Nigra: i segreti di un negoziato

Nigra: i segreti di un negoziato IL FAMOSO AMBASCIATORE E IL RINNOVO DELLA «TRIPLICE» Nigra: i segreti di un negoziato «Se V. E. saprà far accogliere dall'Austrìa-Ungheria nuova redazione art. VII, avrà aggiunto altro servizio ai molti da Lei resi alla patria e al re». Cosi il primo marzo del 1902 il ministro degli Esteri Giulio Prinetti telegrafava a Costantino Nigra, ambasciatore a Vienna. Il «servizio», che l'attivissimo ministro lombardo, d'accordo con il re, chiedeva a Nigra. non era soltanto difficile, quasi impossibile, ma sarebbe stato anche l'ultimo per il settantaquattrenne diplomatico. Gli archivi italiani permettono ora di ricostruire in dettaglio quella fase diplomatica che fu di fondamentale importanza per l'equilibrio europeo, e per la posizione del nostro Paese tra la Triplice da un lato e la ritrovata amicizia con la Francia dall'altro. Peccato che l'archivio Prinetti. comprendente molte lettere di Nigra, sia andato distrutto. Il 5. gennaio precedente, Prinetti aveva inviato una lunga lettera a Nigra in cui gli esponeva le condizioni ch'egli intendeva porre all'ormai prossimo rinnovo della Triplice alleanza. E cioè: abbinamento del rinnovo con quello di trattati di commercio; che in realtà scadevano successivamente; pubblicazione del testo del trattato o quanto meno di una dichiarazione •«in forma di preambolo» che denunciasse il carattere difensivo e pacifico del trattato, stesso, onde rassicurare la Francia; infine modifica degli artt. VI e VII in modo da rendere più efficace l'azione della Triplice per il mantenimento dello statu quo nei Balcani e a Costantinopoli. Condizioni che. assicurava il ministro, avevano ottenuto l'approvazione del re. Le modifiche dell'art. VII riguardavano l'Austria, in quanto l'Italia vi voleva introdurre l'intesa raggiunta l'anno precedente sull'Albania, estendendola alla Macedonia. Ciò nonostante Nigra consigliò al suo ministro «un serio scambio d'idee con il gabinetto di Berlino. Non bisogna dimenticare che una soluzione concertata con Berlino avrà possibilità di essere accettata a Vienna e sarà meglio accolta in Italia». Il tono era invero un poco professorale, ma Prinetti non intendeva certo rinunciare ai consigli di quella specie di monumento diplomatico ch'era diventato il Nigra. tanto influente anche a Corte. Alla fine di marzo ebbe luogo a Venezia l'incontro di Prinetti con BUlow. Il colloquic fu «cordialissimo», come il primo si affrettò a telegrafare a Nigra; il cancelliere tedesco aveva visto «senza alcuna diffidenza il nostro accordo con la Francia» e fu esplicito nel «riconoscere nostra pienissima libertà d'azione a Trìpoli». Ma per il resto si era limitato a esprimere il desiderio che il testo della Triplice non venisse mutato, neppure formalmente. In realtà BUlow aveva opposto alle richieste del ministro italiano un netto rifiuto con le parole stesse del generale dei gesuiti. Ricci, a Clemente XIV: «Sint ut sunt aut non sint!». O cosi o nulla. Il risentimento di Prinetti, e del presidente del Consiglio Zanardelli, fu assai grande. Ma era nel. temperamento del ministro lombardo di non darsi per vinto. E perciò inviò a Nigra copia delle istruzioni che aveva fatto pervenire all'ambasciatore a Berlino Lanza, in cui «é esposto, colla maggiore precisione che ho potuto raggiungere, il pensiero del governo italiano, e io non posso se non pregare V. E. di adoperare tutte la sua ben nota abilità per ottenere che questo pensiero trovi favorevole accoglienza presso il governo austro-ungarico». Le richieste italiane si erano ridotte, in pratica, a otte-, nere dall'Austria una dichiarazione di disinteresse nei riguardi della Tripolitania, una promessa di pourparlers sulla Macedonia, un impegno a mantenere in vita i trattati di commercio, con la discussa clausola del vino, sino a quando non fossero stati conclusi i nuovi. Anche cosi ridotte, le proposte di Prinetti dovettero sembrare eccessive a Nigra, il quale cosi gli telegrafò: «Prima di presentare a Goluchowski le condizioni che V. E. pone al rinnovamento dell'alleanza, stimo mio dovere avvertirLa che nessuna abilità diplomatica varrà ad ottenere a Vienna ed a Berlino ciò che Lei non ottenne a Venezia... Lunedì presenterò in apposita memoria a Goluchoioski il sunto delle condizioni da Lei, richieste ma declino ogni responsabilità sull'esito». Come aveva previsto l'ambasciatore, l'accoglienza da parte del ministro degli Esteri austro-ungarico fu quanto mai tiepida, per non dire negativa. Tanto che Nigra si senti in dovere di concludere il suo lungo rapporto a Prinetti' con le seguenti parole: «Prego V. E. di credere che io mi resi l'inteprete fedele delle istruzioni che a Lei piacque d'impartirmi. Ma non ho la soddisfazione di essere riuscito a decidere il conte Goluchoivski ad abbandonare il suo modo di vedere, che gli è imposto, diss'egli, da ineluttabile necessità di cose, e che è del resto diviso dal cancelliere germanico». Nigra peccava di un eccesso di pessimismo. Infatti quattro giorni dopo, lo stesso Goluchowski si recò da lui per informarlo di essere disposto a rilasciare per iscritto una dichiarazione di disinteresse su Tripoli, e ad accettare uno scambio di idee con Prinetti per il mantenimento dello statu quo in Macedonia, purché la Triplice venisse rinnovata senza modifiche. Ciò del resto gli avrebbe dato forza per giungere alla conclusione dei negoziati commerciali in modo soddisfacente per tutti. Un ultimo servizio di Nigra c'era dunque stato, anche se non nella misura sperata, con' eccesso di ottimismo, dal ministro degli Esteri italiano. A questo punto Prinetti non ebbe scelta, e ai primi di maggio. «presi gli ordini da S. M.», dichiarò di essere pronto a rinnovare il trattato di alleanza «senza alcuna modificazione o aggiunta-, pregando però gli alleati di non rivelare quest'ultimo particolare. La firma avvenne a Berlino il 28 giugno. Due giorni dopo aveva luogo a Roma lo scambio di note tra Prinetti e l'ambasciatore francese Barrère, portato a termine con una trattativa eccezionalmente rapida, iniziata all'indomani del deludente incontro di Ve¬ nezia con BUlow. e del rifiute di questi di modificare la Triplice. L'Italia s'impegnava a rimanere neutrale nel caso in cui la Francia fosse stata vittima di un'aggressione diretta o indiretta, oppure fosse stata costretta a muover guerra in seguito a una provocazione diretta. Un impegno che. giuridicamente, copriva tutto lo spazio lasciato libero all'Italia dall'alleanza con gli imperi centrali. Politicamente denunciava il nuovo assestamento intervenuto nell'equilibrio europeo in seguito al riavvicìnamento anglo-francese. Se ne rese conto, appieno, iì Nigra? Qualche dubbio potrebbe sorgere per il fatto che, alla fine di giugno, egli abbia scritto ripetutamente a Prinetti. in favore di un incontro tra Francesco Giuseppe e Vittorio Emanuele III nel corso del viaggio che quest'ultimo si apprestava a fare a Pietroburgo e a Berlino. La risposta di Prinetti fu negativa: «Duolmi assai, ma dopo aver anche conferito in proposito col Presidente del Consì glio, non posso accogliere il di Lei suggerimento. Per quanto la cosa possa essere penosa (e lo è anche per noi, non solamente per il governo e per l'imperatore d'Austria), pure è impossibile che il re renda alcuna visita all'imperatore, finché egli non si decida a venire a Roma. Creda non vi è uomo di Stato in Italia che potrebbe consigliare al re un di verso contegno». Colpito da congestione ce rebrale durante un'udienza al Quirinale. Giulio Prinetti fu costretto ad abbandonare la carriera politica nell'aprile del 1903. Poco dopo anche Costantino Nigra lasciava la carriera diplomatica. Enrico Serra Nigra in una caricatura