Epitaffio per un nobile stambecco di Giorgio Martinat

Epitaffio per un nobile stambecco PERCHE' UN GUARDAPARCO LASCIO' IL GRAN PARADISO Epitaffio per un nobile stambecco Le fughe quasi leggendarie per scampare al fucile - «Conserverò il suo ricordo con pena» Questa è la storia della morte del Minatore e delle dimissioni del guardaparco Oreste, ed è una delle più umane e commoventi tra le molte che si possono leggere nei diari del Gran Paradiso. Bisogna leggerla un po' tra le righe, perché i custodi degli stambecchi sono uomini semplici e abituati al pudore dei sentimenti. Sullo sfondo, campeggia la figura di Renzo Videsott. il direttore, ora scomparso, a cui si deve la rinascita del parco dopo le decimazioni e le distruzioni della guerra. Era un personaggio autentico. Ex cacciatore, nei rari momenti di abbandono raccontava la sua conversione: dopo aver visto la luce spegnersi negli occhi di un capriolo che aveva colpito. Le annotazioni, in inchiostro rosso, con cui interveniva sui diari dei guardaparco, oggi sarebbero giudi-, cate inammissibili esempi di paternalismo. Lodava l'osservazione acuta sulle abitudini degli animali, la dedizione al servizio, incoraggiava nei momenti di crisi, rampognava debolezze e difetti anche della vita privata: c'è una sua invettiva sul diario di un guardaparco che, il sabato sera, alzava un po' troppo il gomito. Il Minatore Tra Videsott e il guardaparco Oreste c'era un clima di armistizio, dettato da reciproco rispetto, ma pronto ad esplodere. Perché anche Oreste appare, dal suo diario, uomo di carattere forte è indipendente, innamorato della natura e del suo lavoro: «Le marmotte sono già numerose, questa mattina abbiamo visto le prime rondini e anche il pettirosso. Gli uccelli cantano a piena voce, a cento metri c'è un tordo sopra un larice: sem¬ bra che la sua vita dipenda dal suo canto, tanto si appassiona». Spesso polemizza, testardo, con le spiegazioni ufficiali dei naturalisti, quando le sue osservazioni personali le contraddicono. A differenza degli altri guardaparco, sembra attento anche alle manifestazioni di vita minute, alle creature più umili. Ma per una, mostra, una predilezione particolare, come se fosse riuscito a stringere, attraverso le lenti del suo binocolo, un misterioso legame: -Anche il Minatore è stato chiamato in basso dal primo verde. E' coricato con tre compagni, che ruminano tranquilli-'. Il Minatore è un vecchio stambecco, e non è strano che abbia un nome. Tutti i sultani più autorevoli sono stati battezzati dai guardaparco in modo fantasioso, ispirandosi a qualche singolarità del trofeo o della taglia o alla ricchezza e varietà dell'harem. Il nome del Minatore ricorre quasi ad ogni pagina, nel diario di Oreste, anche quando non c'è nulla di speciale da segnalare: «Il Minatore è sempre nella stessa località, tra Pisou e le Frane delle Rosse»/ Quando gli viene affidata, per istruirla, una giovane recluta, la porta subito a vedere lo stambecco: -Gli ho mostrato il Minatore e gli ho spiegato le particolarità che lo rendono diverso dagli altri». Non sappiamo quali fossero questo particolarità. Possiamo arguire, dal nome, che riguardassero le corna, forse troppo diritte, simili ad arnesi per scavare, prive dell'ampia curvatura a semicerchio che la natura ha loro prescritto. A quel tempo, nel parco, la selezione naturale non era lasciata soltanto al lungo inver¬ no e all'aquila, ma completata dall'intervento dell'uomo. I capi che presentavano deformità e anomalie e potevano, trasmettendole ai discendenti, compromettere la bellezza della specie, venivano consegnati alla carabina dei cacciatori: una consuetudine abolita nel 1969. Ma, quella primavera, il nome del Minatore fu iscritto nelle liste di eliminazione e il 16 aprile, in una giornata grigia, percorsa da folate di nebbia, sali il cacciatore che aveva pagato un milione il diritto di sparare tre colpi. Nella nebbia Toccò ad Oreste, secondo il regolamento, accompagnare l'ospite sulle balze, aiutarlo nell'avvicinamento e indicargli il bersaglio: «Ci accostain-' mo ad ottanta metri, ma per una frazione di secondo è riuscito a salvarsi, inghiottito da una folata di nebbia. Così il Minatore l'ha scampata ancora una volta». Quest'ultimo, trepido accenno, fa .pensare che altre volte il Minatore fosse stato selezionato, ma che il vecchio stambecco fosse diventato esperto di ogni insidia e abile nel difendere la propria vita. Tre giorni dopo, il giustiziere ricompare, in una giornata di sole. Oreste scrive: «Verso sera siamo a distanza utile. Spara, senza ucciderlo. Ma sicuramente è ferito. Scappa, stdla sinistra. Ci fa attraversare tutte le Rosse, per inseguirlo. Un altro tiro, a lunga distanza, ma non è più colpito. Lo lasciamo per l'ora tar-, da. che ha girato il costone della Cialma dell'Uomo. Scornati e disgustati». Disgustati, perché si cercava di risparmiare, pur in questa pratica ritenuta necessaria, ogni sofferenza inutile. C'era perfino una medaglia speciale, detta dell'eutanasia, per i cacciatori che fulminavano l'animale al primo colpo. Ma questa volta il tiratore era un cane. «In più — nota Oreste —sono rattristato di sapere che il povero animale è ferito e soffre». Il cacciatore, evidentemente, gli ha letto in viso il disgusto, perché rinuncia al terzo colpo a cui il milione gli dà diritto e se ne va. Ora. secondo il regolamento, toccherà ad Oreste dare il colpo di grazia allo stambecco ferito. Il giorno dopo, è in caccia, con la giovane recluta: «Dai Chiapìli vediamo il Minatore coricato sul costone Perda. Decidiamo di avvicinarlo fra i roccioni della Rossa. I calcoli soìio giusti e sbuchiamo à novanta, cento metri. E' già in piedi, all'erta. Crolla al primo colpo. Ne sparo un secondo. Non si muove più». E, nel centro della pagina, l'epitaffio in calligrafia larga e rabbiosa: «Il Minatore è morto». Poi, il referto prescritto dal regolamento: «Il colpo del cacciatore gli aveva fatto una larga ferita sul filo della schiena, senza danneggiare le ossa né organi vitali. I miei due colpi, il primo al cuore, il secondo alla base del collo. Età. anni 13. trofeo lungo 90 centimetri. Sano». E una postilla non prevista dalle norme: «Cosi ha fine il Minatore, ma il suo ricordo rimarrà in me con pena». Qui termina il diario. In più, resta un'annotazione, tempestosa e amara, del direttore: «Esco dal rifugio in una bufera di neve, dopo l'ultimo colloquio. Così, un altro se ne va. Uno dei migliori. Sensibile, intelligente, ineguagliabile nell'accostare gli animali senza allarmarli. Ma. forse, ipercritico». Giorgio Martinat

Persone citate: Renzo Videsott, Sensibile, Videsott