Fréjus: ultimato il traforo in ritardo tutto il resto di Renzo Villare

Fréjus: ultimato il traforo in ritardo tutto il restoOpera molto importante per V economia piemontese e italiana Fréjus: ultimato il traforo in ritardo tutto il resto La strada che lo collega a Torino è inadeguata - Bisogna ancora realizzare magazzini, autoporti, dogane - Previsti 800 mila veicoli già nel primo anno DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BARDONECCHIA — L'apertura del traforo autostradale del Fréjus significa un legame più stretto dell'Italia con l'Europa: il ridursi dell'isolamento geografico del Piemonte: la messa in moto di dinamismi produttivi di grande rilievo non solo per la Valle di Susa e Torino, ma per l'intero sistema economico nazionale. Vuol dire anche un passo avanti sulla strada ■•certo lunga e non scevra di ostacoli, ma sulla quale non si può tornare indietro* (lo ha detto Andreotti) dell'Europa comune, «unico quadro razionale nel quale i Paesi europei possono realisticamente misurarsi con le grandi sfide del futuro*. Il traforo, dunque, è finito e nell'estate del prossimo anno (..Forse anche prima*) entrerà in funzione. Ma il lungo nastro d'asfalto, che avrebbe dovuto collegare Torino all'imbocco del tunnel e smaltire il grande traffico dei veicoli pesanti e delle auto, non c'è. Si tratta di una situazione assurda. Con un traforo ultimalo, per collegarsi alla rete delle autostrade italiane ed europee, ci si deve servire di una mulattiera». Perché la strada della Valle di Susa altro non è che una mulattiera, se raffrontata alle moderne strade ed autostrade. Si calcola che già il primo anno di apertura ci sarà un ilusso di 800 mila veicoli, ma è facile prevedere in base alla esperienza del Bianco, che si dovrà affrontare un traffico ben più intenso. Il problema della viabilità della valle assume, dunque, aspetti molto preoccupanti. Per costruire il traforo sono stati spesi 300 miliardi di lire, altrettanti ne occorreranno nei prossimi anni, per trasformare in una superstrada la ■mulattiera» Torino-Bardonecchia. Una esposizione finanziaria enorme, che può. tuttavia, secondo tecnici e industriali, modificare nettamente l'economia piemontese, legando il triangolo industriale ai grandi mercati francesi, tedeschi e olandesi. Le attività produttive della regione potranno, infatti, avere notevoli benefici per i minori costi di trasporto negli scambi con la Francia e l'Ovest europeo, con risparmi stimati nel 20 per cento circa in termini di puro costo di trasporto e nel 45 per cento come tempo di resa delle merci. Sulla viabilità, la Regione Piemonte si è assunta il compito di proporre, nell'ambito del Piano regionale dei trasporti, alcune soluzioni per adeguare il tracciato alle nuove esigenze del traffico. Sperano di farcela entro un anno dall'entrata in funzione del traforo, ma non sarà facile. Parecchi operatori sostengono che sarà già un successo se i problemi stradali saranno risolti entro il 1984-1985. Questo vuol dire da tre a quattro anni di scarto tra l'apertura del traforo e la ristrutturazione della Torino-Bardonecchia con considerevole limitazione delle possibilità di utilizzo del tunnel e conseguente penalizzazione dell'attività produttiva piemontese. L'entità del fenomeno che si verificherà al momento in cui il Fréjus diverrà operante si ricava da un'indagine effettuata dalla Federpiemonte sul movimento merci del settore industriale. Nel 1977 sono state movimentate in Piemonte merci per 98.5 milioni di tonnellate e nelle relazioni con l'estero, fra arrivi e partenze. 17 milioni. Il 55 per cento di queste merci (ossia oltre 9 milioni di tonnellate) passa attraverso l'arco alpino piemontese, per strada o per ferrovia. Nel '77 su strada sono passati 5.4 milioni di tonnella¬ te, di cui 2.3 attraverso il Monte Bianco. Le rimanenti tonnellate (3.1 milioni) costituiscono il potenziale «mercato» del traforo del Fréjus: che vuol dire un passaggio di circa 400 grandi autotreni al giorno. Un traffico simile, a cui si aggiunge quello automobilistico, non vuol dire soltanto una strada scorrevole che porti all'imbocco, ma necessità di adeguate infrastrutture, idonee a garantire sia il regolare adempimento delle operazioni doganali, sia una rapida movimentazione dei carichi. Un impatto incontrollato di questo nuovo traffico sulle strutture esistenti nell'area metropolitana torinese, potrebbe aumentare la disorganizzazione, con formazione di gravi diseconomie. Si dovrà lavorare con altrettanta celerità, in un difficile gioco al ricupero, per creare centri commerciali, autoporti, dogane, magazzini per lo stoccaggio e il trattamento delle merci e del bestiame. L'iniziativa Finpiemonte. Regione. Camera di commercio e Federazione regionale degli industriali per creare un centro intermodale ad Orbassano ed una struttura leggera localizzata in Valle di Susa deve essere realizzata. Il trasporto delle merci, infatti, accresce il valore dei prodotti — sostengono gli operatori — in misura direttamente proporzionale all'efficienza del siste- ma delle infrastrutture cui fa capo. Viabilità ed infrastrutture vanno, dunque, considerate come realizzazioni inserite direttamente in quella primaria che il traforo vero e proprio rappresenta, poiché la loro mancata attuazione può causare l'improduttività di un'opera che è già costata 300 miliardi. Renzo Villare

Persone citate: Andreotti