Quattro domande per Breznev di Frane Barbieri

Quattro domande per Breznev Quattro domande per Breznev (Segue dalla 1 ' pagina) sca, passava quasi obbligatoriamente da Belgrado per dirigersi verso l'Occidente. I buoni rapporti con la Jugoslavia servivano come una specie di attestato sulle intenzioni pacifiche dei sovietici. Ultimamente il Cremlino ha messo in atto una linea diversa: non potendo coinvolgere la Jugoslavia nelle proprie azioni tende ad isolarla. Le pressioni ideologiche e politiche registrano un inasprimento. Si cerca allo stesso tempo di sottrarre o almeno restringere il retroterra delle posizioni jugoslave: in primo luogo nel Movimento dei non allineati e poi nell'ambito del mondo occidentale (anzitutto europeo, contando che la propensione ad un compromesso coll'Urss dei francesi, dei tedeschi ed altri possa indurli a non prestare eccessiva attenzione alle pressioni esercitate da Mosca nella zona balcanica). La nuova linea, tendente all'isolamento della Jugoslavia, ha acquisito dei contorni più precisi anzitutto dopo il conflitto indocinese, quando le interpretazioni di Belgrado si sono rivelate in netto contrasto con quelle di Mosca e quando dal Cremlino sono state riversate sugli jugoslavi, i quali avrebbero manipolato la maggioranza non allineata, le colpe per le due sconfitte subite all'Onu dalla diplomazia sovietica. La nuova linea sovietica, lungi dall'essere puramente teorica, è stala tradotta ultimamente in una serie di atti e fatti, che costituiscono un po' anche l'agenda dell'attuale incontro fra Tito e Breznev. I, punti da chiarire sono almeno quattro. S'incomincia da quello bilaterale. Mosca ha congelato in buona misura gli scambi economici e politici con Belgrado, il che non poteva essere spiegato che come rappresaglia per le crescenti divergenze concettuali. L'Urss è stata imitata anche dai suoi alleati. La Bulgaria, termometro degli umori di Mosca, ha scatenato poi in termini più diretti che mai la campagna annessionista nei confronti della Macedonia (arrivando ad asserire per la prima volta che Dimitrov aveva conunesso un errore lasciando durante e dopo la guerra l'organizzazione comunista macedone sotto l'ingerenza del partito jugoslavo). Dolane, il segretario della Lega, ha parlato giorni fa anche di «coloro che tentano di formare un partito comunista illegale in Jugoslavia» (ovviamente prosovietico). Su questo punto Tito avrà da porre a Breznev probabilmente la sua prima domanda: a chi serve e dove intende approdare la campagna montata nei confronti della Jugoslavia? Una domanda che Tito aveva già posto pubblicamente nel suo ultimo discorso. Scaturisce da qui la seconda questione, quella dei rapporti intercomunisti. Gli jugoslavi ritengono che l'azione per una revisione dei principi fissati a Berlino (l'autonomia dei partiti, l'abolizione delle -direttive- generali, la non ingerenza) è in pieno svolgimento. Da Mosca si rilancia, il richiamo a»'«internazionalismo proletario» soppresso a Berlino. Ponomariov sta convocando conferenze ideologiche e redige testi, pretendendo che servano da discriminante fra partiti ortodossi e revisionisti'. Dovrebbe essere la seconda domanda dì Tito a Breznev: il pcus ha veramente rinunciato all'un icentrismo del movimento comunista o intende ripristinarlo in altre forme, facendolo di nuovo coincidere con gli stretti interessi di Mosca? Il terzo problema è la Cina. La Jugoslavia è ferma nel voler proseguire in una collaborazione sempre più intensa con Pechino, favorendone il nuovo corso aperturistico. Oltre ad allargare le basi degli equilibri mondiali, crede di dare con ciò anche un apporto all'articolazione delle varie componenti del movimento comunista. Mosca vi intravede, invece, un atto contrario agli interessi dell'Urss. Tito prospetta una mediazione fra le due potenze socialiste, .raccomandando non un ritorno all'impossibile alleanza o convergenza ideologica, ma una normale trattativa fra gli Stati. Parte, però, da un giudizio inaccettabile per i sovietici: cioè, che il conflitto indocinese poteva essere evitato altrettanto da Mosca (non incoraggiando l intervento vietnamita in Cambogia) quanto da Pechino (non aggredendo il Vietnam). Sono stati proprio i dirigenti jugoslavi a constatare, dopo un tentativo di mediazione fra Hanoi e Phnom Penh, compiuto da Minic, come l'intervento vietnamita sia slato deciso dopo la firma del trattato con Mosca. La domanda di Tito, rivolta a Breznev, a questo punto potrebbe risultare: va considerato ogni contatto di collaborazione con Pechino come un atto contro la stabilità mondiale e addirittura anticomunista, invece di valutarlo come un positivo ed indispensabile ampliamento dei rapporti sui quali si costruisce la coesistenza ed il progresso? Quarto teìna sull'agenda: il non allineamento. Pure su questo punto le posizioni si contraddicono. Mosca, coadiuvata dai cubani, sostiene -l'alleanza naturale- fra i Paesi non allineati e la cosiddetta comunità socialista. Su tali basi L'Avana vorrebbe impostare anche il prossimo vertice. Belgrado sostiene la stretta equidistanza dai blocchi, in quanto persegue il loro completo scioglimento e considera, appunto, il Movimento dei non allineati come lo strumento più adatto per smontarli, impedendo le ulteriori divisioni delle -aree grigie» del mondo fra le due superpotenze. Il braccio di ferro sì fa duro in quanto i cubani non rinunciano a dividere il movimento in -progressisti- e «conservatori-, secondo quan¬ to risultano più vicini o lontani da Mosca, mentre gli jugoslavi vogliono evitare discriminazioni e spaccature ideologiche. In più i cubani, sulla linea sovietica, vorrebbero far ammettere alla prossima conferenza di Colombo ì rappresentanti del governo imposto in Cambogia dall'intervento vietnamita. E gli jugoslavi, a loro volta, auspicano la condanna dello stesso intervento. La domanda di Tito, esistenziale per la Jugoslavia e il non allineamento, da porre a Breznev sarebbe più o meno la seguente: considera Mosca il Movimento dei non allineati come una specie di purgatorio del blocco sovietico, da usare nella contesa con l'altro blocco o come un elemento di indipendenza dei nuovi Paesi, atto a scongiurare la conflagrazione fra i blocchi? Sono domande che pongono sul tappeto dell'incontro pressoché tutti gli aspetti della politica sovietica ed anzitutto le sue vere intenzioni nei confronti della Jugoslavia «non disposta a fare concessioni né sul piano della politica estera né su quello interno-, come ha tenuto di precisare Tito prima della partenza. Frane Barbieri

Persone citate: Breznev, Dimitrov, Minic, Ponomariov