Fallita la missione-lampo di Forlani per l'accordo sulla pesca a Tunisi di Mimmo Candito

Fallita la missione-lampo di Forlani per l'accordo sulla pesca a Tunisi Sembrava una cosa fatta, sono sorte invece difficoltà Fallita la missione-lampo di Forlani per l'accordo sulla pesca a Tunisi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TUNISI — L'accordo sulla pesca è mancato, e il ministro Forlani se ne rientra in Italia con qualche preoccupazione in più. I pescatori di Mazara del Vallo sono autorizzati a calare le loro reti nelle acque tunisine del Canale di Sicilia fino al 18 giugno; dal giorno successivo non c'è nessuna regolamentazione, e da qui al 19 resta appena un mese di tempo. Il viaggio a Tunisi s'era avviato con grandi speranze; la Farnesina aveva anche messo a disposizione dei giornalisti un DC9, per accompagnare il ministro nella sua breve visita e dar resoconto dell'andamento dei colloqui. Questo fatto, non del tutto inconsueto aveva rafforzato la convinzione che la trattativa dovesse segnare solo la sua conclusione formale. E' normale infatti che gli incontri tra i ministri o i capi di governo siano preceduti dalla lunga fase del negoziato tecnico, affidato agli specialisti delle direzioni ministeriali; poi, l'arrivo degli uomini di governo consolida formalmente i risultati e ne fissa contenuti e termini nel documento ufficiale. Anche per il viaggio a Tunisi l'andamento dei primi colloqui sembrava dovesse ripetere questa prassi ormai scontata. Era per di più un viaggio brevissimo, di appena otto ore, e tutto appariva organizzato per una rapida soluzione dei problemi in discussione: la pesca certo, ma. anche l'agricoltura, il Medio Oriente e la sicurezza nel Mediterraneo. Sul problema più strettamente politico, il risultato si trovava subito con quella dichiarazione ufficiale dì Forlani che ricordava l'insistenza dell'Italia per una soluzione negoziata del conflitto, «nel riconoscimento dei diritti del popolo palestinese e della peculiarità dello status di Geru- salemme». Era un'ampia concessione alle attese del mondo arabo, e il fatto che giungesse proprio nella città che da qualche mese è la nuova sede della Lega Araba non era poi un episodio trascurabile dei rapporti tra l'Europa e il Nord Africa. Restava l'altra parte del contenzioso, quella legata piti strettamente ai rapporti bilaterali, e alla scadenza imminente del nostro accordo di pesca nella fascia meridionale del Canale di Sicilia. Il ministro Forlani, mostrando con spirito diplomatico una larga apertura verso i suoi interlocutori, arrivava anche ad affermare che -noi abbiamo seguito con ammirazione e mteresse la politica di sviluppo e di progresso sociale iniziata con un'ampia insione storica dal presidente Burghiba. mirante ad assicurare al popolo tunisino più alti livelli di vita materiale e spirituale». Sono parole di circostanza, legate all'ufficialità dei brindisi per le colazioni ministeriali: tuttavia, esprimevano pur sempre un giudizio che non teneva conto dei gravissimi incidenti d'un anno fa, con un numero di morti ancora ignoto ma che si sa possibile da 142 a più di 400. e trascuravano che nelle carceri tunisine sono ancora imprigionati tutti i leaders sindacali del Paese, condannati con un processo che Amnesty International ha definito -privo delle garanzie di diritto». Tuttavia non bastava. I giornalisti venivano informati che s'andava nel migliore dei modi, e inviavano le loro corrispondenze in Italia: in realtà, si era invece iniziata una fase di trattative molto rigida, con la delegazione tunisina che chiedeva di azzerare il negoziato e di ridiscutere tutto da capo. Il ministro s'era portato dietro una folta delegazione della Farnesina, con gli esperti e gli ambasciatori che avevano affrontato finora la trattativa tecnica; ma i risultati non cambiavano. E' difficile dire se vi siano responsabilità, e quali siano, per questo improvviso colpo di scena; resta che, partiti tutti quanti per chiudere un problema ormai sviscerato da ogni parte in sede tecnica, ci si trovava invece a dover prendere atto che la diplomazia italiana appariva messa in gravi difficoltà dall'interlocutore tunisino. Che cosa dicono i nostri partners? Sostanzialmente due cose: 1) che non vogliono trattare l'accordo di pesca con la Cee (competente ora in materia); 2) che preferiscono risolvere il problema in un negoziato bilaterale con l'Italia. Per l'uno e l'altro di questi punti, affermano di temere l'arrivo dei pescherecci dai Paesi della Comunità, mentre in un negoziato a quattr'occhi il Canale di Sicilia resterebbe protetto e riservato a tunisini 'e italiani. Dietro queste dichiarazioni ufficiali, sembra esservi la realtà d'un calcolo di politica economica: servirsi del problema della pesca per contrattare una più sicura difesa dell'agricoltura tunisina. le cui esportazioni verso la Cee stanno per essere danneggiate dal prossimo ingresso dei tre Paesi del Sud Europa (soprattutto della Spagna). C'è una concorrenzialità da difendere, e la forza contrattuale dell'Italia appare meno solida se resta ancorata al problema dei pescherecci di Mazara del Vallo. Oltre questa, forse ci saranno altre motivazioni accessorie: ma non cambia il quadro di riferimento economico. Le, insistenze della delegazione italiana per arrivare a uno sblocco non sono servite a nulla, e il rientro da Tunisi (previsto per le 19,40) ha dovuto esser protratto, inutilmente poi. fino all'una della notte. Tutto resta da discutere, e il 19 giugno si avvicina. Che cosa succederà, se intanto i tunisini non si saranno convinti a una proroga dell'accordo triennale? Nessuno può dirlo, e comunque nemmeno la Farnesina — dopo quanto è successo — pare oggi una fonte dalla quale ricavare informazioni sicure. Mimmo Candito

Persone citate: Burghiba, Forlani