I Paesi islamici sollecitano il sì per la moschea a Roma
I Paesi islamici sollecitano il sì per la moschea a Roma Il Tribunale amministrativo deve dare il parere I Paesi islamici sollecitano il sì per la moschea a Roma Se il progetto fosse bocciato attuerebbero misure di ritorsione ROMA — Una revoca della licenza edilizia per la costruzione del Centro islamico e della moschea nella zona del Monte Antenne a Roma — sulla quale dovrà pronunciarsi entro il 4 luglio il Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio — provocherebbe immediate misure di ritorsione da parte dei Paesi islamici. «La conferma del parere negativo con la quale il Tar ha sospeso i lavori della moschea costituirebbe un'ingiuria per un miliardo di musulmani, e i loro responsabili politici sarebbero costretti a reagire in maniera, estrema», ha dichiarato in un'intervista all'ansa il presidente della Commissione islamica per la costruzione della moschea, l'ambasciatore del Marocco Mustapha Belarbi Alaoui. La costruzione di un luogo di culto per i 50 mila musulmani di Roma, residenti o di passaggio, è considerata infatti dai Paesi islamici «non più procrastinabile». «La sollecitudine e la generosità con cui l'Italia ci aveva offerto il terreno per la costruzione del Centro non ci avevano preparati alle disillusioni attuali — ha spiegato l'ambasciatore Alaoui —. L'opposizione di un certo numero di abitanti del quartiere Parioli e di "Italia Nostra" è per noi incomprensibile. Eppure la nostra disponibilità a risolvere tutti i problemi di ordine pratico, dalle strade d'accesso all'apertura del Centro al pubblico italiano, era ed è ancora totale». Il Centro islamico e la moschea — un investimento del valore di trenta miliardi di lire, la cui realizzazione darà lavoro a tremila operai per più di tre anni —sono un progetto che sta da tempo a cuo- re ai musulmani. La spinta decisiva gliel'aveva data Feisal, re dell'Arabia Saudita, nel 1975. Il Comune di Roma ha approvato il 27 gennaio scorso la licenza edilizia. Poi il Tar ha rimesso tutto in questione. «La sospensione, proprio perché provvisoria, può anche essere capita — ha detto l'ambasciatore Alaoui —, ma se il 4 luglio il "no" dovesse diventare definitivo, avremo la prova che dietro i pretesti di carattere urbanistico ed ecologico c'è dell'altro. Le argomentazioni dei nemici della moschea non reggono. In realtà, il Tar può solo dire che la faccia dei musulmani non gli piace. Ma il discorso, allora, cambia». Che cosa accadrebbe il 4 luglio, se il Tar revocherà la licenza di costruire la moschea? «Gli ambasciatori islamici rappresentano Paesi che attribuiscono un'importanza enorme alla costruzione del Centro: la risposta al '^"italiano sarebbe decisa dai Capi di Stato — ha spiegato l'ambasciatore Alaoui —,. Noi ci auguriamo, comunque, nell'interesse di tutti, che il problema possa essere risolto». Sarebbero eventualmente disposti, i Paesi islamici, ad accettare che la moschea venisse costruita altrove? «Non bisogna che gli italiani si fac-t ciano illusioni: non costruiremo la moschea fuori della città, perché i musulmani che pregano non viaggiano tutti in Rolls Royce, e la zona del Centro deve essere collegata con trasporti pubblici». L'ambasciatore Alaoui ha aggiunto: «Nel momento in cui i commercianti romani scrivono in arabo i prezzi delle loro merci e sono ben contenti di averci come clienti, è assurdo che ci si dica di tornare a pregare nei nostri Paesi».
Persone citate: Alaoui, Marocco Mustapha
Luoghi citati: Arabia Saudita, Comune Di Roma, Italia, Lazio, Roma
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