Intervista col giudice Tamburino sul fenomeno dell'eversione di Clemente Granata

Intervista col giudice Tamburino sul fenomeno dell'eversione Intervista col giudice Tamburino sul fenomeno dell'eversione Perché a Padova il terrorismo dalla «Rosa dei venti» alle Br Nel capoluogo veneto i «gruppi» hanno sempre avuto una loro importanza politica - «Nella imminenza del tracollo della repubblica sociale in questa città c'era una rete di agenti occultati all'interno della popolazione civile» - Il fe- ' nomeno della cellula Freda-Ventura dai contorni ideologici non molto chiari DAL N06TRO INVIATO SPECIALE PADOVA — Palalo di giustizia, una di queste mattine. La porta in fondo al corridoio si spalanca all'improvviso. Appaiono due giovani, maglia dai colori vivaci e jeans, mitraglietta in pugno. Uno sguardo, un cenno. E' la guardia del corpo di Calogero, vigile in un lavoro che brucia energia, pazienza e nervi. Ed ecco il magistrato. Avanza a piccoli e rapidi passi, il capo leggermente reclino, una borsa con un voluminoso incartamento in mano. Lo attende sulla porta dello studio il giudice Giovanni Tamburino, il magistrato che nel '73-'74 condusse l'importante inchiesta sulle manovre eversive della «Rosa dei venti». Il colloquio dura un'ora, sarà ripreso e approfondito nel pomeriggio in un'altra sede. E' uno dei tanti incontri che il p.m. Calogero ha con i colleghi. Benché la parte più rilevante dell'inchiesta su Negri e Nicotri sia ormai trasferita al palazzo romano di piazzale Clodio, il magistrato pare aver intensificato il lavoro. Inutile fare illazioni sulla natura di questi incontri. Gli interessati ovviamente tacciono. Con il giudice Giovanni Tamburino si può cercare semmai di fare qualche considerazione generale sul fenomeno eversivo. Gli domandiamo: «Perché Padova? Il sociologo cerca una prima spiegazione nella realtà di un tessuto sociale disgregato. Che cosa dice il magistrato?». Tamburino riflette: «Il sociologo ha presente la realtà di base di un certo ambiente. Questa realtà rappresenta l'humus adatto allo sviluppo di un fenomeno eversivo. Ma è chiaro che il fenomeno non si sviluppa se non c'è struttura organizzativa. E' da primitivi pensare alle germinazioni spontanee e non tener conto dell'elemento organizzativo strutturante posto in essere da una persona o da un gruppo dipersone». Precisa poi il magistrato: «Non si deve contestare, è ovvio, la spiegazione del sociologo, del politico o la spiegazione a fondo economicistico. Sono utili. Ma esse diventano fuorvianti quando pretendono di esaurire l'analisi. E' un prologo lungo ma necessario. Credo infatti che da uno stesso terreno di base possano svilupparsi manifestazioni diverse, magari agli antipodi, a seconda degli interventi organizzativi compiuti in una direzione o in un'altra-. L'organizzazione s'innesta dunque sul fatto sociale, determina comportamenti e orientamenti. Pare di capire che, secondo lei, dietro ai fenomeni eversivi che da un decennio turbano l'Italia si profila un unico filone organizzativo. E' così? Tamburino: «Per rispondere farei riferimento a fatti specifici che rappresentano la punta dell'iceberg-. Quali? Tamburino risale al 1945. Ricorda: «Nella imminenza del tracollo della repubblica sociale (in proposito c'è un documento) si previde il mantenimento di una rete di agenti occultati all'interno della popolazione civile con copertura di commercianti e di professionisti. Padova era uno dei cardini di quel sistema-. Non sono fatti un po' lontani nel tempo? Il magistrato ribatte: «Sono fatti che hanno avuto un seguito. Nella seconda metà degli Anni Sessanta, in concomitanza con la modifica dell'equilibrio politico italiano, si registra qui una prima risposta che si traduce sul piano organizzativo con precise caratteristiche paramilitari. Mi riferisco ai gruppi neofascisti di Ordine Nuovo e di Avanguardia Nazionale, mi riferisco a quelle punte di spicco rappresentate dai fenomeni della cellula Freda-Ventura e del gruppo cosiddetto "Rosa dei venti"-. E continua: «Ci rendiamo conto già allora che accanto alle caratteristiche di organizzazione paramilitare certi gruppi hanno una grande capacità mimetica. All'Università di Padova Freda distribuisce l'ormai famoso libretto sul nazionalismo con le citazioni di Lin Piao. E accanto alla capacità di mimetizzarsi si registra quella di assecondare le tendenze del momento per utilizzarle ovviamente ai propri scopi. Direi di più. In questi gruppi coabitano personaggi all'apparenza agli antipodi. Accanto a Freda c'è un Ventura che ha credito negli ambienti di sinistra. Col senno di poi diciamo che Ventura era un infiltrato, ma lo si è dovuto dimostrare-. A parte l'aberrazione del loro comportamento non pare proprio, però, che oggi possano sorgere dubbi sulla sincerità della professione di fede dei brigatisti rossi e degli altri eversori di sinistra. Tamburino: mE' vero, non bisogna, esorcizzare una realtà. Soggettivamente si può essere ciò che si crede di essere. Era così negli Anni Sessanta con la contestazione di sinistra. Ma al di sopra di essa potevano esistere gruppi che la cavalcavano e la stimolavano. A Padova, dietro al maoismo degli studenti, si celava l'immagine di Freda-. E' possibile oggi un'analoga sovrapposizione? «/Incoro di più-, afferma Tamburino e distingue: «Un tempo i gruppi contestativi avevano un'organizzazione meno verticistica e comunque esistevano forme di controllo politico come quello delle assemblee, benché esse fossero oscillanti e tumultuose. Ai nostri giorni il chiudersi dei gruppi eversivi in forme organizzative militanti e rigorose rende più facile che in certi gangli importanti si collochino coloro che determinano le iniziative del gruppo, nell'ambito di una strategia che il gruppo non può controllare, che sfugge alla dialettica interna almeno entro certi limiti. Non è detto che avvenga sempre e per tutte le formazioni, ma in certe occasioni particolari può verificarsi-. Per esempio il delitto Moro? Tamburino: «Perché no? Co¬ munque dal punto dì vista della scienza dell'organizzazione non c'è dubbio che quanto più un gruppo diventa rigido e racchiuso in se stesso, caratterizzato dalla presenza di compartimenti stagni, tanto più si accentua la possibilità dell'esistenza di un cordone ombelicale non controllabile. Ogni volta che il baricentro di una microsocietà si sposta verso "modelli di guerra" può approfondirsi la separazione tra l'area dei militanti (i soldati) e l'area della direzione strategica. In altre parole da una parte si ammazza, dall'altra si possono fare i trattati-. Sono semplici ipotesi o lei conosce qualcosa di più? «Se ci fossero elementi oggettivi — afferma Tamburino — non glieli direi in ogni caso. Ciò che posso dire è che qualcosa si può ricavare dall'analisi di esperienze storiche e giudiziarie che si sono avute anche a Padova. Qui il fenomeno della sovrapposizione può essere più avanzato, qui in passato sono emersi elementi da cui si possono ricavare indicazioni precise ancorché limitate nel senso che certe strade sono state sicuramente tentate e molto probabilmente realizzate in misura maggiore o minore-. Domandiamo ancora: «E' un discorso che vale anche per questi giorni?». Tamburino: «E'un discorso che oggi deve essere verificato senza pregiudizi, senza soggezione di alcun tipo, questo è l'importante-. Clemente Granata

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