Alla nuova eroina vanno gli spaventi di Lietta Tornabuoni

Alla nuova eroina vanno gli spaventi CAMBIA LA NARRATIVA SULLE DONNE Alla nuova eroina vanno gli spaventi Una nuova eroina dello spavento quotidiano emerge da quattro romanzi appena pubblicati: così diversa dalla protagonista in progresso, ribelle e dinamica, di dieci anni di narrativa sulle donne Regina degli Errori, diarista della regressione, accigliato Angelo della Solitudine, avventuriera della quieta e normale follia, la nuova eroina viene descritta con nuovo romanticismo inerte, assorta in certe ore fatate o stregate. «Nella notte, la donna era al tavolino: piangeva senza suono, sena molo": «Si limitò a starsene distesa sul letto della figlia, a fissare i neri occhietti a spillo della bambola di pezza di lei": «Terribile coazione a non fare, a rinunziare, a rinchiudersi... Per lo più me ne stavo rinserrata in casa": «La differenza tra sogno e realtà è l'inferno... non è più sicuro, perfino più saggio, credere che la vita non abbia alcun significato?": «Al crepuscolo la donna, senz'avere acceso la luce, era davanti al televisore che aveva un canale ausiliare per osservare il campo giochi del quartiere. Guardava il muto riquadro bianco e nero dove suo figlio stava facendo l'equilibrista su un tronco d'albero... Gli occhi della donna luccicavano di lacrime". Quattro romanzi belli sono già un miracolo, in una produzione pletorica come in ogni periodo decadente: ma è ancora più singolare che un tedesco trentenne, un'italiana cinquantenne e due americane quarantenni abbiano creato contemporaneamente un tipo di donna nuovo e simile. Se anche lo stile distaccato e sospeso, fatto di spezzature e frasi brevi, è abbastanza comune ai quattro autori, le storie sono naturalmente differenti. La donna mancina di Peter Handke (Garzanti) racconta d'una giovane moglie tedesca che nel momento di pienezza più felice decide d'allontanare da sé il marito amato e amante per tentare la solitudine. Una visita di primavera di Rosa Rossi (Editori Riuniti) è il primo romanzo nato dal caso Moro, che dell'avvenimento rispecchia gli effetti profondi sull'individuo spettatore. La protagonista, una intellettuale italiana abitante nel quartiere di Monte Mario a Roma, scenario del rapimento e delle uccisioni frastornato dalle sirene e dagli elicotteri «uccelli da preda a caccia di nulla", per cinquantacinque giorni vive stretta da un doppio assedio: il dramma esterno, e la domestica presenza provvisoria della suocera, «una donna che della sopraffazione usata contro di lei aveva fatto una legge da trasmettere e imporre". Il risultato è una regressione privata parallela alla regressione politica Diglielo da parte mia di Joan Didion (Bompiani) è la storia della ricerca e dell'attesa in un Paese sudamericano, da parte d'una madre americana ricca, della figlia diciottenne terrorista, dinamitarda e dirottatrice d'aerei: la conclusione è la morte. Diario di Edith di Patrica Highsmith (Bompiani) racconta splendidamente d'una radicai americana, lasciata dal marito sola a occuparsi d'un figlio criminaloide e d'un vecchissimo prozio ammalato, che tenta d'inventarsi una serena e conformista vita qualunque scrivendone il diario immaginario, e confondendo poi le sue fantasie consolatorie con la realtà sino a quella che gli altri chiamano follia. Le quattro protagoniste, con o senza nome, con personalità e vicende diverse, si sovrappongono e assomigliano nella regressione, nella solitudine e nella perdita d'identità, dati d'una condizione esistenziale contemporanea non soltanto femminile. Per loro la casa non è più il luogo coatto d'una prigionia respinta dall'ideologia femminista: come per gli uomini, diventa la tana, il rifugio dal torbido disordine e dal marasma del mondo, il riparo della mutilata vita invivibile: «Me ne starò chiusa in casa e non sopri) dove sbattere la testa". La loro solitudine può essere angosciosa («La domenica incombeva come qualcosa di orribile, di concreto, una cosa compatta e vuota come un cubo, qualcosa di solido»), può essere sentita come una propria malattia («Non pensava che qualcun altro fosse afflitto da quello che lei definiva "isolamento"»). Può venir intesa come una scelta di coraggio («Al momento non voglio nessuno. In compagnia tutto diventa così innocuo»). Ma non è più la quotidiana condanna femminile: come per gli uomini, è la più gelida e repellente delle sofferenze, quella dell'inesistenza. La perdita di identità, nello stordimento del dramma terrorista, del Demerol o dell'assassinio, pare irrimediabile: «Lentamente fui come invischiata e attirala nella sfera di "lei"»: «Riempiva intere giornate con i soliti gestì, non sapeva perché facesse o non facesse una cosa qualsiasi": «Sognava la propria vita, una vita sott'acqua": «Ricordati della moglie di Lot. non voltarti mai indietro": «Sto scivolando a destra, sto diventando una sporca fascista". Ma non è più la mancanza femminile d'identità («Tu non hai una vita, hai uno "stile" di vita»): come per gli uomini, è lo smarrimento di sé. di chi un'identità la possiede, e rischia di perderla in «una rilassatezza ai limiti del tracollo» di fronte alle pressioni esterne, in una rinuncia che è denuncia d'inutilità. Niente a che vedere, dunque, con le protagoniste romanzesche di questi Anni Settanta del movimento delle donne, vittime o conquistatrici. affamate d'esperienze e d'autoaffermazione, rivoltose all'attacco della società, in cerca della liberazione di sé e della sconfitta maschile, anticonformiste, ipersessuate. curiose, manichee, volontariste. ricche d'illimitata combattività e speranza, esemplari personaggi positivi di un'altra cultura. La nuova eroina è più realistica, conosce lo sgomento, avverte il sentimento di fine del mondo che la circonda. E' la protagonista dello spavento quotidiano connesso alla violenza che subiamo; e anche, scrive Anna Maria Carpi, dello' «spavento per una banca che non è stata ancora rapinata, per un pallone che non scoppia, per una parola che non offende, per il "funzionare" delle cose, inaudita procrastinazione della violenta". Non eroina del riflusso, magari. Magari, eroina che il neoesistenzialismo contemporaneo racconta pari e uguale agli uomini nella comune alienazione e paura, che il neoromanticismo rappresenta come un simbolo delle donne e della confusa desolazione di adesso. Lietta Tornabuoni

Persone citate: Anna Maria Carpi, Garzanti, Joan Didion, Peter Handke, Rosa Rossi

Luoghi citati: Roma