La lingua il potere e le bugie di Giovanni Arpino

La lingua il potere e le bugie La lingua il potere e le bugie Figure e fatti di Giovanni Arpino Sulla letteratura come -finzione» hanno scritto tutti, prima e dopo Borges. Sulla lingua come -Potere» stanno scrivendo in molti, da Foucault a Barthes che riprende Foucault e naturalmente Eco che riprende Barthes. Chi possiede non solo le parole, ma il cosiddetto -ordine» d'organizzare un discorso, è già colpevole-vittima d'una situazione di -Potere». Potrebbe — è però un ammicchio tra complici — salvarsi tornando o naufragando nella primitiva -finzione» letteraria, die consente di inventare, scardinare, crear cerchi di fumo attorno al -Potere». L'intellettuale, sovente, anche se illustrissimo, scientificamente agguerrito — e Barthes in questo detiene ogni magistero — deve mordersi la coda per nutrirsi. Accade. Più al grammatico che a Catullo, ma accade. Più al filosofo che al poeta Dino Campana, ma capita, e da secoli, ormai. Intorno al potere della parola, di ogni singola parola, vi sono battaglioni di peripatetici che comprendono pensatori greci, rivoluzionari messianici, romanzieri in crisi, filologi dotati (o a caccia) degli ultimi risvolti carismatici ed accademici. Ci si può distaccare con freddezza dalla letteratura e dalla parola cosi come un chirurgo, per operar bene, deve ricoprire con un panno il volto del cliente malato, già reso innocuo dall'anestesia. Si può liberamente accedere agli attici culturali cavalcando l'asino letterario costretto a far da soma controvoglia: ma chi sta in sella si ritiene sia Cesare sia Bruto, sia pensatore sia soggetto creativo. Il trottar stento del somaro non solo non lo disturba, ma lo culla. Bisogna inventar Potere anche dove non c'è. Bisogna trasformare in una parola, -quella» parola, -quella» etichetta, un atto umano qual è la scrittura, antica quanto il mondo. Per fortuna Omero è cieco, o inseguirebbe certi tipi con il bastone. E' molto divertente, però, vedere come questi studiosi percorrono, a piedi o sempre a dorso di quel somaro, il loro sentierino. Roland Barthes, in una sua famosa (per gli addetti ai lavori, certo, ma notevole sempre) -lezione» al Collège de France, non lui esitato a superare' tutta la distanza. Possiamo riassumerla rozzamente cosi: la lingua è connessa col potere, la lingua è dunque il Potere, per cui questa stessa lingua è fascista. Dovendolo commentare, i piccoli discepoli che consumano Barthes come noi tutti respiriamo, sono rimasti stupefatti. Qualcuno ancora geme quasi avesse subito un colpo da kappaò al plesso solare. E naturalmente, versando rivoli di lodi dalle loro cornucopie, sono corsi ai ripari: la lingua fascista? Ma no, questa è geniale «boutade», è una voluta confusione, una meditata provocazione. E hanno aggiunto: se la lingua che è dappertutto è veramente fascista, allora anche il fascismo sarebbe dappertutto, il che non è. Il fine retorico di Barthes è salvo, basta annacquare il vino (che è poi un semplicissimo -Beaujolais», mica di più) e i -maestrini di pensiero» nostrani possono procedere nelle loro verifiche e nelle loro gare semantiche. C'è poco da ridere. Sembrano discorsi assurdi, astuti, coltivati in una sala dove il sesso degli angeli risulta più importante della città in stato d'assedio. Ma no. amici, è tragedia. L'intellettuale che si nasconde, che gioca, che addirittura teorizza sulle -finzioni» ma, una volta codificatele, le concima con ulteriori sofismi, è una gran brutta bestia. Predica il silenzio, riservando la parola a sé solo. Predica la lotta al drago, ma ne esige le spoglie, con le quali si rivestirà. I giochi di parole sono i più disonesti dell'universo. Meglio cedere a un rapinatore che intrufolarsi tra i manipolatori di concetti, tra i monatti del linguaggio inteso quale scienza pura ma pericolosa come l'uranio. L'uomo che dolorosamente racconta di sé e del mondo — non importa che si chiami Dostoevskij o Leopardi — è diventato un pigmeo soggetto a giustizieri della giungla travestiti da Vendicatori Mascherati. Costoro, su piccoli o grandi tesori, dettano le norme del comportamento intellettuale: o obbedisci o sei fuori del gioco, e anziché la pagina ti resterà un muro dove tracciare qualche sgorbio (tenendo presente però che molti muri appartengono linguisticamente ai Vendicatori Mascherati: persino su questi tengono lezione). Suvvia, un sorriso: anche le teste d'uovo possono andare -à la coque».