In appello la sentenza (8 ergastoli) per la gang che rapì e uccise Cristina

In appello la sentenza (8 ergastoli) per la gang che rapì e uccise Cristina Oggi a Torino (ma c'è il pericolo di uno sciopero dei cancellieri) In appello la sentenza (8 ergastoli) per la gang che rapì e uccise Cristina Fra gli altri imputati, due condannati a 30 anni - Il sequestro Mazzotti avvenne a Como nel giugno 1975; il cadavere fu rinvenuto in una discarica di Galliate (Novara) - La difesa chiederebbe il rinnovo parziale del processo TORINO — Dovrebbe prendere il «via» oggi, alle Assise d'appello di Torino, il processo alla banda mista di lombardi e calabresi condannati per il rapimento e la morte di Cristina Mazzotti. Usiamo il condizionale perché sulla prima udienza pende lo sciopero del personale di cancelleria. Se andrà bene sarà un'udienza-lampo: appello degli itnpu^ tati e registrazioni dei difensori e delle parti civili; quindi appuntamento, forse, al giorno dopo. E ammesso che ci si ritrovi mercoledì, i giudici popolari e togati (presidente, -Conti; relatore, Padovani; p.g., Buscaglino) saranno subito martellati da raffiche di eccezioni e richieste di rinnovamento parziale del dibattimento Che si vogliano acquisire nuovi atti (soprattutto quelli recenti che riguardano il latitante Libero Ball mari detenuto in Svizzera), che si avanzino richieste di perizie psichiatriche (per Francesco Gattini il quale si autodichiara pazzo) e che in particolare le difese intendano risentire testimoni già ascoltati due anni fa alle Assise di Novara, sono cose preannunciate da più parti. Comprensibile la preoccupazione delle difese; sul piatto della bilancia ci sono otto ergastoli, un paio di condan ne a 30 anni e altre per un to tale che sfiora il secolo. La Corte sembra tuttavia orien tata a sfrondare il processo dagli accademismi, a condurre alla fine, in tempi ragionevoli, questo secondo atto di un dramma che s'inizia la notte tra il 30 giugno e il 1 " luglio '75. Anche perché incalzano sca- denze ravvicinate ed ugualmente di grosso impegno, prima tra tante il processo al «gruppo storico» delle Brigate rosse. Ma torniamo al sequestro Mazzotti, a questa pagina che segna la presa del potere mafioso all'interno del triangolo industriale del Nord e la mutata strategia dell'accomandita del crìmine. Cristina, 18 anni, figlia di Elios Mazzotti, grossista e mediatore internazionale di cereali, è rapita ad Eupilio (Como) mentre con due amici. Carlo Galli ed •Emanuela Luisari, sta rincasando su una «Mini Minor». Alcuni sconosciuti circondano la vettura e costringono i tre giovani a salire sul sedile posteriore della Mini. Tutto avviene a pochi metri dalla casa dei Mazzotti. Percorso un breve tratto di strada. Galli e Luisari sono liberati, Cristina non farà più ritorno. Un mese dopo, esatto, la famiglia Mazzotti consegna un miliardo e 50 milioni ai banditi, un quinto della richiesta iniziale ma Cristina quella stessa notte è sepolta nella discarica «Varallino» di Galliate. Il macabro inganno è confermato il 1 " settembre quando il corpo ormai disfatto della ragazza affiora da quel sepolcro indicato da uno dei sequestratori. Libero Ballinari, che ha confessato agli inquirenti svizzeri. Ballinari è il bandolo e da qui prendono il «via» le indagini. Ex contrabbandiere è arrestato mentre cerca di riciclare 90 milioni del riscatto pagato dai Mazzotti. In prigione «canta», fa i nomi, la banda finisce in carcere e finalmente si può ricostruire l'organigramma «misto» dell'Anonima. C'è il boss, il «padrino» calabrese Antonino Giacobbe, che ha accettato di gestire il sequestro. Poi vengono Francesco Gattini, suo braccio destro, il manager che fa la spola tra Sud e Nord, il gruppo dei «lombardi» dai quali è partita l'idea del rapimento («Facciamone uno anche noi»): Alberto Menzaghi, macellaio e finanziatore dell'impresa criminale. Libero Ballinari, suo ex autista e complice in ricettazioni, Giuliano Angelini che prepara la prima cella per Cristina (un cunicolo buio e umido), la sua amante Loredana Petroncini, carceriera e cuoca. Gianni Carlo Geroldi, il becchino (per aver seppellito il cadavere dell'ostaggio venne compensato con 15 milioni). Poi quelli del Sud: Achille Gaetano, «ambasciatore» della cosca mafiosa: Rosa Cristiano, carceriera di Cristina (somministrava i sedativi all'ostaggio, «anche ZOO gocce di Valium al giorno»), Giuseppe Milan, l'autista della banda, l'uomo che accompagnava il complice incaricato di telefonare ai Mazzotti. Il «telefonista» è Sebastiano Spadaro; individuato, scompare: è con¬ dannato in contumacia a 28 anni. Muore 1*11 maggio 1977stroncato da infarto. Ancora: Bruno Abramo, carceriere di Cristina, Vittorio Carpino, uno dei maggiori collaboratori dell'Angelini. Infine i complici di Ballinari nella «ripulitura» dei soldi sporchi, Francesco Russello e Alberto Rosea e la truppa che ha dato una mano senza sapere che gli «amici degli amici» stavano trattando un «affare» di miliardi e di morte. La storia di Cristina, finita contro ogni codice d'onore (è la prima donna, e per di più in giovane età, entrata nel mirino dell'Anonima Sequestri) nel labirinto privo d'uscita delle succursali lombarde della 'ndragheta, è scritta nelle quasi 600 pagine che motivano la sentenza dei giudici. Una sentenza meticolosa ed esemplare che termina con otto ergastoli (Angelini, Giacobbe, Gattini, Achille Gaetano, Petroncini. Ballinari, Geroldi, Cristiano) e ad un secolo di galera per i complici. A chiedere ancora una volta giustizia contro la tracotanza e il cinismo mafioso sono i superstiti della famiglia Mazzotti. Assente il padre di Cristina, morto di crepacuore il 5 aprile 1976. _Fier Paolo Benedetti) C risiimi Mazzotti. A destra Giuliano Angelini, il carceriere delle ragazza durante un'udienza del processo celebrato nel '76