Pechino conferma l'apertura all'Urss «per risolvere i problemi in sospeso» di Alain Jacob

Pechino conferma l'apertura all'Urss «per risolvere i problemi in sospeso» Proposto un «ampio negoziato» in risposta alla nota sovietica del 17 aprile Pechino conferma l'apertura all'Urss «per risolvere i problemi in sospeso» Secondo una fonte ufficiale la Cina «è pronta a discutere indipendentemente dal negoziato sulle questioni di frontiera» - Per la prima volta non si chiedono pre-condizioni che Mosca aveva sempre definito inaccettabili (ritiro delle truppe sovietiche dalla Mongolia e dalle zone di confine contestate) - La nota cinese conferma la tendenza ad un certo disgelo che Pechino vorrebbe raggiungere con i sovietici NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE PECHINO — Si è avuta ieri ufficialmente la conferma che il 5 maggio è stata consegnata all'ambasciatore sovietico a Pechino la risposta alla nota di Mosca del If aprile. E' la terza comunicazione diplomatica tra i due Paesi in poco più d'un mese. Il 3 aprile, mentre annunciava la sua intenzione di non rinnovare il trattato trentennale d'amicizia del 1950, la Cina proponeva a Mosca l'apertura di nuovi negoziati, «per risolvere i problemi in sospeso e migliorare i rapporti tra i due Paesi». Con la nota del 17 aprile consegnata da Gromyko all'ambasciatore cinese a Mosca, il governo sovietico chiedeva a Pechino di precisare quali fossero l'oggetto e gli scopi di tali conversazioni. Dopo tre settimane di riflessione la Cina, con l'ultimo documento, risponde a questa richiesta sovietica. n messaggio cinese non è stato reso pubblico, ma ieri una fonte qualificata cinese ha dichiarato: «/n risposta alla nota sovietica del 17 aprile (...) il governo cinese propone che la Cina e l'Unione Sovietica avviino negoziati per risolverei problemi in sospeso tra i due Paesi e per migliorare i loro rapporti reciproci. L'og¬ getto del negoziato è chiaro». «La Cina —ha proseguito la fonte — è pronta per un ampio negoziato, indipendentemente da quello sulle questioni di frontiera sino-sovietiche, e mira a raggiungere risultati utili il più presto possibile. Il negoziato dovrebbe comprendere la formulazione di principi sui quali si possano fondare i rapporti tra i due Paesi, l'eliminazione degli ostacoli alla normalizzazione delle loro relazioni e lo sviluppo delle relazioni commerciali, scienti- fiche, tecnologiche e culturali, sulla base dell'uguaglianza e del reciproco vantaggio. Gli accordi concreti sul livello, la data e il luogo del negoziato dovranno essere decisi per mezzo di consultazioni». Molte fonti diplomatiche forniscono concordemente alcune precisazioni supplementari. Da una parte la Cina si riferisce ai cinque principi della coesistenza pacifica per lo stabilimento di nuove norme nei rapporti con l'Urss: d'altra parte la speranza espressa di «risultati rapidi» riguarda specificamente i colloqui sui problemi di frontiera più che il negoziato politico generale sui rapporti tra i due Paesi. Infine i cinesi vorrebbero accordi formalmente ben definiti sulle relazioni commerciali, la cooperazione scientifica e tecnologica. Il fatto più importante è che la Cina, per la prima volta dal 1969, non pone condizioni preliminari all'apertura del colloqui. Non soltanto non si parla dello sgombero delle truppe sovietiche stazionate nella Repubblica popolare della Mongolia, che era stato richiesto da Pechino ancora nella primavera del 1978; ma la Cina non esige neppure il ritiro delle forze sovietiche dalle «zone contestate» lungo la frontiera. E' noto che quest'ultimo punto, regolarmente menzionato finora nelle proposte cinesi, era stato considerato da Mosca come una «condizione preliminare inaccettabile». La nuova nota cinese conferma le indicazioni raccolte da qualche settimana circa un possibile cambiamento di clima nelle relazioni Cina-Urss. Mercoledì il Quotidiano del popolo ha pubblicato un articolo rivelatore d'una sorprendente apertura sulle esperienze degli altri Paesi socialisti. Dopo avere spiegato che la Cina non ha l'esclusiva del socialismo «autentico», l'autore aggiunge: «Ogni Paese, ogni nazione ha caratteristiche proprie, che corrispondono alla sua storia. Tutti i Paesi che legano i principi del marxismo-leninismo alle loro realtà concrete hanno diritto all'esistenza (come Paesi socialisti) purché essi abbiano come obiettivo finale il comunismo. Che elaborino o meno teorie e politiche efficaci (...) non si possono qualificare questi o quei Paesi "socialisti", "revisionisti", "capitalisti" in base a principi astratti.. A Pechino si richiama l'attenzione anche su un altro indice significativo. Una rivista di Hong Kong, Cheng Hing, che abitualmente esprime punti di vista molto vicini alle tesi di Pechino (e che tra l'altro più volte ha dimostrato di essere bene informata) pubblica nel numero di maggio un breve articolo in cui si parla della «possibilità di un cer¬ to disgelo» tra Cina e Unione Sovietica. L'autore dell'articolo sottolinea anch'egli molti segni, che giudica incoraggianti, e osserva che una diminuzione della tensione comporterebbe importanti vantaggi per la Cina, nel momento in cui il Paese cerca di modernizzare la sua economia. Non è questione, aggiunge l'articolista, di rinunciare ai principi per quel che riguarda la Jotta all'..egemonismo. Ma si può utilizzare la •duttilità della diplomazia» per stabilire relazioni «favorevoli agli interessi della Cina e alle quattro modernizzazioni». L'impresa, conclude il periodico Cheng Hing «è difficile, non impossibile». E' troppo presto per tentare discorsi di prospettiva su un eventuale negoziato CinaUrss, ma fin d'ora si può dire che tale negoziato è nettamente un «argomento del giorno». E' noto che recentemente Deng Xiaoping in proposito si è mostrato molto scettico, nel colloquio con una missione militare francese. Ma ora la palla è in campo sovietico, n problema è se, nel momento in cui le relazioni tra Vietnam e Cina volgono al peggio, Mosca giudichi possibile proseguire con Pechino un qualsiasi dialogo. Alain Jacob (Copyright di Le Monde e per l'Italia de La Stampa)

Persone citate: Cheng, Cheng Hing, Deng Xiaoping, Gromyko