Il maschio padre e la donna velata di Giorgio Manganelli

Il maschio padre e la donna velata VIAGGIO DENTRO IL MONDO POLITICO-RELIGIOSO DELL'ISLAM Il maschio padre e la donna velata Peshàwar, arcaica città di frontiera, rivela alcune costanti della società pakistana - Sono vietati l'omaggio, la galanteria, il semplice colloquio tra le donne, pressoché escluse dalla vita sociale, e gli uomini, che possono essere poligami - Quasi non c'è prostituzione - Qualcosa lentamente sembra muoversi - Ma quali trasformazioni consentirà la «comunità sacra»? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PESHÀWAR — Ecco la donna velata. Confesso che me ne ero fatto una immagine più morbida e fantasiosa; la realtà è dura e angosciosa. La donna è coperta da capo a piedi da una sorta di tenda di una sto/fa compatta, che ne fa una presenza geometrica, un solido, non un corpo. Qualcosa fa pensare agli indumenti degli astronauti; e l'impressione è accentuata da quel quadrato sul volto, all'altezza di occhi e naso, intessuto da un fittissimo reticolo di fili orizzontali e verti¬ cali; chi guarda, non vede assolutamente nulla del volto, nemmeno se sia di maschio o donna. La «tenda» è in genere di colore biancastro, un poco ingrigito, non molto diverso da quel che pensiamo la divisa di fatica dei fantasmi. Si trovano anche donne attendate nel blu, e nel nero. A Peshàwar, nel Nord del Pakistan, a cinquanta chilometri dalla frontiera afgana, nella bellicosa e inquietante frontiera di Nord-Ovest (avete mai letto Kipling?), le donne velate sono assai frequenti, sebbene non direi che siano la maggioranza. Peshàwar è una città arcaica, severa, che ha qualcosa dell'accampamento coagulato. E' una città di frontiera, e da questa condizione deduce una coerenza ignara di compromessi. Ho detto che le donne velate non sono, neppure qui, la maggioranza; ma debbo aggiungere che le donne che è dato incontrare per strada non sono molte, e che anche una donna col volto scoperto, se si accorge di essere guardata, o in posizione tale da poter esser guardata, si copre quasi sempre il volto con una sciarpa. E poiché i riflessi condizionati si formano rapidamente, mi accorgo che dopo solo qualche ora, se incontro una, donna a volto scoperto, o se mi trovo in tassì presso una macchina o un carretto che trasporta donne, io guardo da un'altra parte. Accetto la regola che guardare una donna, anche a titolo astrattamente panoramico, è scorretto. A Peshàwar si rivelano con estrema chiarezza alcune costanti della società pakistana, insieme della suacompattezza e della sua ardua complessità. Qual è la posizione della donna? Qual è l'immagine dell'uomo, quali i rapporti tra i sessi? Solo nella Pechino di Mao ho sperimentato una atmosfera cosi totalmente asessuata, come nel Pakistan. Ma a Pechino, uomini e donne erano in qualche modo omogeneizzati, qui sono collocati in un sistema che vieta il dialogo, l'omaggio, la galanteria, il semplice colloquio; la mia sensazione, un po' assurda, è che uornini e donne siano abituati a non sapere di essere tali. La condizione della donna non è pacificamente accettata, ma credo sia essenziale capire che si tratta di una collocazione nell'ambito di un sistema che si autoregola; esiste un partito, ilstiqlal, che non è tra quelli che sostengono il governo, che pone nel suo programma elettorale il riscatto delle donne da una condizione che definisce «subumana». Tuttavia la società è nel suo insieme conservatrice per quel che riguarda i costumi, e nel mondo islamico le riforme dall'alto, non elaborate da una autonoma interpretazione della tradizione, la sunna incontrano una tenace resistenza. Si ritorna al problema dello Stato in una società islamica, che per sua natura non costituisce una struttura laica, sebbene non costituisca per proprio conto una struttura ecclesiastica. -Repubblica islamica, mi dice un mussulmano, significa una condizione in cui la comunità vive la propria tradizione, la sunna, in modo del tutto autonomo, senza interferenze dello Stato.. E' la convivenza della umma; inoltre, non esiste autorità, giuridica o politica, che sia tale al di fuori di una delega presunta da parte di Allah. Nessun uomo ha alcuna forma di potere diretto su cose, persone, comportamenti. Tutto si riconduce alla umma, la collettività che pensa ed è pensata da Dio. In nessun luogo, nel Pakistan, mi è accaduto di osservare tracce, o sospetto, di prostituzione. Mi dicono che ne sopravvivono isole miserrime. Si potrebbe pensare, a questo punto, a una sorta di' tabù sessuale. Credo che sarebbe un errore. L'Islam, che non condanna, anche se si avvia a cancellare, la poligamia, non conosce il tabù del terrestre, e il mondano è pervaso dal sacro. Il mussulmano devoto pronuncia una preghiera anche prima dell'atto sessuale. Ci si può chiedere quali siano le qualità dell'uomo islamico, almeno come l'ho conosciuto qui nel Pakistan; e in genere quali siano i connotati di un uomo che può essere pacificamente accettato come marito da più donne. Il maschio che ho visto a Karachi, a Lahore, a Peshàwar, nella frontiera di Nord Ovest non ha nulla del giovane corteggiatore, dell'adulto sensuale; non esibisce vanità sessuale, e, per descriverlo con una sola parola, è fondamentalmente «padre»; direi che l'immagine della paterni- tà non riguarda solo la sua sollecita, umile e cauta dolcezza con i figli che ho spesso constatato, ma la totalità della sua figura maschile, che presenta alla donna non un'immagine di amatore, ma una figura integralmente paterna. Aggiungerei che non di rado questa figura radicalmente paterna è connotata da qualcosa del guerriero, una fierezza non rissosa, non indulgente ma non punitiva. Incidentalmente, ho appreso che da non molto tempo nel Pakistan la poligamia ammette solo una seconda moglie, solo con il consenso della prima, se costei è sterile; la figura dell'uomo come padre pare confermata come fondamento della poligamia. La negata galanteria, l'impossibile colloquio tra i sessi, l'assenza pressoché totale della donna dalla vita associata comporta l'impossibilità di una vita sociale, di puro intrattenimento. Vi è una forma di riso e di sorriso che non può allignare in una so.cietàsevera, dignitosa, cauta. Una qualità arcaica, che qui a Peshàwar è nettamente sensibile, pervade questa cultura islamica. Le donne deporranno il velo, sparirà la poligamia, ma la naturale solennità della «umma» islamica non verrà deposta. Nella Malesia islamica la donna si mescola con tutta naturalezza agli uomini, ma il tono, se è un poco più accelerato, tuttavia resta fondamentalmente severo. Il mussulmano, anche il navi- gatore, il viaggiatore, l'esule, non esce mai dal perimetro che Allah gli ha disegnato intorno e inciso dentro. Si può chiedere se la donna partecipi alla vita politica pakistana. La Costituzione prevede la presenza obbligatoria di una percentuale, invero assai limitata, di donne alle Assemblee provinciali; prevede anche una presenza alla Assemblea nazionale: attualmente, l'Assemblea dovrebbe includere duecento mussulmani maschi dieci donne, e otto rappresentanti di altre religioni. Anche nel Bangla Desh, già Pakistan Orientale, è fissato un numero obbligatorio di presenze femminili, mi pare trenta; il governo molto se ne compiace, giacché il loro voto è costantemente favorevole. Se mi fermo a guardare le immagini delle innumere riviste in urdù, punjabi e che altro sia, che vedo esposte in un negozio di giornali — non esistono edicole — mi pare di intravedere attraverso quale strada potrà svolgersi una trasformazione di questa rigorosa etichetta sessuale: le immagini prevalenti, specie femminili sono decisamente sentimentali. Può darsi che sia all'opera una delicata congiura dell'innamoramento. Mi torna alla mente la miniatura corporale delle fanciulle che si lanciavano una palla nei giardini di Lahore; e lo sguardo di alcuni ragazzi, uno sguardo leggero, puerile, una delicata, affascinata ammirazione. Giorgio Manganelli .

Persone citate: Kipling, Mao