredità plurisecolare. Presto il nome dell'Europa, di cui Saint-Just aveva potuto dire che «era soltanto un popolo», si identificò cori la coalizione che si opponeva alla Rivoluzione e all'Impero. «Da un lato sta l'Europa, dall'altro la Francia» dirà Hugo in Waterloo. Napoleone reciterà il mea culpa un po' più tardi: «Volevo domare l'Europa con la violenza, oggi devo convincerla con le idee». A Sant'Elena preconizzerà uno Stato federale europeo. Credeva di essere ascoltato? Da quell'isola annunciò che il Ventesimo secolo «sarà repubblica universale americana o monarchia russa». All'Europa di Napoleone succede quella della Santa Alleanza delle corone, che è soltanto un'alleanza, come indica il nome. L'«accordo europeo» da lei istituito si riunisce per la prima volta a a Aix-la-Chapelle per ammettere la Francia. Dal 1822 in poi l'abitudine degli «incontri al vertice» si perde, e bisogna aspettare il 1878 percìié i primi ministri della maggior parte dei Paesi europei si trovino a Berlino, ma occorrerebbe ben altro per impedire gli scontri delle nazionalità nascenti. Le conferenze non si contano più. ma neppure le guerre. Gli infuocati appelli di Victor Hugo agli «Stati Uniti d'Europa», parola die tornerà nel 1867per bocca di Napoleone III, non hanno effetto. Lo stesso per il movimento «Giovane Europa» lanciato da Mazzini nel 1834, o le tesi federaliste di Proudhon. Come avrebbe scritto Valéry, «i miserabili europei hanno preferito giocare agli Armagnac e ai Borgognoni che assumere il grande ruolo che i romani seppero assumere e mantenere per secoli nel mondo». Bisogno aspettare la fine della Prima guerra mondiale percìié riprendano i tentativi di organizzazione del continente. Ma Lenin, che sogna la Repubblica universale dei soviet, nel 1915 ha denunciato «la parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa» per la quale Trotzki aveva un debole. Il presidente Wilson crede fermamente al principio della nazionalità. E l'«Europa di diritto» cui pensa Clemenceau presuppone la punizione della Germania e l'occupazione permanente della Renania per metterla in condizioni di non nuocere. Nessuno meglio di Condelhove Kalergì, figlio di un diplomatico austriaco e dì una giapponese, aveva giudicato la situazione. Il fondatore dell'Unione paneuropea (1924) scriveva: «Bisogna togliere alla Germania la forza o la volontà di rivincita. Nel primo caso bisogna asservire la Germania, nel secondo riconciliarsi con lei». Né gli Stati Uniti, né la Gran Bretagna, né l'Urss intendevano acconsentire all'asservimento. Bisognava tentare la riconciliazione. e questa fu l'ambizione di Herriot. che nel 1925 dichiarò di non immaginare soddisfazione maggiore di quella di «vedere un giorno nascere gli Stati Uniti d'Europa». E fu ancor più l'ambizione di Aristide Briand. il quale, divenuto ministro degli Esteri, raccomandò all'Assemblea generale della Società delle Nazioni, il 5 settembre 1929, l'istituzione di «una specie di legame federale... tra'popoli geograficamente raggruppati come popoli d'Europa». Due fatti avrebbero fatto fallire questo grande, inedito disegno. Il 3 ottobre moriva Gustav Stresemann, il collega tedesco di Briand che aveva molto incoraggiato il progetto. Tre settimane dopo Wall Street crollava, e si iniziava la crisi inondiate, con il conseguente scoraggiamento e l'inevitabile egoismo. Il Quai d'Orsay elaborò nel maggio del 1930 il memorandum del quale Briand era stato incaricato da 27 Stati europei. Contrariamente all'offerta del ministro, questo documento raccomanda di dare la priorità all'unione politica, che deriva dalla sem-plice esistenza di una «conferenza europea» composta da tutti i Paesi europei membri della Società delle Nazioni, con una segreteria permanente. Lo scopo a lungo termine era un «mercato comune» per «elevare al massimo il livello del benessere umano sulla totalità dei territori della comunità europea». Le parole «mercato comune» e «comunità» ci sono già. Restarono parole: la maggior parte dei Paesi interessati. Gran Bretagna in testa, respinsero cortesemente il progetto francese. Invano Coudelhove Kalergi, Valéry. Ortega y Gasse fc Spengler e tanti altri gridarono profezie: l'Anschluss. Monaco e la guerra segnarono le tappe del suicidio dell'Europa. Per cinque anni il continente è tagliato in due da una vera e propria guerra civile. Ne uscirà al prezzo di un'altra frattura che dura ancora oggi. Effimero padrone del continente, Hitler cerca di sfruttare a proprio vantaggio la latente nostalgia di un'Europa unita. Sulla facciata del Paluis Bourbon per un certo periodo c'è stato un immenso striscione, Europa siegt!, l'Europa ha vinto. Era scritta in tedesco: il solo fu¬ turo per i popoli non germanici era la sottomissione. Ma di fronte a questa Europa ne rinasce un'altra. Dall'esilio di Londra il belga Spaak, il norvegese Halvard Lange e altri insistono sulla necessità di unire i Paesi europei dopo la liberazione per sfuggire ad una nuova catastrofe. Lo stesso De Gaulle dichiara all'Albert Hall VII novembre 1942: «La Francia desidera fare qualsiasi cosa perché in Europa coloro i cui interessi, bisogni difensivi e necessità di sviluppo sono in armonia con i nostri, si leghino a lei come essa stessa a loro in modo pratico e durevole». Nel 1944 resistenti giunti da nove Paesi chiedono a Ginevra una «unione federale dei popoli europei». Nel settembre del 1946 a Zurigo Churchill fa sua la parola d'ordine degli Stati Uniti d'Europa e propone la creazione di un Consiglio d'Europa aperto a tutti i Paesi del continente che abbiano istituzioni democraticìie; ma quando, nel marzo del 1949, questo Consiglio nascerà, la Gran Bretagna sarà la prima a controllare che le sue istituzioni abbiano soltanto carattere consultivo. Quest'Europa della libertà che si ferma alla cortina di ferro e ai Pirenei ha poca realtà politica, anche se la sua azione in favore dei diritti umani è tutt'altro che trascurabile. In compenso, spinti da Jean Monnet, Robert Schuman. Adenauer, De Gasperi e Spaak, Francia. Germania, Italia, Belgio. Paesi Bassi e Lussemburgo intraprendono la via federale lanciando nel maggio del 1950 la Comunità del carbone e dell'acciaio, le cui istituzioni — Alta Autorità. Consiglio dei ministri, Assemblea parlamentare, Corte di giustizia — mirano a creare un embrione di Stato sovrannazionale. Molte sono le spinte: l'esaurimento di Paesi stanchi di farsi la guerra, i quali pensano che mettere in comune le risorse necessarie a fare la guerra sia il modo migliore per renderla impossibile: il timore di un'avanzata concertata dei sovietici e dei comunisti d'Occidente; l'istigazione degli Stati Uniti, allora al culmine della potenza, i quali sono sicuri che il loro sistema sia il migliore del mondo e che la sua estensione all'Europa, agevolata dal Piano Marshall, possa essere benefica al continente e a se stessi. Giunge il riarmo tedesco, imposto da Washington dopo la guerra di Corea. Credendo di ottenere il bene dal male. Jean Monnet, René Pleven. Jules Moch inventano «la co¬ munità europea della difesa», destinata a fornire un esercito comune, al comando degli americani, a uno Stato federale ancora da costruire. E' come mettere il carro davanti ai buoi Da De Gaulle ai comunisti, dal conte di Parigi a Edouard Herriot, la maggior parte dei francesi si leva contro questa iniziativa che si spezza un giorno di agosto del 1954 sugli scogli del Palais Bourbon. Un tentativo di applicare prima della ratifica un articolo del trattato della Ced, che prevedeva la creazione di una Costituente europea, era già stato abbandonato per strada. Il momento delle grandi speranze europee è passato. Il rilancio del 1956 attraverso la Cee e l'Euratom avrà ambizioni più limitate; si tratterà essenzialmente di creare un mercato comune, sperando che la pratica dell'unione economica conduca un giorno all'unione politica. Tornato al potere, De Gaulle aderisce al Mercato Comune, che gli inglesi cercano di silurare con tutti i mezzi, prima di rassegnarsi a presentare la propria candidatura nel 1962 su pressione di John Kennedy, desideroso di realizzare il suo progetto di alleanza «a due colonne». // generale pone il suo veto due volte, ripagando con la stessa moneta i partners del Benelux che, spinti da Londra, avevano rifiutato di seguirlo nel 1960-62 quando, con il piano Fouchet, aveva lanciato un primo progetto d'Europa confederale. Quasi nessuno oggi parla più di federazione. La Gran Bretagna è entrata nella Comunità con Danimarca e Irlanda. La sua sola presenza è la garanzia del fatto che un rilancio della sovrannazionalità è fuori discussione. La parola confederazione, ripresa da Giscard d'Estaing dopo De Gaulle e Pompidou non raccoglie unanimità, anzi. Periodicamente vengono prese buone risoluzioni sulla necessità di creare un'unione politica o monetaria, che non hanno però risultati pratici L'Europa non ha avuto nessun ruolo specifico nelle crisi di questi ultimi anni, tanto che Michel Jobert ha potuto parlare di una «non persona», e l'attuale presidente della Repubblica francese ne ha constatato la «vacanza». Henry Kissinger le ha dato il colpo di grazia nel 1973, quando l'Europa ha abbozzato un timido tentativo di scegliersi un portavoce unico nelle discussioni con Washington ed egli ha dato un secco «no» che ha avuto effetto immediato. André Fontaine