I bambini «sovversivi» di Ferreri di Lietta Tornabuoni
I bambini «sovversivi» di Ferreri IL REGISTA SPIEGA COME SARA' IL SUO NUOVO FILM «CHIEDO ASILO» I bambini «sovversivi» di Ferreri DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE BOLOGNA — Un Cuore nero, Roberto Benigni, centottanta bambini e l'Apocalisse: dopo L'ultima donna e Ciao, maschio. Marco Ferreri completa la sua dissacrata famiglia con un film che potrebbe chiamarsi /Iddio. bambino, ed è intitolato invece Chiedo asilo. «Non so bene cosa significhi», dice. «Credo sia il maestro Benigni a chiedere asilo politico nell'asilo infantile, come un uomo che domandi protezione agli uomini meno snaturati dalla società, i bambini piccoli». L'asilo è nel film un campo di concentramento ideato per sequestrare quei pericolosi sovversivi che sono i bambini piccoli, per isolarli dagli altri e indurli a rinnegare se stessi: ma è anche il luogo della loro resistenza, d'una rivolta cui talvolta s'uniscono i guardiani-maestri. Il maestro protagonista è Benigni («non è un comico, perciò fa ridere gli italiani di questi anni»), proletario e lunatico, utopista e inquieto come tanti ragazzi che si dedicano all'insegnamento e che ora possono lavorare anche nella scuola materna: «Vuole insegnare, vuole imparare, non sa neppure lui cosa fare e dove stare». Il film è la storia del suo eccentrico anno scolastico (porta un asino nell'asilo, porta in Sardegna i bambini) e del suo amore per una ragazza madre d'un alunno, che alla fine lo renderà padre oltre che maestro, in una nuova famiglia trasversale. L'asilo della realtà è senza nome, battezzato con una sigla e l'indicazione stradale. «PEEP-Bentini». Sta alla periferia, in uno di quei quartieri di palazzi-alveare dalle strade sempre deserte, identici a Bologna come a Parigi o a Mosca: «L'ambiente dell'uomo è ormai questo, la gente delle città vive in questi posti, in questo modo: dovrei continuare a girare nel paesaggio da fiaba dei centri storici?». Grandi stanze, sedioline. piccoli allineati nel sonno, disegni colorati, strumenti dell'artisticità infantile, cartelloni con il pene e la vagina e l'ano ben indicati dalla freccia sul disegno dei corpi umani, tavolini da toilette con lo specchio davanti ai quali soprattutto i maschi si guardano, si pettinano, e coi cosmetici si colorano di rosa le guance, di rosso le labbra: è il mondo autentico, il set verrà montato soltanto lunedì, giorno d'inizio del film. Un mondo popolato di creature allarmanti e misteriose: «Esiste un uomo sconosciuto che muore a tre anni. Quando nasce è onnipotente, onniscente. ha il cervello di Dio: e da quel momento gli adulti iniziano a mutilarlo, a cancellare le sue capacità, a ridurlo a un modello sociale. A tre. cinque anni, i bambini sono come il delta d'un fiume, nel quale si mescolano acque dolci e acque salate, l'uomo naturale e l'uomo storico. Chiedo asilo è una ricognizione nel loro mondo con gli occhi di un maestro». La personale ricognizione, durata per due anni, ha riservato a Ferreri molte scoperte: «Ho seguito i bambini come si segue una guida indigena capace di trovare le tracce d'un paese scomparso. Paese d'immaginario: vedi i bambini segnare col piede a terra un cerchio invisibile, stabilire che è un buco, discutere a lungo su quel buco. Paese d'autodistruzione: vedi in una clinica, nutriti per anni con una cannula, i piccoli che rifiutano di mangiare perché hanno deciso di lasciarsi morire: la disappetenza infantile è suicidio, mica capriccio. Paesed'ultravista: i bambini hanno un modo di guardare più acuto e profondo degli adulti, uno sguardo dal raggio più ampio e insieme più concentrato, una visione speciale che sarà un bel problema riprodurre nel film. Paese di rivolta: milioni di persone piccole vengono educate dall'asilo a essere libere e artiste, a sviluppare la fantasia e la creatività, a recitare e a esprimersi. Domani nessuno di loro vorrà più fare l'operaio o il ragioniere, e avrà ragione». Fra tanti profeti di sventure. Ferreri è forse il solo profeta d'avventura, uno dei pochi cui la parola «domani» non faccia paura, ma ispiri anzi ottimismo: «lo penso che questa società non esista già più. Una comunità che esclude quelli di due anni, quelli di vent'anni. quelli di sessantanni, e che fa vivere infelici tutti gli altri, è finita. Quando la cultura contrad¬ dice la società, quando i progetti politici immaginano che tutto resti immobile e che si debba sparare su qualsiasi cosa si muova, è finita». L'Apocalisse, annunciata da lui molto prima di diventare la grandissima moda culturale di questo momento, gli mette allegria: «Finalmente. Si ricomincia tutto da capo: e con la consapevolezza che non serve una società diversa, ma servono uomini differenti, bambini». Jean-Luc Godard analizza anche lui i bambini per la televisione. Hans Magnus Enzensberger definisce la catastrofe «la nostra ultima utopia». Conferma Marco Ferreri: «Il Titanic co7j/i7tuerd ad affondare per tanto tempo, cosi a lungo. Andremo a un Medioevo che non sarà nemmeno traumatico, ma un periodo dolcissimo d'assestamento». Accidenti: e lui? «Io ho cominciato dirigendo film, e mi ritrovo a illustrare con le immagini cose molto complicate. Magari riuscirò male, ma a tentare di cogliere il presente e il futuro non rinuncio». Lietta Tornabuoni
Persone citate: Benigni, Bentini, Ferreri, Godard, Hans Magnus Enzensberger, Marco Ferreri, Roberto Benigni
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