Un teste accusa: «Il professore andò in campi paramilitari» di Sandra Bonsanti

Un teste accusa: «Il professore andò in campi paramilitari» I magistrati romani si trasferiscono oggi a Padova Un teste accusa: «Il professore andò in campi paramilitari» E' il misterioso brigatista «pentito» - Negri avrebbe insegnato a fabbricareinototov-Gl^ ROMA — All'ostentata euforia degli avvocati difensori, ieri hanno replicato i magistrati: gli interrogatori di Negri sono appena cominciati, adesso dobbiamo sentire gli altri imputati: poi confronteremo le testimonianze di tutti. Sembrano sicuri di avere già «elementi per rinviare Negri a giudizio per insurrezione armata contro lo Stato». E il caso Moro, in questo che sembra piuttosto diventato il «processo al partito rivoluzionario italiano come fatto organizzato», si è trasformato in episodio da approfondire Tra le indiscrezioni adesso ne circola con insistenza una. secondo la quale non è stato mai accertato che la famosa telefonata del 30 aprile sia stata fatta da una cabina romana. Così, mentre da una parte i magistrati sembrano attribuire minor importanza a quel capo d'accusa, contemporaneamente si avverte che l'alibi di Negri («ero a Milano») può valere fino a un certo punto. Gli inquirenti, che si sono ritirati a lavorare in un bunker lontano da Palazzo di Giustizia, spiegano il loro ottimismo: «Lo abbiamo lasciato correre con le briglie sul collo e solo ogni tanto gli abbiamo dato una stoccata. Le carte migliori sono tutte da giocare». Il linguaggio è quello che è. carico di metafore di dubbio gusto. Si è scontrato, nei giorni scorsi, con quello del professor Negri, costruito sulla complicatissima casistica della teoria rivoluzionaria. Il leader di Autonomia non ha rinunciato a spiegare, da professore, che le cose che per i magistrati hanno un significato, per lui ne hanno un altro. Ha ripetuto: «Sono uno studioso». Loro hanno concluso: «Uno studioso con la passione di organizzare». Nella loro base segreta i giudici non hanno però avuto tempo di fare un vero e proprio bilancio della prima tornata di interrogatori. Ieri mattina infatti sono arrivate da Padova due casse di documenti e altro materiale. Hanno ricevuto, fra l'altro, tutte quelle registrazioni di cui si parla da tempo. E hanno cominciato ad ascoltarle e a prendere appunti. Sono i nastri raccolti in un anno di intercettazioni ordinate da Calogero: forse non serviranno come prove, ma aiuteranno i giudici a capire qualche retroscena ancora oscuro. Oggi partono tutti: tre p.m (Sica e due nuovi) e tre dell'Ufficio istruzione (Priore. Amato e D'Angelo o Imposiniato). Forse si sposterà anche Achille Gallucci per incontrarsi con Calogero. I magistrati romani hanno deciso di cominciare gli interrogatori degli imputati arrestati su ordine di cattura di Padova che dovevano esser trasferiti a Roma. E' stato deciso di lasciarli per ora nelle carceri venete perché non sono ancora finiti gli interrogatori dei magistrati padovani. Nicotri, Vesce. Scalzone. Zagato, Dalmaviva. e Ferrari Bravo devo no rispondere di aver costituito una «banda armata al fine di promuovere una insurrezione armata». Al loro stesso gruppo appartengono cinque imputati considerati «latitanti»: Piperno. Balestrini. Ferrari. Marongiu e Pancino. Sarà quindi in un secondo momento, si parla della prossima settimana, che sarà possibile tirare le somme degli accertamenti compiuti fino ad oggi. Ma gli inquirenti hanno fatto capire che le «imprecisioni» della difesa coinvolgono soprattutto una delle prove concrete emerse a carico di Negri: si tratta della testimonianza di un brigatista i che più elle «pentito» viene | definito «diligente». Il suo nome ovviamente non è stato fatto, ma si sa quello che avrebbe raccontato. Secondo questo teste. Toni Negri non solo avrebbe preso parte a al¬ cuni «campi paramilitari» in una zona vicino a Padova, ma avrebbe anche dato istruzioni su come si costruiscono ordigni esplosivi. E' chiaro che se questo fatto dovesse esser confermato tutto il ruolo dell'ideologo Negri perderebbe di importanza rispetto a quello dell'organizzatore. Di fronte alle accuse di un'attività «pratica» in sostegno della lotta armata. Negri ha opposto una linea precisa di difesa: che si può cosi sintetizzare: «Io faccio un lavoro politico lecito: che poi, alla fine di questo lavoro, venga per necessità oggettiva la guerra civile, questo non è attribuibile a me». E ancora: «Le Brigate rosse credono di fare già la rivoluzione; io faccio il lavoro politico che non ha bisogno del terrorismo giorno per giorno perché mira alla disgregazione del sistema capitalistico, dal quale verrà "la guerra civile"». Sandra Bonsanti

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