Un agente: «il capitano mi ha chiesto di mentire»

Un agente: «il capitano mi ha chiesto di mentire» Il processo per la morte di Franceschi Un agente: «il capitano mi ha chiesto di mentire» MILANO — La falsa ricostruzione degli avvenimenti da parte della polizia ha tenuto banco ieri al processo per l'uccisione di Roberto Franceschi. L'agente Michele Bonvino ha testimoniato infatti su quella famosa riunione in cui, presente il capitano Savarese (imputato di falso), il brigadiere Puglisi (imputato di omicidio) e l'agente Gatta (arrestato in Istruttoria per falsa testimonianza) venne deciso di mentire sul numero dei proiettili mancanti dalle diverse pistole. Tutto per cercare di far quadrare la versione che la questura forni subito dopo gli incidenti: cioè che a sparare era stato l'agente Gianni Gallo, in preda a choc. Una versione falsa, come ha dimostrato l'intera istruttoria, e che ha portato con sé un'incredibile serie di menzogne e reticenze. 'Ero arrivato alla Bocconi dopo gli incidenti — ha raccontato Bonvino ai giudici — e avevo trovato un bossolo. Me lo misi in tasca e ne parlai col capitano Savarese. Il giorno dopo lui e Puglisi mi dissero di dichiarare che avevo trovato due bossoli Io avevo fiducia nel mio comandante e accettai, da fesso». Bonvino però afferma di non ricordarsi perché gli fu chiesto di mentire. Né, di fronte alle domande della parte civile, sa spiegare perché a un certo momento parlò di cartucce anziché di bossoli Dopo la testimonianza dell'agente Manzi, il quale ha soltanto confermato di avere dato la pistola a Puglisi (particolare comunque importante perché quell'arma non può avere ucciso) la parola è toccata agli «alti comandi». Arcangelo Scarvaglieri, generale a riposo, all'epoca colonnello, fece una relazione su quanto avvenne quella sera in cui si indicava nel Gallo l'unico sparatore. Ora si giustifica affermando che non aveva motivi di dubitare della «buona fede» di Puglisi. Senti diverse guardie, ma mancano i verbali dei colloqui: 'Temevo di provocare soggezione con un interrogatorio ufficiale», spiega. Nella sostanza Scarvaglieri afferma che lui non fece altro che avallare la versione dei fatti fornitagli da Savarese. Cioè — secondo la sua versione — di fronte a un giovane ucciso dalla polizia e a un altro gravemente ferito, colonnelli, maggiori, vicequestori e questori mentirono all'opinione pubblica solo per colpa di un capitano, s. mr.

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