Le due strategie dei democristiani di Aldo Rizzo

Le due strategie dei democristiani Le due strategie dei democristiani Inchiesta fra gli europartiti davanti alle elezioni: la de italiana punta sui socialisti, quella tedesca sui conservatori ROMA — Manca ormai meno di un mese all'elezione del primo Parlamento europeo a suffragio diretto, e sarebbe azzardato dire che i temi della costruzione comunitaria siano adeguatamente presenti nel dibattito italiano. Era del resto prevedibile, dopo lo scioglimento anticipato delle Camere e la decisione di far precedere le elezioni europee da quelle nazionali. La crisi interna tende ad assorbire le preoccupazioni e le energie; ed è ovvio. Eppure resta vero che essa ha proprio nel rafforzamento politico dell'Europa comunitaria Uno dei pochi punti di riferimento positivi, se non un'occasione storica per diluirsi e risolversi. Allora, gli europartiti a che punto sono? Cominciamo dalla democrazia cristiana una serie di articoli sui collegamenti europei delle nostre principali forze politiche, sui programmi comuni fra esse e le forze corrispondenti o analoghe degli altri Paesi della Cee, sull'impatto che nonostante tutto ci si aspetta da queste elezioni europee, che seguono di una settimana quelle italiane. Ne scaturiranno indicazioni, prospettive, problemi, che oggi possono sembrare labili, ma che si faranno sempre più concreti nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Parlando della de. siamo abituati da trent'anni a vederla come il partito egemone, in senso relativo, dello schieramento italiano. E' diverso nell'ottica europea. Nel Parlamento uscente (ancora eletto dai vari Parlamenti nazionali) i de europei non sono infatti il primo, ma il secondo gruppo, dopo i socialisti. E a differenza da questi, che hanno grossi partiti in ogni Paese, i democristiani hanno due soli veri punti di forza: l'Italia e la Germania federale. Hanno anche posizioni di spicco in Belgio e in Olanda, ma sono quasi scomparsi in Francia, dopo la parentesi post-bellica del movimento repubblicanopopolare, e sono assenti in Inghilterra. Sono comunque, per il fatto stesso di essere secondi, una forza importante: 53 deputati contro i 66 socialisti. Nel prossimo Parlamento, che non avrà più 198, ma 410 membri, le previsioni sono fra 100 e 108 deputati, compresi quelli che potrà eleggere in Francia il centro democratico-sociale di Lecanuet, che fa lista unica, sul piano nazionale, con i giscardiani, per loro conto aderenti al gruppo europeo liberaldemocratico. La de italiana conta di mandare a Strasburgo 30-32 eletti, sugli 81 che spettano al nostro Paese. Teme un divario rispetto al voto per il Parlamento italiano? No, mi si risponde. Ma non è un no convinto: nell'elezione europea non giocherà la tradizionale «paura del comunismo», quindi è possibile una minore mobilitazione elettorale o una dislocazione diversa di voti che in Italia sono per la de. n nome comune dei partiti democristiani della Cee è partito popolare europeo - federazione dei partiti democratici cristiani della Comunità europea (ma bisogna dire, e questo vale per tutti, non solo per i de, che il termine federazione è improprio: si tratta piuttosto di confederazioni, fra partiti che restano «sovrani» sulle rispettive questioni nazionali). Dicevo che questo raggruppamento de europeo ha i suoi punti di forza nel partito italiano e in quello tedesco, e questo pone un problema di omogeneità politica del ppe, visti i diversi orientamenti, le diverse «linee» di italiani e tedeschi: più a sinistra, grosso modo, i primi, più a destra, grosso modo, i secondi. Questa difformità si è manifestata sulla questione se associare o meno all'eurogruppo de i conservatori inglesi. In senso positivo ha premuto la edu tedesca, incalzata dalla esu bavarese di Strauss; perplessi gli italiani, appoggiati dai belgi. Un com- promesso è stato raggiunto a un certo punto con l'istituzione di un gruppo di lavoro («unione democratica europea») aperto appunto ai «tories», ai conservatori scandinavi e ai popolari austriaci, in un quadro extra-Cee, ma capace d'influenzare anche gli schieramenti dentro la Cee. Però Strauss ha cercato di estendere l'alleanza ai gollisti francesi, e questo ha messo in difficoltà gli stessi conservatori inglesi, mentre si è fatta più acuta la resistenza di italiani e belgi Ora l'ude è praticamente svuotata, non si parla più dei gollisti, mentre per i «tories» si vedrà a Parlamento eletto e con un approccio graduale, sui problemi concreti. Ma resta ancora un problema: quale rapporto con i socialisti, che per i tedeschi sono l'avversario da battere, per riconquistare il cancellierato, mentre per gli italiani sono l'alleato inseguito e corteggiato, per sbloccare 1'«impasse» politica nazionale. E più generalmente: la de italiana, che è quella più fedele all'origine popolare-populista dei movimenti cattolici o cristiani, non finirà per essere sempre più condizionata dai partiti associati, che, quale più e quale meno, sono diventati espressione aperta di interessi moderati e «borghesi»? In altre parole, nell'ottica europea, e via via che le opzioni europee diventeranno concrete e vincolanti, la nostra de non tenderà a diventare, anche per l'Italia, qual polo democratico-conservatore che già ora vorrebbero assegnarle i fautori dell'alternanza al potere? La risposta dei dirigenti de italiani è per escludere questa ipotesi. Dicono che non solo essi non si lasceranno spostare a destra, quando sarà, sul piano italiano, ma che già ora cercheranno di trasferire la1 strategia nazionale del dialogo con i socialisti sul piano europeo, anche per impedire il formarsi di un cartello europeo delle sinistre, comunisti compresi. Dicono che da questo punto di vista possono contare, e sarà vero, sulla comprensione dei democristiani tedeschi. Rivendicano il ruolo svolto nell'elaborazione del programma del partito popolare europeo, in un anno e mezzo di discussioni, e il carattere sostanzialmente progressista di tale programma, specie nella parte economico-sociale. In effetti esso contiene affermazioni tipiche del solidarismo cattolico («un'attiva solidarietà che superi le istanze sia del capitalismo come del collettivismo»). Affermazioni lontane, per esempio, dall'ortodossia liberista di un Erhard, uno dei capi storici della edu, successore di Adenauer. Aldo Rizzo (Continua a pagina 2 in nona colonna)

Persone citate: Adenauer, Lecanuet, Strauss