Assolto il fotografo presente agli incidenti della Bocconi di Susanna Marzolla

Assolto il fotografo presente agli incidenti della Bocconi Al processo per l'uccisione di Roberto Franceschi Assolto il fotografo presente agli incidenti della Bocconi La Corte, dopo un'ora e mezza di camera di consiglio, ha respinto le richieste della parte civile e quelle del pubblico ministero (6 mesi) NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE MILANO — Al processo per la morte di Roberto Franceschi non c'è stata la seconda condanna per falsa testimonianza. Dopo un'ora e mezzo di camera di consiglio la Corte ha infatti assolto per insufficienza di prove Massimo Vitali, il fotografo presente all'Università Bocconi la sera in cui fu ucciso lo studente. La Corte non ha cosi accolto le richieste della parte civile né quelle del pubblico ministero. «Noi siamo convinti che su questa vicenda delle fotografie una parte è rimasta oscura. Tutto il comportamento dell'imputato vuol nascondere un fatto. Non sappiamo con precisione quale, ma di certo è la polizia che ha interesse a die questa vicenda non si chiarisca». Con queste parole la parte civile aveva chiesto la dichiarazione di colpevolezza di Vitali. La stessa sensazione di reticenza era venuta dalle parole del pubblico ministero che aveva chiesto la condanna a sei mesi di reclusione. L'udienza di ieri non ha portato chiarezza. Anzi, la strategia dei «non ricordo» in questo processo sembra avere contagiato un po' tutti. Senz'altro è stata scelta dalla po-, lizia, anche nei suoi più alti gradi. «Non ricordo nulla, leggetemi quanto ho dichiarato in istruttoria», ha esordito infatti il questore Luigi Vittoria. La sua memoria, per altri aspetti abbastanza precisa, si blocca di colpo di fronte ai fatti in questione. Si ricorda di avere deciso la restituzione del rullino «perché il sequestro era indebito». Ma — gli chiede la parte civile —non ha pensato che poteva essere un documento fondamentale e che quindi era meglio consegnarlo al magistrato? «A quell'ora — risponde Vittoria provocando incredulità in aula — non sapevo ancora che ci fossero dei feriti». Franceschi era stato colpito alle 22,30 e il rullino di foto era stato restituito quasi alle due di notte. Non molto di più si è potuto ricavare dai redattori del giornale che acquistò il servizio fotografico di Vitali, né da chi sviluppò il rullino. Massimo Turchetti, capo di un'agenzia fotografica, il quale la notte stessa stampò le foto, definito «preciso e meticoloso» da un suo stesso collaboratore, in quell'occasione si «dimenticò» di segnare, come era prassi normale, le foto prodotte. Ancora più confusi due collaboratori di Vitali che si sono contraddetti l'un l'altro. Sono rimaste però contro Massimo Vitali le testimonianze già ascoltate che avevano portato alla sua incriminazione: quelle di Beatrice Megevand e Sandra Covre, le due ragazze che erano salite sulla sua auto, e Stefano Bevacqua, all'epoca fotografo del Movimento studentesco, al quale Vitali parlò di un servizio fotografico «importante e delicato» (e non può essere certo definito cosi quello agli atti). Le due ragazze hanno rinconfermato le loro deposizioni, in particolare: che Vitali in auto scattò «delle foto» (3 o 4, più precisamente, secondo la Covre). Beatrice Megevand ha ricordato ancora il collo¬ quio in cui Vitali e la sua amica Valentina Crepax la pregarono di mentire al giudice su alcune circostanze: chi era al volante dell'auto (Vitali mentre in realtà c'era la Crepax), l'uso dell'obiettivo grandangolare e soprattutto il numero delle foto scattate. Nella versione fornita da Vitali era una sola, non riuscita perché fatta attraverso un vetro plastificato. Anche per chiarire questo particolare la corte ha esaminato l'auto usata quella sera (una specie di jeep): un esame non risolutivo perché si è constatato che, attraverso il finestrino semiaperto, fotografare è difficile, ma non impossibile. Susanna Marzolla

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