La terra è in amore al canto del cuculo

La terra è in amore al canto del cuculo SEGNALI DI PRIMAVERA La terra è in amore al canto del cuculo Finalmente si può lavorare con la finestra aperta: dal 21 settembre al 18 aprile questo da noi non era possibile, ed anche stando al tavolo tra carte e libri finalmente si può annusare l'odore della terra in amore e del letame sui prati. Solo che ora rimango incerto tra il lavoro qui nella mia stanza del sottotetto e quello che mi aspetta fuori. Comunicare con i miei lettori o ripulire attorno alla casa le scorie dell'inverno e bruciarle nel debbio? Dicono i meteorologi che questa primavera è pazza (e perché allora non approfittare di questa giornata di sole?), che sempre meno distinguibili saranno tra di loro le stagioni, e che la temperatura media stagionale ogni anno si abbassa di qualche decimo di grado. Forse tutto questo è vero perché ricordo di quand'ero ragazzo che due macchie di neve ai fianchi di una nostra montagna a settembre non si notavano più e ora. invece, queste due macchie non solo resistono tutto l'anno ma lentamente aumentano nel trascorrere del tempo. Ma è pure certo che uccelli che qui in passato non svernavano ora si fermano; credo, però, che questo fenomeno sia dovuto all'inquinamento della pianura. * * Ecco, forse le precipitazioni nevose di primavera sono aumentate, e il sole dopo il 21 giugno, quando cessa di alzarsi e le giornate si accorciano, non arriva a sciogliere la neve negli angoli in ombra. Così la stagione dello sci dura più a lungo e sempre più numerosi sono quelli che praticano lo sci alpinistico e il fondo; i più belli tra tutti gli sport. Ma intanto di rondini ne sono arrivate ben poche, le avevo viste un mese fa volare attorno al Castello di Gorizia e qualcuna qui; e io le aspettavo come indicazione per esporre all'aperto i vasi della salvia, del rosmarino e della menta. La neve della rondine è venuta puntuale, questa sì. secondo l'antico nostro detto: a marzo la neve della rondine, ad aprile la neve del cuculo, a maggio la neve della quaglia. Insomma la primavera rimane sempre volubile, come la vuole la tradizione popolare. Ma per il giorno di San Marco, il 25 aprile, state pure certissimi, che i rondoni non mancheranno all'appello. Il 23 o il 24 invaeranno una pattuglia in esplorazione per vedere se tutto è in ordine: verranno in tre. voleranno attorno al campanile e sopra il tetto della casa coi coppi, quella che la guerra aveva risparmiato, e la sera stessa daranno di volta verso la pianura dove ci sono castelli e mura antiche e dove gli altri loro compagni li aspetteranno II 25 rimpatrieranno qui dove sono nati: quei tre e un grosso distaccamento, e nell'ora de! crepuscolo faranno instancabili il loro velocissimo gioco: se la pressione atmosferica sarà bassa sfiorando i tetti delle case, se invece sarà alta sopra il campanile e la cupola, nel cielo fondo Giocano così i rondoni: un gruppo insegue un altro e quando un rondone del gruppo inseguito, staccandosi e virando, riesce a tagliare lo spazio tra i due gruppi le parti si invertono: gli inseguitori diventano inseguiti Da ragazzo stavo su un tetto ad osservarli e poi simile gioco lo facevamo anche noi sulla strada (come sarebbe stato bello farlo in cielo) e si chiamava taglia! Ma la mattina del 25 aprile, sempre, sopra il trillo dell'allodola e sopra il flauto del tordo si sentirà il richiamo che sveglierà definitivamente il bosco: il verso del cuculo. E anche i caprioli, al pascolo dietro la contrada, si rallegreranno * * Nell'aprile del 1945 ero in un lager e dai boschi di Graz avevo sentito il cuculo; poi tra le macerie di un bombardamento un vecchio vestito da cacciatore mi aveva sussurrato: — Non aspettare nessuno. mein liebcr Freund. Vai a casa, scappa! Anche per questo ogni anno desidero il canto del cuculo: che avrà pure rallegrato in quello stesso giorno gli amici della contrada e di scuola diventati partigiani che dentro il Bosconero aspettavano il segnale Insomma i rondoni per la mia felice infanzia, e il cuculo per il giorno della speranza sono i segnali di sempre per ogni primavera Infine se non abbiamo speranza a che vale vivere? Così. oggi, che l'aria finalmente si è fatta mite e la luna è buona, ho messo nella terra in amore i primi semi per le verdure e all'aperto i vasi dei gerani. Nell'ora più calda ho anche visitato discretamente le case delle api. Avevo levato i ripari di tavole e paglia già da tre settimane, quando avevo sentito che nel bosco dietro casa erano arrivati i tordi, e visto che tra la neve che scioglieva incominciavano a fiorire le eriche. Ma dentro alle arnie avevo dato un'occhiata fuggevole (per non raffreddarle) al fine di accertarmi di quanta scorta di miele avessero ancora in serbo nel caso di una brutta primavera. Oggi erano tranquille e operose. Le regine solerti e seguite da un gruppetto di ancelle che cercavano di nasconderle alla mia osservazione deponevano le uova nelle celle ripulite; altre uova erano in via di sviluppo e sui favi più centrali e più caldi le larve stavano trasformandosi in ninfe e in api. Le covate erano tutte femminili, ben distribuite, e non c'erano ancora celle con fuchi. Non c'erano nemmeno insetti parassiti, mentre bene asciutti apparivano i pavimenti delle arnie; rimasugli di cera e frammenti di opercoli erano stati accumulati negli angoli a Sud-Ovest: il primo giorno di caldo farò pulizia. Insomma tutto questo voleva dire che nell'inverno erano state bene protette, e che se anche era stato duro e lungo l'avevano superato bene. Ora che amenti di salicone. di betulla e di nocciolo sono abbondanti produttori di polline e le eriche di nettare, non ci sono problemi; il biancore sul rinverdire dei prati non è dato dalla neve ma dalla fioritura dei crochi Sui favi le scorte di polline e di miele novello si vanno così accumulando per le prossime e inevitabili giornate di pioggia; e intanto le arnie si ripopole■ranno perché le feconde regine faranno crescere velocemente la famiglia: così alla fioritura del tarassaco. quando il giallo sarà per settimane il colore predominante su tutti i prati e seguirà sui dossi l'esposizione solare, abbondantissima diverrà la produzione del miele: un miele di sapore asprigno, giallino. che con il tempo solidificherà e che a tutti non è gradito ma che noi in casa e alcuni amici usiamo come medicina ai malanni invernali. Così in quest'angolo è arrivata la primavera, e parafrasando Anna Achmatova mi viene da dire: // puro vento dondola gli abeti, la pura neve copre le montagne, più non sento il freddo dell'inverno si risveglia la mia terra. Mario Rigoni Stern

Persone citate: Anna Achmatova, Freund, Mario Rigoni Stern

Luoghi citati: Bosconero, Gorizia