Una bellissima Lulu di Massimo Mila

Una bellissima Lulu Una bellissima Lulu (Segue dalla 1 ' pagina) sapevolmente fabbricata sul ricorso a situazioni classiche del melodramma, che è tipica di quest'opera, tanto innamorata della tradizione dal punto di vista della drammaturgia, quant'è selvaggiamente originale dal punto di vista del linguaggio musicale. Si veda infatti: la scena delle presenze furtive dei loschi amici di Lulu, che appaiono e spariscono appiattandosi negli angoli della ricca dimora pagata dal dottor Schon, rimanda chiaramente alle apparizioni fantomatiche che frastornano il barone Ochs nell'albergo equivoco dell'ultimo atto nel Cavaliere della rosa. n ritorno di Lulu, affranta e disfatta, nell'abitazione dove l'attendono, col devoto Aiwa, i suoi loschi compari, fa il paio col ritorno di Mimi morente nella soffitta di Rodolfo, all'ultimo atto della Bohème (e qui anche la musica partecipa ampiamente dell'analogia). V'è di più. Particolare minimo (per non parlare dei riferimenti a topoi mozartiani, che si sprecano): quando lo studente ginnasiale viene ingannato dall'atleta con la falsa notizia della morte di Lulu, e a prova gli vien dato da leggere il giornale ove è annunciato ch'essa è ammalata di colera, lo studente legge il testo, come Varlam nel Boris legge l'ordine di cattura del falso Dimitri, e anche lui corregge le inesattezze: «Qui c'è scrìtto: "è malata", non: "è morta"». A questa rete di riferimenti e di relazioni interne la direzione di Pierre Boulez fornisce un rilievo straordinario. Egli è infatti ben conscio dell'aspetto «neoclassico» (non di prima mano, ma in seconda istanza) di quest'opera, e ne fa giustamente rilevare -il ricorso a forme del passato, a ritmi datati», in funzione sottile di derisione. (Si cita da un testo di Boulez nell'imponente e ricco libro-programma che La Scala ha curato per questo Festival Berg). Oltre alla Taskova Paoletti spiccano nel ricco cast Yvonne Minton, quale sublime contessa Geschwitz, e tra gli uomini e omaccioni che circondano Lulu, Tony Blankenheim quale sinistro Schigolch, Franz Mazura autorevole dr. Schon (e poi Jack), Kenneth Riegei come patetico Aiwa. Una bellissima esecuzione, insomma, coronata da applausi interminabili con giusta predilezione per la direzione di Boulez. Ammiro la perspicacia cqn cui alcuni colleghi, a Parigi, hanno avvertito una sua predilezione per l'aspetto demoniaco e crudele dell'opera. Conoscendo l'uomo, è fin troppo facile immaginare che questo lato gli vada particolarmente a genio. Io dico però che lo straordinario marasma timbrico che succede all'istante di silenzio stupefatto dopo la morte del dr. Schon e il grido (pucciniano) del suo ritorno in seno alla perversa «famiglia» dei suoi accoliti, recavano il segno d'una compartecipazione pietosa e d'una commozione sincera. Dopo tutto, Boulez sarà un caratteraccio, ma non è poi mica un mostro. Certo, le sciabolate orchestrali del più fiammeggiante espressionismo, non so chi le possa vibrare con energia pari alla sua. Anche se nel ricordo ci ritornava senza alcun disdoro la nostra prima Lulu, quella del 1949 o giù di 11, ai tempi grandi della Biennale di Venezia, protagonista Lydia Stix (presente l'altra sera alla Scala) e direttore un Nino Sanzogno di grande formato. Come funzionano le scene di Peduzzi e la regia di Patrice Chéreau? Ma bene, tutto sommato. Questi due ragazzacci fanno le bizze soltanto a Bayreuth, dove il povero Wagner è ormai da troppo tempo defunto per potersi difendere. Con Berg sono assai rispettosi delle sue minuziosissime prescrizioni. Nel suicidio del pittore, al prim'atto, lo sgabuzzino in fondo alla scena resta buio; a me piacerebbe che s'illuminasse espressionisticamente di un'avvampante luce rosso-sangue, ma può darsi benissimo ch'io abbia un gustacelo perfido. La scena del second'atto è molto diversa da quella voluta da Berg, con uno scalone fastoso che rende un po' incredibili i nascondigli dei loschi compari nell'altra metà della scena, ma in compenso offre il destro a Franz Mazura per una spettacolare caduta a ruzzoloni quando lo raggiungono le pistolettate di Lulu. La scena dell'ultimo atto, con una sinistra scalinata che sale dal covo di Lulu verso un esterno urbano, è d'un bell'espressionismo da film di Murnau, o da cinema tedesco degli Anni 20. A proposito. Un'ultima possibile analogia. I tre fatali «clienti» di Lulu, con quel misterioso professore taciturno (qui impersonato da un nano, ed è una bella, sinistra, trovata scenica) non saranno mica un consapevole omaggio di Berg al Mandarino miracoloso di Bartok? Massimo Mila

Luoghi citati: Parigi, Venezia