Trattative con la Libia sul problema della pesca di Remo Lugli

Trattative con la Libia sul problema della pesca Nelle carceri libiche undici italiani Trattative con la Libia sul problema della pesca Una nostra delegazione, a Tripoli per discutere un accordo di cooperazione, ha affrontato il tema dei pescherecci che vengono sequestrati - Proposta dai libici una «Società mista» NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE MAZARA DEL VALLO — Nelle carceri libiche di Misurata ci sono undici italiani: nove pescatori dell'equipaggio della motobarca «Giacomo Rustico» e due capitani di altri battelli. Giovanni Letterato, comandante del «Tulipano» e Giuseppe Foggia, comandante del «Prudenza»: tutti di Mazara del Vallo. I' nove sono in arresto da un mese. Foggia 15 giorni, Letterato da 10. Sono stati catturati in tre circostanze diverse, nel Mediterrano, mentre pescavano in acque che, secondo loro erano internazionali, secondo i libici erano territoriali. Vertenze e incidenti di cui purtroppo i pescatori mazaresi sono vittime molto frequentemente e non solo per opera dei libici, ma anche dei tunisini. Ieri è rientrata a Roma da Tripoli una delegazione italiana guidata dal sottosegretario Santuz che era andata per discutere un accordo di cooperazione tra i due Paesi in campo scientifico, economico, culturale. Al ministero degli Esteri riferiscono che, nonostante non fosse materia di trattativa, il sottosegretario ha affrontato anche il tema della pesca, soprattutto per perorare la causa dei nostri connazionali arrestati, affinché possano quanto meno ottenere la libertà provvisoria. Da parte libica sono state fatte delle promesse generiche di interessamento. H problema della pesca a Sud della Sicilia è scottante per le reazioni e i comportamenti spesso aggressivi delle marine militari arabe. Negli ultimi cinque anni da Tunisia e Libia sono stati sequestrati una sessantina di pescherecci italiani e almeno 650 nostri connazionali sono stati, per giorni o per mesi, incarcerati. Si è anche fatto uso delle mitragliatrici, ci sono stati quattro morti. L'ultimo è del dicembre scorso, per opera dei tunisini, nonostante che con la Tunisia sia in vigore un accordo in base al quale, dietro il versamento di due miliardi e mezzo di lire i tunisini concedono 106 permessi di pesca ad altrettanti pescherecci. E' un accordo, questo, in vigore da tre anni, che scadrà il 19 giugno prossimo. Per rinnovarlo dobbiamo passare attraverso la Comunità europea, ma i tunisini vorrebbero trattare con noi che, dicono, siamo «il loro partner e loro amico». Se ne discute: non è impossibile che la Cee ci autorizzi a trattare direttamente. Comunque la pesca potrà riprendere soltanto il 15 settembre perché i tunisini la vietano nel periodo dal 1' giugno fino a quella data per rispettare il riposo biologico. Con i libici, invece, non ci sono accordi. Fino a qualche tempo fa tutto quello che concerneva la pesca era nelle mani della dogana. Se un nostro peschereccio veniva sorpreso nelle acque territoriali, l'armatore veniva multato: l'incidente si chiudeva con il versamento di una somma che poteva oscillare tra i 5 e i 30 milioni. Ora le cose vanno diversamente: se ne occupa la magistratura e chi viene sorpreso in acque libiche, è tratto in arresto, sottoposto al codice penale e condannato a pene che possono andare fino a due anni. E' quello che sta capitando agli undici pescatori mazaresi. Dice il direttore dell'Associazione liberi armatori della pesca di Mazara: «/ libici si accaniscono contro di noi non tanto perché peschiamo, ma piuttosto perché temono che non siamo pescatori, ma spie. Quando salgono a bordo dei nostri battelli fanno delle perquisizioni minuziosissime, cercano apparecchiature diverse da quelle solite di bordo-. Come uscire da questo pericoloso ginepraio, visto che la pesca per Mazara del Vallo rappresenta l'unica grande risorsa? I tremila pescatori devono pur continuare ad affrontare il mare. A Mazara si pescano in un anno 60 mila tonnellate di pesce su 400 mila in Italia, tutto pesce di fondo: sogliole, triglie, calamari, dentici, merluzzi, gamberi e aragoste. Due qualità, queste ultime, che vengono anche esportate in Spagna e in Francia, il che è già molto per un Paese come il nostro che Appunto per cercare di venire incontro ai nostri pescatori mazaresi, il ministero degli Esteri ha chiesto al governo libico di trovare una qualche soluzione. Per risposta e venuta la proposta di una società mista, il governo libico ha addirittura inviato una bozza dello statuto di questa società che dovrebbe avere un presidente libico, un vicepre: sidente italiano. quattro membri libici e tre italiani. Dice Mario Iandali. direttore della Federazione nazionale delle imprese di pesca: «Stiamo studiando questa bozza, ma ci sono dei punti oscuri, che necessitano di chiarimenti: abbiamo fatto sapere ai libici che siamo disponibili per. un incontro chiarificatore. Tra l'altro loro vorrebbero che la società fosse interstatale, ma da parte nostra non ci può essere lo Stato, ci devono essere dei privati. Inoltre la società mista non dovrebbe toglierci lapossibilità di ottenere anche delle autorizzazioni di pesca a favore di altri-. Remo Lugli

Persone citate: Giacomo Rustico, Giovanni Letterato, Giuseppe Foggia, Mario Iandali, Santuz