Il giudice incrimina Baffi per peculato nel caso Sir di Nino Rovelli
Il giudice incrimina Baffi per peculato nel caso Sir Come ex presidente dell'Istituto Mobiliare Il giudice incrimina Baffi per peculato nel caso Sir DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — Paolo Baffi, governatore della Banca d'Italia, per la seconda volta è stato incriminato nell'ambito dell'inchiesta sui finanziamenti alla Società Italiana Resine di Nino Rovelli. La precedente imputazione (interesse privato in atti d'ufficio) riguardò, come è noto, la mancata trasmissione all'autorità giudiziaria del rapporto ispettivo sui mutui concessi a Rovelli dal Credito Industriale Sardo (Cis). Questa volta il giudice Antonio Alibrandi, che conduce le indagini sulla Sir ha deciso di attribuire a Baffi il reato di peculato per la veste di ex presidente dell'Istituto Mobiliare Italiano (Imi). Baffi è stato convocato a Palazzo di Giustizia per il 18 maggio prossimo per, l'interrogatorio. Alibrandi, oltre a Baffi, ha deciso di incriminare altre nove dirigenti dell'Imi, tra cui l'attuale presidente Giorgio Cappon, il suo predecessore Rinaldo Ossola, già ministro del Commercio con l'Estero, e i componenti del comitato esecutivo dell'istituto che firmarono le delibere con le quali l'Imi concesse al gruppo Sir crediti per mille miliardi. Nella lista dovrebbe figurare anche il prof. Nino Andreatta, docente dell'Università di Bologna e senatore della democrazia cristiana. Proprio per la sua qualità di parlamentare l'azione dell'autorità giudiziaria si è bloccata. Per il momento il giudice che indaga sullo scandalo Sir ha accolto in parte le richieste del pubblico ministero Infensi, il quale aveva sollecitato ben settantadue incriminazioni. Il rappresentante della pubblica accusa non aveva indicato con quale provvedimento doveva essere contestato il reato di peculato. Entrando in gioco due aggravanti («/'entità del danno subito dagli istituti di credito pubblici che erogarono i finanziamenti alla Sir e il numero delle persone che avrebbero commesso il delitto», il mandato di cattura si rendeva obbligatorio. Ma il giudice non ha ritenuto di adottare un provvedimento cosi grave, che avrebbe messo a soqquadro l'intero mondo finanziario italiano, considerati i nomi prestigiosi coinvolti nell'inchiesta. Ed agendo nell'ambito dei poteri discrezionali che la legge gli attribuisce, il magistrato ha deciso di emettere dei semplici mandati di comparizione. Il pubblico ministero aveva sollecitato l'incriminazione per peculato di settantadue persone, tra cui figura la «crema» della finanza italiana. Nella lista che il rappresentante della pubblica accusa ha proposto al collega Alibrandi figurano infatti nomi prestigiosi come quelli di Baffi, di Andreatta, senatore e docente alla università di Bologna, responsabile della sezione credito della de, il presidente della Banca Nazionale del Lavoro Nerio Nesi, responsabile della sezione credito del partito socialista italiano, già vice presidente della Cassa di Risparmio di Torino. Inoltre l'ex ministro del Commercio con l'Estero Rinaldo Ossola. Eugenio Carbone, direttore generale del ministero dell'Industria, candidato per la de alle elezioni europee. Mario Ercolani. ex direttore generale della Banca d'Italia oggi in pensione, Gastone Miconi, ragioniere generale dello Stato ed ex presidente della Consob, l'organismo che controlla le società per azioni. Franco Piga, presidente dell'Istituto di Credito Industriale di Pubblica Utilità. Efisio Corrias. presidente del Credito Industriale Sardo.
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