Quella Repubblica romana che fu nonna della nostra

Quella Repubblica romana che fu nonna della nostra UN AVVENIMENTO, 130 ANNI FA E OGGI Quella Repubblica romana che fu nonna della nostra 15 febbraio 1979 Sala della Protomoteca in Campidoglio Si celebrano i centotrenta anni della Repubblica Romana una data appannata nella memoria della maggioranza degli italiani. E' un'iniziativa del sindaco Argan. che come torinese conserva il culto delle memorie risorgimentali Pertini ha assicurato il suo intervento: credo per la prima volta nella storia degli ultimi decenni (che hanno registrato tante ingiustificate assenze o distrazioni). Giunge anche La Malfa l'incontro col Presidente della Repubblica è cordialissimo, reso più affettuoso dalla comune, vigorosa replica alle accuse di «vecchiezza» che sono risuonate in questi giorni da taluni settori dello schieramento politico (solo una settimana più tardi, il presidente del pri riceverà dal Capo dello Stato l'incarico di formare il governo, quel governo a presidenza laica, cui le sinistre non assicureranno nessun serio appoggio, lasciandosi sfuggire un'occasione unica e irripetibile). Quella ricorrenza singolare si presta a più di una riflessione, relativa alla storia della nostra Repubblica prima ancora che alle vicende gloriose di quella prima, remota Repubblica, quasi nonna della nostra La memoria risale a trent'anni fa. al 9 febbraio 1949 II primo centenario della Repubblica Romana di Mazzini coincise con un momento complesso e difficile della vita italiana Diversi gli schieramenti politici rispetto a quelli di oggi; molto più profonde le antitesi, le lacerazioni ideologiche, le conseguenze della guerra fredda che dagli obbligati allineamenti internazionali era penetrata nelle coscienze La valutazione del Risorgimento incandescente e non poche volte strumentale, il volto di Garibaldi — il condottiero della Repubblica Romana — usato come insegna di determinate battaglie politiche che tendevano a contrapporre l'intero fronte della sinistra a un'allcinza di centro che pur comprendeva nel suo seno i partiti eredi diretti della tradizione mazziniana non meno che cavouriana Abbastanza lontana, l'immagine della Repubblica del '49. dalle nuove generazioni. Un Risorgimento essenzialmente sabaudistico e territoriale insegnato fino a pochi anni prima nelle scuole, condizionate dalle cadenze della retorica fascista; la cimosa dell'enfasi che cancellava tutto, che sfumava contrasti radicali, che attenuava antitesi rifermentanti ancora nella realtà di un secolo dopo Avviata solo da pochi anni, ma ancora bloccata da pregiudiziali ideologiche di sponde opposte, l'opera coraggiosa e dissacrante di revisione storiografica che aveva trovato, nell'estremo autunno del sistema totalitario già avviato alla sconfitta, la sua testimonianza più incisiva nelle pagine di Salvatorelli su «Pensiero e azione del Risorgimento», le prime in cui la Repubblica Romana era ricollocata nella sua prospettiva non solo italiana ma europea La bibliografia su quel capitolo di storia mazziniana era scarsa o svogliata. Per anni il culto del 9 febbraio era stato serbato dalle falangi repubblicane, nei quartieri popolari di Roma o della Romagna, come un rito laico che riusciva a celebrarsi nascostamente rispetto alle interdizioni o alle deformazioni fasciste L'eco del primo centenario nella Camera italiana non poteva non risentire delle incertezze storiografiche non meno che delle passioni politiche Una seduta, appunto il 9 febbraio del 1949. né particolarmente solenne né particolarmente ordinata Dopo un discorso scabro, essenziale, del rappresentante del pri Amadeo. un tentativo di speculazione monarchica ma in chiave risorgimentale e anticlericale, da parte dell'on Leone-Marchesa no. Ma non solo dalle sponde, sparute e sconfitte, dell'estrema destra, sorse la contestazione di quell'ideale Repubblica che il rappresentante del pri aveva riproposto come esempio di suprema moderazione, non mancando di ricordare l'intervento del triumviro per rimuovere dalle barricate, e restituire al culto, t confessionali gettati nel vivo della lotta Anche dall'estrema sinistra si mosse un'attacco al¬ l'impostazione — diciamo «centrista» di quel centenario, che fu composta e misurata, come si conveniva all'altezza dell'uomo, nell'intervento di Concetto Marchesi e assunse toni di meno composto e più sferzante giacobinismo nelle parole del socialista Malagugini Lo studioso di Tacito, che - militante nel pei — non aveva votato l'articolo 7 sull'inserzione dei Patti Lateranensi nella Costituzione repubblicana ritrovò gli accenti più alti di un'oratoria sempre incisiva e diretta, mai enfatica o deviarne: «Non ju lunga la vita della Repubblica Romana - disse Concetto Marchesi —, ma la sua fine, così colma di eroismo, contiene in sé i germi vitali dei grandi avvenimenti che furono dopo: la caduta del principato civile del Pontefice e il governo del popolo". Diverso il tono del socialista Malagugini: scontento dell'intervento troppo parco e a suo giudizio evasivo del repubblicano Amadeo. il rappresentante del psi non mancò di ripercorrere le tappe fondamentali della storia della Repubblica, soprattutto nel rapporto col papato temporale, e il suo discorso animoso e infiammato com'era nella natura dell'uomo, fu punteggiato da una serie di interruzioni e di battibecchi col ministro della Difesa del governo De Gasperi che sedeva al banco del governo, il repubblicano Pacciardi. reduce dalla cerimonia del Vittoriano, cui il deputato socialista attribuiva un gelo di ufficialità disarmante. «Voi avete consegnato la Repubblica a! Papa.'" così risuonarono alcune delle più veementi interruzioni, tutte ritmate dal clima della lotta fra clericalismo e anticlericalismo ancora fortissima e invano smorzate da un intervento estremamente civile, quasi superpartes. del cattolico antifascista Igino Giordani, che aveva finito il suo discorso inneggiando a Mazzini, contrapposto a Prudhon proprio sul piano della valutazione della religione e del papato Quella rievocazione parlamentare, non priva di punte settarie o limitative, avrebbe finito per sfociare in una nuova conferma del dilaceramento in atto nel Paese - ripetiamo siamo nel febbraio 1949 — se al termine dell'intervento del presidente dell'assemblea non avesse chiesto di parlare, dai banchi del partito repubblicano, un deputato che proveniva dall'esperienza del partito d'azione e di democrazia repubblicana, cioè Ugo La Malfa: «£' con grande rincrescimento che noi re¬ pubblicani abbiamo assistito allo svilupparsi di una polemica su un grande fatto che è all'origine stessa della nostra formazione nazionale. Ma io credo — incalzava La Malfa - che questo stalo d'animo sia del lutto superficiale e al fondo vi sia la coscienza che la Repubblica Romana del \S4'J appartiene a noi tutti, lo non so che cosa ci riserva l'avvenire: io so che cosa è slato il nostro passato nel creare la Repubblica Italiana. E alzandomi iti piedi e pregando i colleghi di alzarsi in piedi, io grido alla grandezza della Repubblica Italiana". Fu un momento altissimo, come può ricordarlo chi. giovanissimo, da poco laureato. 10 visse dalle tribune della stampa II presidente della Camera, i membri del governo e i deputati si levarono in piedi: gli applausi alla Repubblica Romana del '49 sanarono in un attimo tutte le deformazioni o limitazioni che da una parte e dall'altra avevano rischiato di snaturare la celebrazione parlamentare É di un evento che - e fu ricordato troppo poco a Montecitorio — coincideva anche col centenario della prima organica e democratica costituzione repubblicana del popolo italiano, quella promulgata dalla loggia del Campidoglio 11 3 luglio 1849 quando già le truppe francesi alleate della restaurazione papale penetravano nella via. del corso e Mazzini, ormai dimissionario da triumviro, riparava in case complici e amiche. Fu. ripeto, un momento altissimo: quasi prefigurazione di quella linea dell'emergenza che trent'anni dopo doveva condurre La Malfa, a un anno di distanza dalla tragedia Moro..-.ad immolare tutte le sue forze nella dedizione generosa alla causa di un'Italia invano sognata e mai raggiunta: «L'altra Italia". A proposito di «altra Italia». Dieci giorni dopo quel 9 febbraio, esattamente il 19 febbraio 1949. nasceva a Roma il Mondo di Mario Pannunzio. Come superstite di quella esperienza, ricordo l'alone di rispetto che circondava, per quel gruppo singolare e inimitabile, le memorie della Repubblica del '49 Mario Pannunzio non proveniva dalla scuola mazziniana e teneva il ritratto di Cavour bene in vista dietro la scrivania di via Campo Marzio, ma era devoto come pochi alla tradizione democratica risorgimentale e sapeva, come Luigi Salvatorelli, che solo il binomio CavourManzini aveva consentito di realizzare l'Unità d'Italia nella libertà Come tutto sembra lontano, trent'anni dopo! Giovanni Spadolini

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