Il Papa a Montecassino di Liliana Madeo

Il Papa a Montecassino Il Papa a Montecassino (Segue dalla 1 ' pagina) gli ha fatto raggiungere il luogo dove sono morti «uomini di varie razze, vprie nazioni, varie religioni, ma tutti figli di Dio e fratelli in Cristo, per la causa della libertà e della pace in Europa». Il Pontefice subito sottolinea anche la missione universale della Chiesa e. andando oltre il dato storico particolare, invita a pregare «per tutti gli uomini che sono morti in tutte le guerre». Venuto sul luogo dove la guerra ha seminato lutti e rovine, che ancora bruciano sulla coscienza di tutti, egli ribadisce il valore della vita e dell'amore, l'insegnamento della pace e della riconciliazione, della libertà e della dignità umana, in contrapposizione alle leggi dell'odio e della vendetta. Espressione di una Chiesa che vuole sottrarre il magistero dai limiti dell'astrazione storica. Giovanni Paolo II fa riferimenti puntuali. Indica nella carta dei diritti dell'uomo proclamata dalle Nazioni Unite, il frutto dell'esperienza dolorosa della seconda guerra mondiale e la premessa perché al principio della morte e della distruzione si sostituisca quello della pace nel mondo. Aggiunge: «Ripeto a tutti, non uccìdete, non preparate distruzioni e stermini, pensate ai vostri fratelli che soffrono la fame e la miseria. Quando parliamo di guerrra non si tratta più di spade e di lance, ma delle armi nucleari, dei mezzi di distruzione che sono capaci di ridurre a nulla la terra abitata dagli uomini». Giunge il momento della Comunione, e il Pontefice offre l'ostia benedetta a una lunga fila di giovani e bambini, cui seguono militari, religiosi. Davanti ai microfoni uomini e donne di diversa nazionalità pronunciano parole dei Vangeli e dei profeti. Quando il Papa parla in polacco, l'attenzione si fa più tesa. Nell'insegnamento di Cristo la comunità sembra ricostituirsi con un vigore e una compattezza nuovi. La concentrazione si scioglie in due momenti successivi, verso la conclusione della cerimonia. Prima i polacchi intonano una canzone dell'800. quando il Paese era occupato e il riscatto nazionale ancora lontano. Allora, come ancora oggi alla fine di ogni messa, i fedeli si rivolgono a Dio e chiedono: «Donaci la libertà, restituiscici la libertà, Tu che hai cura di noi e del nostro Paese». Tutti cantano in coro, e il popolo dei fedeli rivolgendosi all'istituzione religiosa, sembra implorare un dono prezioso, difficile da ottenere e conservare dagli attacchi che vengono da altre istituzioni. E' il momento per la collettività protagonista e partecipe di una intensa commozione. Poi. mentre i diaconi tolgono all'officiante i paramenti sacri, dalle scalee si leva una canzoncina ritmica, cadenzata dal battito delle mani. «Stola, stola...» ripetono in migliaia. E' un augurio di buon compleanno, di quelli comuni, attraverso il quale i fedeli si riappropriano dell'uomo Wojtyla, si rivolgono a lui direttamente separando la sua persona dall'altissimo ruolo che ricopre. Il Papa risponde con gesti di saluto amichevoli, più e più volte. Quindi si avvia giù per le scalee. Verso di lui si tendono una selva di mani, di bambini spinti nell'aria perché siano toccati da lui. Su un'auto scoperta Giovanni Paolo II prosegue a fatica. E' finita la prima parte della sua visita a Montecassino. Alcuni dei presenti, accogliendo il senso delle parole che egli ha pronunziato, vanno a visitare i cimiteri militari tedesco, francese, inglese. Gli appuntamenti di preghiera e raccoglimento della giornata non sono finiti. Pino al pomeriggio si susseguono, ma all'interno dell'abbazia benedettina: sulla tomba del santo, nel chiostro del Bramante, per un numero di fedeli necessariamente ridotto e selezionato dai biglietti d'invito per contenere una richiesta che sarebbe stata, a giudizio degli organizzatori, «straripante». Liliana Madeo

Persone citate: Giovanni Paolo Ii, Wojtyla

Luoghi citati: Europa, Montecassino