Carte geografiche e inutili imperi di Carlo Cassola

Carte geografiche e inutili imperi Carte geografiche e inutili imperi Le prime carte geografiche che poterono dare agli europei un'idea delle dimensioni del mondo, risalgono al secolo sedicesimo. Furono compilate cioè dopo le cosiddette scoper'te geografiche. Non che il mondo fosse stato esplorato tutto: restavano vaste zone incognite, come l'Oceania, il centro dell'Africa, le regioni polari. C'era ancora molto da fare per gli esploratori dei secoli successivi. Ma dopo le scoperte geografiche, i principali enigmi erano stati sciolti: si sapeva con certezza che la terra era rotonda, che tra l'Europa e l'Asia si frapponeva un continente, che la vera via marittima delle Indie passava per la punta meridionale dell'Africa.. Le stesse Indie erano state esplorate una dopo l'altra: navigatori e missionari avevano messo piede in Cina, in Giappone e nell'India vera e propria. La conoscenza del mondo può avere due conseguenze antitetiche: può fugare la paura dell'ignoto o accrescerla. Tutte quelle terre sconosciute che si estendono oltre il cantuccio in cui viviamo possono renderci consapevoli della ridicolaggine delle conquiste e degl'imperi. L'impero romano, di cui si parla tanto, lasciò fuori interi continenti. E cosi l'impero dei mongoli. Che si sfasciò subito, come sappiamo dalla storia. Ai nostri giorni, la stessa sorte è toccata agl'imperi coloniali. Oltre alla geografia, anche la storia ci parla della vanità delle conquiste. Purtroppo quelle terre sconosciute possono suscitare anche il sentimento opposto, di sgomento e di freddo al cuore. Naturalmente un sentimento del genere alberga solo nei petti degl'ignoranti, degli sprovveduti, dei semplicioni: ma viene sfruttato cinicamente dai governanti, che pur essendo cosmopoliti e trovandosi quindi bene in ogni dove, non hanno altra mira che quella delle conquiste. Se il primo sentimento avesse prevalso, le guerre sarebbero un ricordo del passato fin dal secolo sedicesimo. Prevalse purtroppo il sentimento infantile che spingeva i governanti, assecondati in un secondo tempo anche dai governati, a giocare alla guerra. La quale non ha mai avuto giustificazione alcuna. Gli storici sono invece pronti a trovarla. Francesco I per esempio condusse quattro inutili guerre contro Carlo V: perse subito il Milanese e non riuscì più a riconquistarlo. A sentire gli storici, invece, sarebbe stato molto peggio se non avesse mosso guerra a Carlo V. Fu sempre sconfitto, è vero, ma per lo meno impedì al suo rivale un dominio anche più incontrastato. A me sembra solo che Francesco I si sia divertito a giocare ai soldatini, come del resto Carlo V. Si trattava, ahimè, di soldati in carne e ossa: quanti di loro furono uccisi o storpiati per via delle guerre tra i due sovrani. Le mi s'amuse è il titolo di un celebre dramma di Victor Hugo, che ha come protagonista proprio Francesco I. Purtroppo non sono stati soltanto i re a divertirsi alle spalle dei sudditi: anche gli attuali governanti, mandati al potere dal voto o comunque da un fatto democratico, ci si divertono moltissimo. Con la seconda metà del secolo sedicesimo si dà alle guerre una giustificazione religiosa: è il cattolicesimo che deve contrastare il protestantesimo, o viceversa. Solo gli eccessi vengono riprovati: come la notte di San Bartolomeo, o il fatto che la guerra dei Trent'Anni abbia spopolato la Germania (siamo già nella prima metà del secolo successivo). Lo stillicidio quotidiano di violenze è invece passato sotto silenzio. Ci vuole un romanziere per raccontare quante sofferenze sia costato un episodio storicamente insignificante come il passaggio di-un esercito per un territorio amico. Tutti ricordano il passaggio dei lanzichenecchi nel territorio di Lecco: forse solo per la frase in cui sembra spirare un soffio epico: «Passano i cavalli di Wallenstein. passano i fanti di Mende, passano i cavalli di Anhalt... ». Nella seconda metà del secolo diciassettesimo, tornano in vigore le mire espansionistiche dei sovrani: i patiti della «ragion di Stato» respirano. Non respirano affatto i popoli, che vedono consumarsi ai loro danni nuovi insensati macelli. Che fossero insensati, lo si capisce anche meglio oggi: non è rimasto niente di quei piani ambiziosi. Cos'è rimasto, tanto per fare un solo esempio, di quello che tramò Luigi XIV? A proposito del quale, gli storici hanno commesso un falso prendendo sul serio la scritta che campeggia sui muri di Versailles: Clausa Gemtanis Gallio. Le molte guerre di Luigi XIV. l'ultima delle quali disastrosamente perduta, avrebbero avuto come scopo di spostare a proprio vantaggio il confine orientale, rendendolo più sicuro. Gli avvenimenti successivi hanno dimostrato che non era affatto più sicuro; in ogni caso gli storici dimenticano le parole di pentimento di Luigi XIV che da vecchio si rammaricava di aver fatto tutte quelle inutili e sanguinose guerre. A partire dalla rivoluzione francese, un sempre maggior numero di governati ha preso gusto al gioco che da sempre diverte i governanti. Evidentemente le carte geografiche non sono state lette per il verso giusto. Carlo Cassola

Persone citate: Carlo V, Francesco I, Luigi Xiv, Victor Hugo, Wallenstein

Luoghi citati: Africa, Asia, Cina, Europa, Germania, Giappone, India, Lecco, Oceania