Bergman a Mosca non approda ancora

Bergman a Mosca non approda ancora Bergman a Mosca non approda ancora dal nostro corrispondente MOSCA — Sugli schermi cinematografici di Mosca non sono più gli Anni Venti, ma non sono ancora neppure quelli Settanta: nel senso che Eisenstein, Pudovkin. Dol'scenko sembrano irrimediabilmente scomparsi, e con essi, la loro eredità: mentre Bergman. Losey, Altman non vi sono mai arrivati. E'quindi in una sorta di limbo di celluloide che, stretti alle macchine da presa, si muovono i Meta, i Michalkov. i Ciukraj. Nè molto dwersa, di conseguenza, può essere la condizione dello spettatore, costretto perennemente a scrutare oltre il telone nel tentativo di non perdere del tutto di vista l'eventuale intenzione inespressa ma essenziale del regista. Un buon esempio, in proposito, è l'ultimo film di I. Averbach. Si intitola Dichiarazione d'amore ed è la storia di un amore non corrisposto e tuttavia vissuto tra un giovane scrittore di cristallina purezza e un'attraente vedova di un commissario bolscevico. Ma poiché il protagonista è anche di dichiarati sentimenti anarchici e la donna è il suo unico tramite con il neonato potere sovietico, rappresentato nell'ambiente del giornalismo, è anche possibile che quest'amore drammaticamente difficile alluda a quello dell'intellettuale con la rivoluzione. Sebbene incerta, l'allusione è comunque ardita, e a dir poco inconsueti per il cinema sovietico di questi anni sono molti riferimenti e spunti della pellicola di Averbach. Sempre die si tenga in conto l'av¬ viso di leggere tra le righe. I personaggi principali: lei, Zinochka, con il volto affascinante della polacca Eva Shikulska, è emancipata, carnale, indocile, domina gli uomini e le scene; lui. Yuri Bogatiriov. porta nel film un nome emblematico. Filippok, che è quello del bambino protagonista di una famosa favola russa, e richiama più ai romantici idealisti del Neiv Deal di Frank Capra che ai super-eroi di certo comunismo cinematografico. Il massimo dell'audacia Averbach lo tocca quando mostra i tetri sotterranei della Lubjanka. la sede centrale della polizia politica. Un luogo in genere considerato tabù. Filippok vi è trascinato ignaro, come sempre. E si ritrova circondato dalla più colorita ed eterogenea umanità, detenuti comuni e politici, codardi e spavaldi, tutti ammucchiati uno sull'altro. Un marinaio barbuto, forse uno di Kronstadt. lo mette al corrente: «...Ecco, di qui esci al buio, vai diritto, poi ti guidano a destra e appena dopo la svolta una luce abbagliante ti stordisce...» E allora? domanda Filippok. «...Allora, ta- ta-tatata...». sillaba il marinaio. Filippok. invece, se la cava (e con lui il regista). L'ufficiale della «Ceka», emulo di Jean Gabin in giubbotto di cuoio nero, lo interroga: «...Così, tu sei anarchico... e quanti siete, come siete organizzati?». Filippok è troppo sprovveduto perché il poliziotto non gli creda, quando risponde die è anardiico, ma non è un terrorista ed è solo. Può quindi correre da Zinochka. \, z.

Persone citate: Altman, Bergman, Frank Capra, Jean Gabin, Losey, Michalkov, Yuri Bogatiriov

Luoghi citati: Mosca