Si profila, con fatica, la successione dei «capi storici» nel nuovo Vietnam

Si profila, con fatica, la successione dei «capi storici» nel nuovo Vietnam Dietro le voci di estromissione del premier Pham Van Dong Si profila, con fatica, la successione dei «capi storici» nel nuovo Vietnam II presidente della Repubblica è nato nel 1888, il primo ministro ha 71 anni ed è malato, il più giovane tra i dieci principali esponenti del Politburo ha 62 anni - Un equilibrio precario NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE PARIGI — Le voci che nei giorni scorsi circolavano ad Hanoi sull'estromissione del primo ministro Pham Van Dong sono state definite «prive d'ogni fondamento e tendenziose» dalle autorità vietnamite. Si sa tuttavia che Dong, 71 anni, è in precarie j condizioni di salute. Qualche tempo fa erano circolate altre voci sul generale Vo Nguyen Giap, vice-premier e ministro della Difesa. Si tratta di voci che devono essere accolte con molta prudenza in un Paese in cui i maggiori dirigenti sono rimasti al potere, praticamente senza interruzione, dalla proclamazione della Repubblica democratica del Vietnam nel 1945; molti di essi fondarono, insieme con Ho Chi Minh, il partito comunista indocinese, nel 1931. Tali voci tuttavia pongono nuovamente il problema della successione: il capo dello Stato, Ton Due Thang è nato nel 1888, ed il più giovane tra i dieci più alti esponenti dell'Ufficio politico del pc vietnamita è nato nel 1917: è il comandante dell'esercito, stratega delle offensive del 1975 contro Saigon e del 1979 contro Phnom Penh, il generale Van Tien Dung, considerato il delfino del generale Giap, di cinque anni più vecchio. Certo esiste una nuova generazione, in particolare nell'esercito. Essa ha fatto il suo ingresso di forza al Comitato centrale del partito in occasione del quarto Congresso, nel 1977, ma per ora non ha voce in capitolo per le decisioni importanti. Poco conosciuta all'estero, «allevata» nei Paesi socialisti, essa è certamente meno aperta al mondo esterno dei «capi storici». Fino ad ora nessuna scomparsa fisica, nessuna estromissione d'un certo rilievo hanno modificato il sottile dosaggio dell'ufficio politico in cui coesistono da tempo due tendenze, quella «moderata» e quella «intransigente». Eppure le divergenze sono state notevoli, specialmente dopo il 1975, circa la condotta da adottare nei confronti della Cambogia, della Cina, o sul ritmo della socializzazione nel Sud del Paese. I responsabili dell'economia sono stati severamente criticati per le loro carenze. L'anno scorso sono stati denunciati gli «opportunisti». Alcuni senza dubbio avrebbero voluto che la politica nei confronti della Cina fosse meno intransigente, perché il Vietnam deve inevitabilmente tener conto di un Paese di quasi un miliardo di abitanti che si affaccia alle sue frontiere. Altri, come forse il generale Giap, avrebbero voluto rompere del tutto con i «reazionari» cinesi. Malgrado tutto, la coesione del gruppo al potere sembra avere resistito bene. Negli ultimi quattro anni molti personaggi sono stati comunque silurati o messi da parte; ma sono stati colpiti soltanto i ranghi inferiori o intermedi del potere. Dopo la fine della guerra, nel 1975-76, i dirigenti sudisti del Grp, che avevano previsto un periodo transitorio prima della riunificazione e della socializzazione integrale, erano stati relegati a funzioni senza alcuna influenza politica. Nel 1976 in occasione del Congresso del pc, i partigiani della politica di riavvicinamento con la Cina hanno perso i loro posti nella direzione del partito. Tra questi un membro dell'Ufficio politico, Hoang Van Hoan. Contemporaneamente sono stati rimossi dai loro posti dirigenti che provenivano dalle minoranze etniche delle regioni di frontiera, mentre sono state soppresse le regioni autonome. Due personaggi, in particolare, sono stati colpiti da tali misure, accompagnate da una rigida centralizzazione degli organismi locali del partito: il generale Chu Van Tan, fondatore dell'esercito popolare e responsabile d'una regione autonoma, accusato di comportarsi come un «re» nel suo «feudo», e il generale Quang Ba, presidente del Comitato delle nazionalità. Le misure disciplinari costituiscono la prova della tensione già in atto allora tra la Cina e il Vietnam: Hanoi voleva rafforzare il controllo diretto delle regioni di frontiera. Dall'anno scorso un'altra ondata di provvedimenti disciplinari ha colpito i dirigenti di origine cinese. Un certo numero d'essi — ufficiali, funzionari, dirigenti del partito — sono fuggiti in Cina nel 1978, o sono stati cacciati. Alcuni sono tornati, al seguito dell'esercito cinese, durante l'invasione di febbraio. Più recentemente molti sono stati •inviati in provincia nei servizi produttivi*, cioè, in termini più espliciti, sono stati mandati a lavorare nelle risaie o nelle fabbriche. Dato l'alto numero di persone con sangue cinese nel Vietnam, è una sorte che potrebbe toccare a decine di migliaia di persone. E' da notare inoltre che. a quanto pare, raramente nel Vietnam i dirigenti sono rinviati «alla produzione»: in caso di gravi errori la prassi è piuttosto quella d'un periodo più o meno lungo di «rieducazione». Cosi, severamente epurato, il pc vietnamita si prepara al quinto congresso, previsto in origine per il 1980, ma che potrebbe anche essere rinviato. Nel corso di tale congresso dovrebbe venire alla ribalta una nuova generazione di dirigenti che hanno seguito o continuano a seguire lunghi stages nelle «scuole Ho Chi Minh», dove molti insegnanti sono sovietici. Patrice De Beer (Copyright di Le Monde e per l'Italia de La Stampa) Hanoi. Il primo ministro vietnamita Pham Van Dong (G. Neri)

Persone citate: Chu Van Tan, Hoang Van Hoan, Patrice De Beer, Pham Van Dong, Quang Ba, Van Tien Dung, Vo Nguyen Giap