Arrestato per falsa testimonianza un agente al processo Franceschi di Susanna Marzolla

Arrestato per falsa testimonianza un agente al processo Franceschi Contraddizioni e reticenze sull'uccisione dello studente a Milano Arrestato per falsa testimonianza un agente al processo Franceschi Ha negato in aula la versione che aveva fornito in istruttoria sulla pistola dalla quale partì il colpo mortale - La madre del giovane: «È ora che finisca questa spirale di sangue» . MILANO — Arrestato in àula per falsa testimonianza: Domenico Parente, guardia di pubblica sicurezza, entrato come testimone nel processo per la morte di Roberto Franceschi (lo studente ucciso da un agente con un colpo di pistola alla nuca) ne è uscito come imputato. Il processo contro di lui si è svolto subito ieri pomeriggio, ma è stato aggiornato a lunedì per sentire altri testimoni. L'udiènza di ieri mattina era cominciata tranquillamente, con la deposizione di due testimoni oculari: inquilini dello stabile di fronte all'università Bocconi che, la sera del 23 gennaio 1973, affacciati alla finestra, hanno assistito agli scontri in cui perse la vita lo studente Franceschi e rimase gravemente ferito l'operaio Roberto Piacentini. I testimoni hanno raccontato di aver visto sparare due agenti, in divisa, e questo dopo che i dimostranti si stavano allontanando. Inoltre, proprio mentre hanno sentito gli spari, altri agenti stavano spegnendo le fiamme su una camionetta: tra questi — secon- do i testimoni — c'era anche Gianni Gallo, imputato, assieme al collega Agatino Pugliesi, di omicidio preterintenzionale. Poi è venuta la volta i di due guardie: Domenico Parente e Carmine Abagnale i quali facevano parte del contingente che partecipò agli scontri. La loro testimonianza era molto attesa per vedere se la sfilza di contraddizioni, di «tioti so», «non ricordo» da parte della polizia, iniziata con l'interrogatorio degli imputati, e proseguita con la testimonianza del vicequestore Tommaso Paolella, sarebbe andata avanti. Ed effettivamente è stato cosi: i due testimoni hanno contraddetto in pieno quanto avevano dichiarato in istruttoria. Parente ha affermato di aver chiaramente visto e sentito Puglisi gridare alla guardia Manzi: «Presto, unapistola». Anzi—ha aggiunto—«/io fatto il gesto di dargli la mia. ma lui ha preso quella di Manzi». E' questo un particolare molto importante. Infatti, per l'accusa, Puglisi sparò si. ma con la pistola di Gianni Gallo, l'unica da cui, secondo le perizie balistiche, partirono i colpi mortali. Un particolare che però nelle deposizioni rese al giudice istruttore manca assolutamente. Stessa scena con Carmine Abagnale. In istruttoria di chiaro che si trovava sulla stessa Campagnola assieme a Parente e Manzi. Disse di non aver visto Puglisi chiedere una pistola. Ieri invece ha detto che non si trovava su quella Campagnola, ma in un «gippone» e quindi, non avrebbe potuto sentire o vedere nulla. A questo punto la parte civile chiede che sia messa a verbale una denuncia per falsa testimonianza contro Parente e Abagnale. La Corte si ritira per decidere: esce dopo un'ora. Viene richiamato Parente: ribadisce la sua posizione. «Dico la verità», afferma. Ma non sa spiegare le contraddizioni con l'istruttoria. Il presidente, allora, ne ordina l'arresto. Altro atteggiamento aveva' tenuto la Corte giovedì, nei confronti di Tommaso Paolella, il vicequestore che la sera degli incidenti comandava le forze di polizia. Paolella aveva sostenuto che al momento della sparatoria si trovava lontano dagli scontri e con le spalle girate. «Afa il tenente Addante dice che l'ha visto con la pistola in pugno», gli aveva fatto notare il presidente. «E' una spudorata menzogna — aveva risposto Paolella —. Addante ce l'ha con me». Eppure la sua presenza vicino agli scontri era stata confermata subito dopo dall'ex collega Cardile, all'e¬ poca anche lui vicequestore. Gli avvocati di parte civile avevano chiesto l'incriminazione di Paolella, o quantomeno il confronto tra i due testi. Inutile: «Non mi sembra il caso», aveva detto il pm, Gino Alma. «Vedremo più avanti», si era associato il presidente. Ieri invece, per la guardia Parente l'arresto. Non è comunque finito in carcere perché la Corte, applicando in «senso innovativo», un articolo del Codice gli ha concesso la libertà provvisoria. Né vi è finito Abagnale, il quale, sentito ancora nel processo per falsa testimonianza, ha conti¬ nuato a contraddirsi con l'istruttoria. «Quello che non possiamo perdonare sono le menzogne dei piccoli e soprattutto dei grandi. Siamo disposti a chiedere il minimo della pena purché la verità venga fuori»: queste parole le aveva pronunciate giovedì, prima dell'ascolto dei testimoni, Lidia Buticchi Franceschi, madre di Roberto. E dopo la disperata rievocazione del figlio, della sua agonia e della sua fine, cosi aveva concluso: «£' ora die finisca questa spirale di morte e di sangue». Susanna Marzolla

Luoghi citati: Milano