I boia sono ancora nascosti tra noi di Carlo Moriondo

I boia sono ancora nascosti tra noi I boia sono ancora nascosti tra noi / delitti commessi dai nazisti non cadono in prescrizione. La giustizia deve raggiungere le belve che massacrarono e distrussero, inondando l'Europa di lacrime e di sangue... «Non bisogna dimenticare», è questo il precetto che si fa strada in questi giorni in Germania. Ma occorre domandarsi: quale effetto pratico potranno avere le ricerche dei criminali? Dove sono finiti, quanti sono? E soprattutto: chi sono? A più di trentanni dalla fine della guerra, gli interrogativi corrono il pericolo di non trovare risposta. I massimi responsabili (da Hitler a Himmler a Seyss-Inquart) sono morti, per suicidio o giustiziati dagli alleati a Norimberga. Gli esecutori maggiori, come Eichmann, capo dell'i Ufficio emigrazione degli ebrei», e Hoess, comandante del campo di Auschwitz, sono stati catturati dagli alleati o, come Eichmann, dal commando israeliano inviato clandestinamente in Argentina, e giustiziati. Di un terzo gruppo fanno parte gli «aguzzini», i massacratori e le massacratrici di Dachau e di Buchenivald, come lise Koch e Warner Best. Il quarto gruppo comprende i responsabili di esperimenti scientifici o pseudoscientifici, i medici, i chimici, i biologi che uccidevano con la decompressione, come Rascher, che cosi intendeva studiare il compor-. tomento dei piloti di aerei ad alta quota, o Gelhart, che uccideva con gas cancerosi. E gli altri? Troppi delitti restano impuniti se si pensa che, secondo lo storico tedesco Eugen Kogon, su 7 milioni 800 mila internati ne morirono 7 milioni e 100 mila. Nella sola Auschwitz lavorarono almeno seimila SS: soltanto di seicento si conosce il nome: le belve non avevano la cortese abitudine di presentarsi alle loro vittime. Un terzo degli individui noti è stato consegnato alle autorità polacche. Per i restanti, di circa la metà Simon Wiesenthal possiede nomi ed indi-. rizzi, procacciati in mille modi diversi. Per esempio nel 1961 un tedesco gli offri un registro che conteneva i nomi di 15 mila SS con l'indicazione dei gradi, delle decorazioni, delle sedi in cui avevano operato. Ne esistevano solo quaranta copie: una per ognuno dei quaranta Gauleiter messi da Hitler a capo delle quaranta regioni d'Europa occupate dai nazisti. Wiesenthal comperò l'elenca In complesso lo schedario del «cacciatore di criminali» comprende oggi 22.500 nominativi: ancora piccola cosarispetto ai 160 mila nomi esistenti presso il Centro per la punizione dei crimini nazisti, creato nel 1958 a Ludwigsburg e finanziato da vari Stati oltre che dalla Germania federale. Ma gli assassini si sono camuffati; una perfetta organizzazione, creata già in tempo di guerra non appena si profilò la disfatta, ha assicurato loro documenti falsi, denari, indirizzi di amici sicuri, appoggi di ogni tipo in molti paesi. Qualcuno si è finto morto: il trucco è riuscito così bene che ha potuto risposare, sotto falso nome, la propria «vedova». Uno di questi fu il professor Werner Heyde, esperto di eutanasia, che, dopo essere stato dichiarato ufficialmente defunto, sposò la «ex moglie». Un bell'esempio di fedeltà che non lo salvò: scoperto ed arrestato, si uccise in carcere. Pochissimi si rifugiarono in Unione Sovietica, dove l'accoglienza non sarebbe stata certamente amichevole. Fa eccezione il gerarca Heinrich Mùller, uno dei massimi ricercati. Probabilmente fu dei pochissimi che cercarono improbabile salvezza in Russia. La maggior parte dei criminali se ne andò verso sud; verso i paesi del Medio Oriente, verso la Spagna, verso i paesi dell'America Latina. I nazisti, per definire la via di fuga attraverso l'Italia, usavano l'espressione «asse B-B»: un nome convenzionale per Brema-Bari. Raggiunta la destinazione, il più era fatto, vivere non era un problema. Un rapporto del Dipartimento del Tesoro americano riferisce che, durante la guerra, la Germania aveva creato in tutto il mondo 750 società con fondi tedeschi: 112 in Spagna, 35 in Turchia, ben 98 in Argentina. In oltre trentanni, la mimetizzazione può essere quasi perfetta. Rare le smagliature, dovute al caso od alla ostinazione degli indagatori. Come avvenne per il medico Karl Babor, che condannò a morte mediante iniezioni migliaia di ebrei nel campo di sterminio di Grossrosen. Babor fu scoperto per caso in Etiopia; Wiesenthal ne chiese l'estradizione, l'Etiopia rifiutò. Ma Babor fu talmente terrorizzato dal sapersi scoperto, che i suoi nervi saltarono: si inoltrò in un fiume popolato da coccodrilli (erano gli animali che amava di più) e, prima che la corrente lo travolgesse, si sparò al cuore. Davanti alla giustizia spesso le belve umane si afflosciano e denunziano. Così Wisliceny, condannato a morte a Breslavia, rivelò un lungo elenco di collaboratori di Eichmann: Rolf e Hans Guenther a Praga, Dannecker a Parigi, Alois Brunner ad Atene, Seidl a Theresienstadt; Hunsche a Budapest; Brunner a Vienna; Rajakowitsch all'Aja. Soltanto quest'ultimo fu arrestato e processato, a Vienna: se l'è cavata con due anni e mezzo poi è stato rimesso in libertà. Gli olandesi hanno spiccato contro di lui mandato di cattura, ma Rajakowitsch non si muove dall'Austria. E' in buoni rapporti con industrie italiane e si interessa della produzione di tubi metallici. A Vienna incontra sovente Karl Silberbauer, la SS che arrestò Anna Frank: a suo carico la giustizia austriaca non ha trovato nulla da eccepire. Ed il giudizio resta vincolante anche per uomini come Wiesenthal. Lo stesso è avvenuto per Franz Mùrer, il «macellaio di Vilna», l'uomo che sparava sui bimbi ebrei lanciati in aria: fu assolto a Vienna, sia pure tra l'indignazione generale. Contro di questi non si può più agire, essendo stati giudicati; resta la caccia agli scomparsi, destinata ad essere sempre meno fruttifera a mano a mano che^gli anni passano. Dove ì finito lo Hauptsturmfùhrer Braune, che era stato incaricato di portare a termine l'eliminazione totale degli zingari? Si ignora persino se sia ancora vivo. E dove sono i mostri di Hartheim, i laureati in medicina che studiavano i vari tipi di morte, registrando l'agonia dei pazienti con fredda efficienza scientifica? I nomi sono in parte conosciuti: nessuno è stato catturato. Ed infine, dove sì nasconde Bormann? Non si sa se è vivo: chi lo dice fuggito da Berlino dopo il suicidio di Hitler, chi lo dice ucciso da una pallottola (sembra che abbiano trovato suoi documenti di identità su un cada¬ vere, ma può essere stato lo stesso Bormann a metterglieli in tasca), chi lo dice al sicuro in Brasile, in Venezuela, nel Paraguay, divenuto la Mecca dei nazisti durante la presidenza di Stroesser, di origine tedesca. La conclusione di Wiesenthal è amara: probabilmente il delfino del Fuhrer vive nei pressi della frontiera tra Argentina e Cile, ma, se venisse scoperto, nessun paese concederebbe la sua estradizione. La taglia di 100 mila marchi (quasi 50 milioni di lire) messa dal Governo della Germania federale sulla sua testa non sarà mai pagata... Lo stesso dobbiamo dire di Joseph Mengele, lo «scienziato» di Auschwitz, l'uomo che sorrideva alle bambine inviate al forno crematorio, colui che inventò la frase: «Uscirai per il camino». Si sa che nel '59 ottenne la cittadinanza paraguayana, sembra che una volta abbia persino osato ritornare in Germania, ora dovrebbe trovarsi in una fattoria-fortezza al confine tra Paraguay e Brasile, non ha che sessantott'anni. Sulla sua testa pende una taglia di 30 milioni di lire... E le anonime ruote dell'ingranaggio mostruoso, gli uomini insignificanti che uccidevano, dove sono? Vanno in giro liberi, stanno meglio delle vittime sopravvissute... Come dice Wiesenthal, «gli assassini sono tra noi» e forse ci resteranno, impuniti. Carlo Moriondo Bormann, sorridente, fotografato dietro Hitler: è ancora vivo?