Entusiasmante dossier dalla galassia Pessoa

Entusiasmante dossier dalla galassia Pessoa Veni* anni di finzioni e invenzioni letterarie Entusiasmante dossier dalla galassia Pessoa Fernando Pessoa: «Una sola moltitudine», ed. Adelphi, pag. 445, lire 10.000. L'uomo era secco come un insetto. Una corretta grisaglia impiegatizia, gli occhialini ad occultare più che correggere la miopia; e sotto il borsalino floscio, l'arco di un naso importante finiva come un punto interrogativo su baffetti che nascondevano una bocca sottile. Un lavoro di traduttore per ditte di export-import a Lisbona, una camera in affitto, pranzi in trattoria, quattro chiacchiere al caffè, nessun vero amico. Nato nel 1888, Fernando Pessoa era uno di quei travet le cui esistenze impercettibili nascondono talvolta segreti mostruosi, triple vite, cadaveri in cantina. Anche questo Monsiuer Verdoux senza sorriso e senza donne possedeva un baule inquietante. In vita aveva pubblicato a sue spese qualche plaquette di liriche ermetico-metafisiche, ma quando nel 1935 morì precocemente per una crisi epatica, si scopri che nelle solitudini siderali in cui si era confinato per orgoglio e per disgusto aveva creato un'intera letteratura, una consorteria di poeti e pensatori con i quali il torpido Portogallo inizi secolo poteva ben dire di avere partecipato da pari a pari alle più arrischiate avventure delle avanguardie storiche. Fu in una sera del marzo 1914 che Pessoa si senti crescere fuori il primo dei suoi alter ego: l'ingegner Alvaro de Campos, capofila dei «sensazionisti», autore di ardenti poemi futuristi sui temi liberty del viaggio, dell'oppio, dell'esotismo. Altri seguirono presto: maestri e discepoli, amici e rivali, ognuno col suo universo psicologico e culturale, con le sue contraddizioni e suoi rovelli, addirittura con la sua calligrafia, impegnati a scambiarsi lettere compite, prefazioni e confessioni, saggi e poesie, offerte di collaborazione a riviste dalla vita effimera. Ben ventiquattro ne conteranno i redattori della casa editrice Atica quando nel 1942 decisero di dare inizio alla pubblicazione dell'opera omnia di Pessoa: ma gli scavi di questa Pompei letteraria in riva al Tago non sono ancora terminati, altri embrioni di poeti attendono forse di nascere, ognuno col suo destino già segnato. Una sola moltitudine, una costellazione di sperimentatori solitari, fratelli risuscitati di Rimbaud e di Svevo. di Joyce e di Kafka, di Breton e di Pirandello, protomartiri della cacciata novecentesca dall'Eden dei valori e delle certezze. Il dramma che unisce la famiglia clandestina con cui Pes¬ soa convive è la perdita dell'identità, l'angoscia esistenziale che produce innocue schizofrenie, e insieme il tentativo di cercare risposte (sapendo di non trovarle) in una pratica artistica tentata come pluralismo sensoriale, allargamento della coscienza, ricorso a ogni grimaldello culturale capace di espugnare l'ineffabile: psicoanalisi, fenomenologia, orfismo, futurismo, cubismo, surrealismo. «Dio non ha unità i Come potrei averla io?». La caduta della vecchia unità copernicana dell'io è registrata senza rimpianti. «Sii plurale come l'universo», comanda Pessoa. I suoi temi anticipano spesso l'arroventato dibattito artistico e filosofico dell'epoca: i continenti sommersi dell'in- conscio, il doppio, il rapporto arte-vita, artificio-natura, essere-apparire. Pessoa sperimenta l'amarezza di tutti i paradossi e di tutte le contraddizioni: le dolcezze malinconiose della sua lingua scandiscono una ricerca autoironica che si nega ad ogni illusione: «Il poeta è fingitore i Finge così completamente i che arriva a fingere che è dolore i il dolore che davvero sente». Cosi, uno e multiplo. Pessoa recita per vent'anni davanti ad un sistema di specchi, a una platea deserta. Si lascia fagocitare dalla finzione, e vive risoluto in quella. Scrive a Marinetti e a due psichiatri" francesi lettere che non spedisce, manifesti poetici e lucide autoanalisi, in cui spiega la sua passione per gli eteronimi con una sindrome istero-nevrastenica. Continua a creare «matrioske» lusitane e assegna loro copioni di ferro, calibrati al millimetro. Mi auguro che questi pochi cenni siano sufficienti a suggerire il fascino e la complessità della galassia Pessoa. Antonio Tabucchi ha curato con entusiasmo contagioso ed esemplare ricchezza di notizie e di riferimenti questo primo dossier antologico, e ne promette un secondo, sempre con la collaborazione di Maria José de Lancastre. I lettori italiani hanno di che essergli grati del suo lavoro, che consente dì inquadrare in ogni dettaglio una vicenda incredibile, una scommessa che pare inventata da Borges: «Sento che niente sono se non l'ombra i di un volto imperscrutabile nell'ombra: i e per assenza esisto, come il vuoto». Ernesto Ferrerò

Luoghi citati: Lisbona, Pompei, Portogallo