Quattro presunti brigatisti accusati di concorso in omicidio dei 2 agenti

Quattro presunti brigatisti accusati di concorso in omicidio dei 2 agenti Clamorosa svolta nelle indagini a 5 mesi dall'agguato alle Nuove Quattro presunti brigatisti accusati di concorso in omicidio dei 2 agenti Sono Vincenzo Acella, le sorelle Carmela e Claudia Cadeddu (già in carcere) e Giuseppe Matteoli, latitante - Documenti e registrazioni proverebbero la loro complicità nell'eccidio Ad una svolta decisiva le indagini della magistratura sull'assassinio di Salvatore Porceddu e Salvatore Lanza, i due poliziotti uccisi a raffiche di mitra la mattina del 15 dicembre scorso, da un commando delle Brigate rosse davanti alle «Nuove-. I giudici istruttori incaricati dell'inchiesta hanno spiccato quattro mandati di cattura contro Giuseppe Matteoli, 31 anni, Vincenzo Acella, di 27 e le sorelle Carmela e Claudia Cadeddu, rispettivamente di 36 e 23 anni. L'accusa per tutti è di concorso in omicidio, ma sulle spalle del quartetto grava anche l'imputazione di partecipazione a banda armata. Dei quattro, l'unico che è riuscito a far perdere le tracce è Giuseppe Matteoli. l'operaio della filiale Roller di Lungo Dora Siena 8, l'uomo che dirigeva la stamperia Br scoperta in un alloggio di corso Regina Margherita 181. In carcere si trovano invece le sorelle Cadeddu, arrestate a gennaio nel loro alloggio di via Legnano 7 (uno dei covi scoperti a gennaio) e Vincenzo Acella. bloccato due mesi fa in un bar di corso Venezia. L'assassinio di Salvatore Por-ceddu e Salvatore Lanza, entrambi di 21 anni, avvenne alle 5,30.1 due agenti erano di pattuglia all'esterno del carcere, su un pulmino -850». Non un furgone blindato, come quelli usati di solito attorno alle -Nuove» durante il processo ai capi storici delle Br, né una camionetta con vetri antiproiettile. Un normale furgoncino che si trasformò in una bara. Salvatore Porceddu era nato a Sini, un borgo di 600 anime nella piana di Gesturi, provincia di Oristano. Apparteneva ad una famiglia di contadini, abituata da sempre a sudare la vita. Salvatore Lanza era di Catania. Erano entrati nella polizia da due anni. L'attentato fu rivendicato dalle Brigate rosse che in un volantino affermarono di aver compiuto l'azione con una 'logica di annientamento», una logica che, a loro giudizio, rappresentava ./'unico rapporto che può esistere tra forze rivoluzionarie e uomini dell'apparato militare che hanno accettato di svolgere compiti antiguerrìglia». E le stesse Br, in precedenti documenti, avevano preannunciato l'attacco alle carceri, ritenuto • l'anello debole dell'apparato dello Stato». Come si è arrivati all'incriminazione dei quattro? In via Tasso, sede dell'ufficio istruzione, i magistrati non si sbilanciano troppo. L'impressione è che abbiano messo le mani su una .vera miniera» : un ricchissimo materiale che dovrebbe condurre a nuovi, clamorosi sviluppi. A carico dei quattro rsisterebbero comunque elementi di prova obiettivi. Punto di partenza delle indagini sono stati i tre covi di via Legnano 7. di corso Regina 181 e via Venaria. Nel primo (l'alloggio delle due sorelle Cadeddu) non sono state trovate armi, ma molti documenti e soprattutto sarebbe stato rinvenuto un nastro con la registrazione delle comunicazioni, via radio, tra la centrale operativa e le radiomobili dei carabinieri negli attimi immediatamente successivi all'attentato. Nell'appartamento del Matteoli, in corso Regina (sede della stamperia) sarebbe stata scoperta la matrice del volantino con cui. tre giorni dopo, le Br rivendicarono l'agguato. Infine, in casa di Acella. polizia e carabinieri avrebbero trovato .appunti operativi» di prima mano sull'assassinio. Appunti cioè molto precisi, anticipatori dell'assalto, scritti da qualcuno che non ha usato come fonte i giornali o la radio. In uno dei covi, forse quello di Matteoli. sarebbero state scoperte schede che riguardano in particolare Lanza e Porceddu. In tutte le .basi», poi, una quantità enorme di pubblicazioni, documenti inediti; materiale che ha permesso ai magistrati di collegare tra loro fatti apparentemente staccati, di individuare precise responsabilità. Niente però è trapelato finora sul ruolo ricoperto da ciascun imputato nell'assassinio. Vediamo chi sono i quattro. Carmela e Claudia Cadeddu. la prima baby sitter. la seconda impiegata, sono le uniche che. per ora, hanno accettato di rispondere alle domande degli inquirenti. Sarde, di Oruni. frequentavano assiduamente Giuseppe Matteoli. Hanno anche dato una spiegazione alle loro visite in casa di quest'ultimo. .Siamo quasi compaesani e più di una volta ci siamo recate in visita a "Pino" (Matteoli) assieme ai nostri parenti». Hanno negato di appartenere alle Br o a qualsiasi altro gruppo eversivo, anche se non hanno saputo giustificare il possesso del materiale scottante nel loro alloggio. Sono finite in carcere a fine gennaio, nel corso della stessa operazione che portò all'arresto di Rosaria Biondi e Nicola Valentino (ritenuti responsabili dell'assassinio del procuratore di Prosinone, Felice Calvosa e della sua scorta), della tedesca Ingeborg Kithzler e di Andrea Coi. trovati nel covo di via Industria 20. Il Matteoli. originario di Bonarva. provincia di Sassari, operaio alla filiale della Roller di Lungo Dora Siena 8 è scomparso da quando la polizia scopri il covo di via Industria. Il ritratto che viene fuori dai commenti dei vicini del latitante che. pare, sia legato sentimentalmente a Carmela Cadeddu è quello classico del terrorista: persona a modo, riservato e gentile. Infine Vincenzo Acella. arre¬ stato con l'amico Raffaele Fiore (brigatisti dichiarati, si sono definiti .prigionieri politici») in un bar di corso Venezia. Sulla loro .128» la polizia trovò un vero e proprio arsenale: mitra, pistole, carabina di precisione e tanti documenti. Acella è «l'impiegatino timido» che secondo gli investigatori la notte del 20 gennaio, sorpreso con un compagno. Pietro Panciarelli, in un prato di via Veronese a bruciare documenti Br. sparò agli agenti Sanna e Calò che gli chiedevano i documenti. Per la detenzione delle armi. Fiore ed Acella sono stati condannati a 3 anni e 8 mesi di reclusione. Per ora. ai quattro non sono state contestate specifiche responsabilità : non è stato chiarito cioè il ruolo ricoperto da ciascuno di loro nel duplice omicidio. Nino Pietropinto Le sorelle Carmela e Claudia Cadeddu; Vincenzo Acella: sono tutti e tre in carcere

Luoghi citati: Catania, Gesturi, Oristano, Sassari, Siena, Sini