Chi toglie il trono al cancelliere? di Tito Sansa

Chi toglie il trono al cancelliere? SOGNA UN «RILANCIO» L'AUSTRIA, CHE DOMENICA VA ALLE URNE Chi toglie il trono al cancelliere? L'uomo da battere è il socialista Bruno Kreisky, che da quasi dieci anni domina la scena politica e gode di prestigio internazionale-Ma gli stessi oppositori ammettono che «gli austriaci stanno bene», che le riforme sono state efficaci - Il Paese neutrale si rinnova, aspira a essere punto d'incontro tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud - Una piccola New York a Vienna DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VIENNA — «Tutti, come sempre?», mi domanda la donnina che alla sera vende i giornali del giorno dopo all'angolo del «Sacher» sulla Kaerntnerstrasse. e mi dà il -solito» pacco completo. Sono più di dieci anni che non mi vede, ma per la giornalaio, diventata più piccola e vecchia, è come se il tempo si fosse fermato. E non solo per lei. Il portiere del «Sacher» vende come sempre a prezzi esorbitanti a tedeschi, giapponesi e americani i biglietti «introvabili» per la vicina Opera di Stato, il traffico si ferma sempre quando i bianchi cavalli lipizzani vanno dalle loro imperiali stalle al maneggio, le commesse della pasticceria «Demel» sono sempre vestite di nero e bruttine (se qualche cliente dovesse trovarle attraenti verrebbero licenziate), gli affitti sono sempre bloccati, c'è chi paga meno di 10 mila lire al mese, e di conseguenza migliaia di ascensori sono fermi da decenni. Giovani fioraie appassite offrono i loro mazzetti nei ristoranti, dagli stands dei tabaccai il «Kaiser» Francesco Giuseppe guarda sempre torvo dalle cartoline e i molti popoli del suo impero cantano sempre in molte lingue (tedesco, ungherese, ceco, serbo, croato, polacco, italiano) la sua gloria: «Serbi Dio l'austriaco regno, guardi il nostro imperator. / Nella fé che gli è sostegno, regga noi con. saggio amor./ Difendiamo il serto ambito, che gli adorna il regio crin./ Sempre d'Austria il soglio unito, sia d'Absburgo col destin» inneggiano gli italiani su una cartolina edita, guarda caso, a Bolzano. Sul Danubio Eppure dietro questa facciata dell'immobilismo, l'Austria e Vienna sono cambiate. Dalla Kaerntnerstrasse e dal Graben sono sparite le automobili, sotto il duomo di Santo Stefano corre la metropolitana, alle famose aste del «Dorotheum» i mobili d'arte offerti dai nobili spiantati sono sempre più rari, all'aeroporto di Schieechat, toccato dalle compagnie dell'Occidente e dell'Europa orientale, gli austriaci che partono per mete lontane sono migliaia ogni giorno. Le autostrade ìianno un traffico vivace, di vacanzieri e di autocarri «Tir» provenienti dai quattro punti cardinali. Agli ormeggi sul Danubio, oltre alle navi della «Donaudampfschiffahrtsgesellscha- ' ft», che proprio inquestigiorni ha festeggiato i suoi 150 anni, sono allineate flotte fluviali sovietiche e di tutti i Paesi rivieraschi. Agli immigrati cechi, polacchi, ungheresi si sono sostituiti lavoratori turchi e jugoslavi, e studenti di colore del terzo mondo. La città è sede di istituzioni internazionali, ai suoi margini sta sorgendo il colossale complesso della « Uno-city» (700 milioni di dollari, completamente pagati dal contribuente austriaco), che dovrebbe fare dì Vienna una piccola Neio York e alleggerire Ginevra. Dietro la facciata dell'immobilismo, Vienna è mutata e sta cambiando, di giorno in giorno. Lentamente, come si conviene a città di tradizioni mondiali, ridotta a essere capitale macrocefala di un Paese di soli sette milioni di abitanti, dopo avere deciso per secoli i destini mitteleuropei. Sono mutate le dimensioni, i confini sono ristretti, a soli venti minuti d'automobile c'è la «cortina di ferro» conl'Armata Rossa sovietica, ma non sono cambiati i ritmi. A Vienna non c'è fretta, il viennese tipico, impersonato da Helmut Qualtinger nel suo monologo dello Herr 'Karl, furbesco, voltagabbana e opportunista, vuole godere la vita, che significa mangiare e bere bene, automobile e vacanza. E soprattutto dice: «l wue ma rua ham», voglio avere la mia tranquillità. Ce l'ha. A malincuore, a pochi giorni dalle elezioni politiche del 6 maggio, anche gli oppositori del partito popolare (democristiano conservatore, anche se non nel nome) devono ammettere che «gli austriaci stanno bene» e anche i coìnunisti confessano che «le riforme hanno migliorato di molto le condizioni di vita». A denti stretti gli avversari che vogliono far scendere dal suo trono di cancelliere il socialista Bruno Kreisky che da quasi dieci anni domina come un sovrano la scena politica austriaca (e gode di un prestigio internazionale di gran lunga superiore al peso politico del suo Paese), a denti stretti dicono che «si, agli austriaci va bene, ma...». E i «ma» sono, il debito pubblico, le forti tasse, il passivo della bilancia commerciale. il «troppo Stato», il poco rispetto per la famiglia, l'abbandono dei giovani, che ha portato all'indifferenza di questi ultimi. E soprattutto l'assolutismo, orgoglio personale di Bruno Kreisky, accentratore. non solo cancelliere, ma anche ministro degli Esteri e portavoce di se stesso. Gli argomenti della propaganda elettorale per spodestare Bruno Kreisky sono invero pochi e di scarsa presa sull'opinione pubblica. Lo hanno già dimostrato le elezioni politiche di quattro anni fa, le quali (caso unico nella storia delle democrazie occidentali) hanno dato esattamente i medesimi risultati di quelle precedenti: maggioranza assoluta, 93 seggi nel Parlamento di Vienna ai socialisti, 80 al partito popolare. 10 ai liberali (più di nome che di fatto, tinti come sono di nostalgie nazionalistiche e anche un po' pantedesche). Domando agli uomini politici austriaci qual è l'umore dell'elettorato. Buono, di fi¬ ducia, dicono ovviamente i j socialisti i cui fedeli vogliono «conservare», «è ora di cambiare» dicono i popolari e i cosiddetti liberali, «bisogna rinnovare». «Lasciamo che gridino», dice il «delfino» di Kreisky. il giovane vicecancelliere e ministro delle Finanze Hannes Androsch: «I lupi ululano e la carovana passa». E sciorina cifre: il salario medio dell'austriaco è di 11 mila scellini (660 mila lire mensili), con aumenti medi annui vicini al 5 per cento e un tasso di inflazione ridotto al 3,6 per cento, 400 mila nuovi posti di lavoro. Senza scioperi E a scioperi come stiamo? «Siamo secondi al mondo, dopo la Svizzera», dice Anton Benya, un ex elettricista che è presidente del Parlamento e della potente Lega dei sindacati. La statistica dice che nell'anno 1977 il numero totale degli scioperanti (suquasi 2 milioni di lavoratori) fu di 43 unità. Si astennero dal lavoro per due ore. sicché la statistica delle ore di sciopero dice che esse furono 86. e che «i secondi di sciopero di ogni lavoratore dipendente» furono 0.11: un'altra statistica afferma tuttavia che i secondi di lavoro andati perduti furono 0,12. E su questa differenza di un centesimo di secondo si apre una disputa. Tipica di Vienna, come la lite, durata due lustri, se la marmellata di albicocche nella torta Sa- cher dovesse trovarsi nel mezzo della soffice pasta o sotto la crosta di cioccolata. «Tu Austria felix nube», si diceva un tempo quando Vienna faceva una saggia politica di alleanze mediante matrimoni tra casate reali. Oggi non c'è l'impero, le migliaia di nobili decaduti lavorano come gli altri e non hanno neppure il diritto di far precedere i loro prestigiosi nomi dal «von», al governo siede un socialista (un «sozi» dicono i conservatori con tono di spregio). Ma l'Austria è sempre «felix». Una dimostrazione «selvaggia» di ben sette — ripeto, sette — autocarri sotto il palazzo della Cancelleria di Bruno Kreisky per protestare contro l'esosa tassa di circolazione degli automezzi pesanti è un avvenimento che domina sulle prime pagine dei giornali: la rivelazione che un candidato popolare tirolese ha corteggiato una quindicenne è un «fatto inaudito», pure da primapagina. Altre dimensioni, dicevo. Un'atmosfera un po' provinciale, fitta di ricordi, ma non Idi nostalgie, bensì di rilancio. L'Austria neutrale aspira a ,essere ponte, punto d'incontro tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud. All'ombra, un po' nella scia congiunturale della «grande sorella», la Germania, il benessere è diffuso, gli argomenti degli oppositori per rovesciare Bruno Kreisky non sono certo tali da emozionare e mobilitare le masse. «Perché cambiare?». si domandano molti, visto che non gli è mai andata cosi bene. Già. perché cambiare? «Iwue ma rua ham». Tito Sansa Vienna. Il socialista Bruno Kreisky, cancelliere e ministro degli Esteri, durante un comizio. La propaganda elettorale avversa lo dipinge come accentratore, assolutista, orgoglioso