Le lettere della domenica

Le lettere della domenica Le lettere della domenica Giustizia e Libertà visse ancora Nel bell'articolo su quell'italiano di ferro, anzi, di purissimo acciaio che è Riccardo Bauer {La Stampa del 18 aprile: «Dall'antifascismo all'Italia di oggi»), Giovanni Spadolini scrive: «Dopo l'ottobre 1930, dopo il tradimento di Carlo Del Re, la componente nazionale, entro i confini di "Giustizia e Libertà", sarà dispersa e incarcerata». Per amore di esattezza storica occorre ricordare che non fu cosi. Incarcerati Bauer e Rossi, e condannati a durissime pene dal Tribunale speciale insieme coi loro compagni, la direzione'del movimento fu assunta da altri gruppi, prevalentemente ma non esclusivamente piemontesi, e ad ogni arresto una nuova squadretta subentrava nel duro compito di procurare collaborazione ai «Quaderni di Giustizia e Libertà» e informazioni per il settimanale che si pubblicava a Parigi, dando a queste pubblicazioni una diffusione, certamente limitata e rischiosa, in Italia. Prima Andreis e Scala, poi Leone Ginzburg, poi Vittorio Foa tennero successivamente le fila della cospirazione. Fu proprio questa inesauribile continuità nei ricambi a conferire a GL la sua prerogativa d'un contatto continuo col paese, che lo salvaguardava dall'ottica deformante dell'esilio, cui soggiacevano invece le altre forze dell'opposizione clandestina al fascismo. Probabilmente GL sarebbe sopravvissuto anche all'arresto di Foa e di Michele Giua, i ricambi non mancavano nemmeno allora all'interno del paese, ma la mazzata definitiva fu l'assassinio dei fratelli Rosselli a Bagnoles-surOrnes, per mano di cagoulards francesi, assoldati da losche figure dei servizi segreti fascisti. Ma in Italia già maturavano i quadri che avrebbero dato vita al Partito d'Azione e, in seguito, alle formazioni Giustizia e Libertà. Massimo Mila, Torino minto contano ari e senatori? deput Molti deputati e senatori pensano di non candidarsi (come riferisce La Stampa) angustiati soprattutto per la decadenza della loro funzione: «Le leggi non le facciamo noi, ma i comitati interpartitici d'accordo con i sindacati: noialtri votiamo quello che hanno deciso altrove». Per l'uomo della strada è questa l'unica conclusione logica, purtroppo non traduci- bile sul piano elettorale, che si può trarre al termine di una ennesima legislatura sepolta anzitempo. Che sia recepita da molti deputati e senatori è sintomo quanto mai confortante; è certo un atto di coraggio, di presa di coscienza. Potrà servire al salvataggio e quindi alla riqualificazione dell'istituto parlamentare bistrattato dalla partitocrazia? Abbiano presente e meditino questo concetto quelli che nonostante tutto dovranno pur presentarsi in umiltà alla ribalta per elemosinare voti. Francesco Manfredi, Cuneo Papa Wojtyla animatore turistico Una domanda a Vittorio Gorresio, dopo aver letto il suo «Turisti per Papa Wojtyla» pubblicato il 17 aprile: è sicuro che quei giudizi svizzeri riflettano «verità» (...«non proprio lusinghiere per noi»,, dice Gorresio)? Dietro alle migliaia di persone che vanno dal Papa c'è proprio soltanto un gigantesco happening turistico di cui Wojtyla sarebbe «eccezionale animatore», sempre «turistico»? Lisa Morini, Parma Magistrati e chiacchiere Il commento di Lietta Tornabuoni su «magistrati e chiacchiere», del 19 aprile, è grafitante pur nella sua correttezza formale e pienamente condivisibile. Mi piacerebbe però che avesse un seguito, approfondendo due punti già toccati nell'articolo precedente: il rapporto tra «l'abitudine perversa» dei giornali a fornire notizie, opinioni o ipotesi sui magistrati e sulle loro iniziative, (abitudine che l'autrice difende) e 1 «si dice» a proposito degli stessi (che invece considera molto gravi, tanto più che «non suonano assurdi» come dovrebbero). Più esplicitamente: non sono anche (o soprattutto) i giornali ad alimentare i «si dice»? Inoltre: se queste assurdità, legate principalmente alle simpatie politiche dei giudici, sono purtroppo vere, quale rapporto può sussistere, senza danneggiare la giustìzia, tra le srelte politiche private e pubbliche dei singoli magistrati e il principio di a-politicità, o meglio di a-partitismo, della magistratura? Gino Galbiati. Monza (Mi) La critica delle armi secondo Croce Paolo Spriano, intervistato per La Stampa da Lietta Tornabuoni, autorevolmente precisa che la paternità della teoria sulla «critica delle armi» e le «armi della critica» va attribuita a Karl Marx, non al prof. Toni Negri. Già nel 1944 lo ricordò Benedetto Croce, polemizzando con il settimanale l'Unità che i comunisti pubblicavano a' Napoli in quel convulso periodo che vedeva ancora l'Italia tagliata in due. La dichiarazione, fatta da quel periodico, che alle armi della critica, adoperate da Croce, si dovesse replicare, «ripetendo una vecchia frase del Marx», con la «critica delle armi», cioè con la violenza materiale, fece tornare alla mente del filosofo un aneddoto. «L'aneddoto — spiegava testualmente Croce — è di quell'ufficiale che ballava in un salotto, e un signore sussurrò a un suo vicino: "Come balla male quell'ufficiale!". E il prode ufficiale, avendo percepito queste parole, terminato che ebbe il suo giro di danza, si piantò fiero innanzi al bravo borghese e gli dichiarò: "Signore, sappiate che se io ballo male, mi batto bene!". Che cosa rispose allora il buon borghese, che non perse per ciò la sua calma e la sua logica? Semplicemente questo: "Dunque, battetevi sempre e non ballate mai". Fate o minacciate, se cosi vi piace, violenze, ma lasciate stare la dialettica, l'idealismo, il materialismo e la filosofia». Quanto mai di attualità, nell'odierna farneticante ridda di elucubrazioni ideologiche, questo saggio monito dell'immortale pensatore napoletano. Domenico Farina. Napoli Tra teoria e azione un sottile confine Non credo alla sottile distinzione tre chi predica la violenza e la rivoluzione armata e chi la pratica. Capisco che è ancora più sottile il confine tra la libertà d'opinione e l'istigazione al delitto, sia pure in nome di un «bene» sociale più o meno chiaro. Eppure credo che per la nostra stessa sopravvivenza, fisica e civile, sia indispensabile cercare una linea di demarcazione il pili possibile netta e rispettosa dei diritti di tutti. Si potrebbe far appello alla coscienza individuale, al sènso di responsabilità anche nelle enunciazioni teoriche, ma quando ciò non è realizzabile allora si ricorra almeno a un dibattito ampio, non fazioso, in cui l'intelligenza prevalga sulla passione politica cosi facile a degenerare. E' un invito alla Stampa, che ha mezzi e uomini per sollecitare e aiutare un'analisi aperta e libera. Mario Rizzoli. Bologna Per gli stranieri uno sconto di troppo Per la Pasqua c'è stato, dice il giornale, un forte afflusso di stranieri, e quindi alto consumo di benzina da parte di turisti che godono di grandi vantaggi di cambio. A quando l'abolizione dei buoni benzina per chi, venendo in Italia, risparmia — solo in permanenza —il 25 per cento di quanto spenderebbe in patria? Fabrizio Rioldi Trivero (Ve) Un po ' di rispetto per l'auto vecchia Alcune considerazioni sul nostro «parco automobilistico». Anzitutto in Italia si hanno i prezzi delle auto nuove più alti in rapporto al potere di acquisto della nostra moneta ed alle possibilità economiche del cittadino medio. Anche il costo dei pezzi di ricambio e della manodopera incide sulla conservazione degli automezzi. Né c'è da meravigliarsi se non v'è la possibilità di effettuare controlli sullo stato delle vetture quando gli stessi limiti di velocità non vengono quasi mai rispettati né controllati. Occorre poi osservare che la legge italiana comporta si l'assicurazione obbligatoria, ma finisce con l'escludere praticamente la responsabilità penale del colpevole. Tra l'altro sarebbe assai utile che le società di assicurazione stabilissero dei premi inferiori per le auto vecchie, insieme con un alleggerimento della tassa di circolazione proprio per la situazione italiana contingente. Se poi vogliamo vedere il problema da un punto di vista anticonsumistico, diremo che l'utilizzazione delle auto vecchie, opportunamente revisionate, favorirebbe notevolmente la riduzione degli sprechi di materie prime e l'ingombro dei parchi dei demolitori. Renato Casalis, Torino I politici, i giudici e il governatore Alle domande dei lettori sulla Banca d'Italia, già pubblicate nelle «Lettere» e alle quali non mi pare si sia ancora risposto, ne aggiungo altre senza illudermi, tuttavia, che queste abbiano sorte migliore delle precedenti. Che significa «difendere l'autonomia della Banca d'Italia dal potere politico»? Non è forse il potere politico responsabile della politica monetaria ed economica, mentre il governatore ne è l'esecutore tecnico tutt'al più co-responsabile? Ben più fondato mi pare il principio che separa il potere politico da quello giudiziario, difeso a spada tratta in passato da quegli stessi che oggi gridano alla prevaricazione da parte della magistratura. E qui ritorna l'interrogativo fondamentale: se la legge stabilisce che per concedere i finanziamenti agevolati sono necessari alcuni requisiti, è 'davvero prevaricatrice la magistratura che persegue chi non ha rispettato questi requisiti? i Se la legge è confusa e fonite di ambigue interpretazioni, .spetta ai giudici o ai politici 'porvi rimedio? Se la Banca d'Italia nelle sue ispezioni riscontra il mancato rispetto delle regole, 'con quale criterio denuncia il finanziamento irregolare ad un imprenditore e non de-' nuncia un analogo finanziamento irregolare ad altri? E, infine, è o non è irregolare il finanziamento alla Sir? jSe è irregolare, chi l'ha volu|to? Chi ne ha beneficiato? E iqui sono d'accordo: fra gli immutati manca qualcuno, 1 Giovanni Cattaneo, Milano L'Alitalia vola altrove A proposito della asserita •logica dell'ottimazione dell'uso dell'aeromobile» e dei «razionali criteri di gestione delle linee» sarebbe interessante conoscere dall'Amalia le giustificazioni in merito alle seguenti brevi tratte da tempo operanti e riconfermate dagli attuali orari: Reggio Calabria-Catania: PalermoTrapani; la bigiornali era Bari-Brindisi, nonché la MilanoVenezia addirittura trigiorn oliera. E' spontaneo chiedere poi: se la linea Genova-Milano esiste per i liguri "principalmente per raggiungere già in volo Linate, evitando fastidiosi e lunghi trasbordi via terra per le coincidenze con le linee europee, perché l'analogo Torino-Milano di uguale utilità è stato anni fa soppresso? Inoltre, se tanto Bologna che Genova sono validamente collegate con Napoli, quali motivazioni impediscono l'istituzione di un non meno necessario Torino-Napoli? Emerge cioè l'impressione che nella scelta dei collegamenti aerei non vengano applicati per Torino quegli stessi criteri, anche promozionali, assegnati ad altre città. Giorgio Griva, Torino Belle e decadute le case cantoniere In tutta Italia, e spesse volte in località molto belle, si presenta lo spettacolo di case cantoniere in stato di abbandono. Si legge sui giornali che' l'Anas e altri organismi similari sono in stato finanziario non florido e pertanto un patrimonio immobiliare ingente viene sprecato. Perché lo Stato o chi per esso non pensa di vendere queste proprietà ormai inutili? Giovanni Corino, Vercelli Senza fretta si vive meglio «Ci siamo creati dei bisogni artificiosi e ci autocostringiamo a vivere e a produrre altrettanto artificiosamente per soddisfarli»: cosi scrive un lettore nella rubrica del 15 aprile. Sono perfettamente d'accordo con lui. Abbiamo perso il gusto di tante piccole e grandi cose che potrebbero addolcire un po' i nostri anni: il gusto dell'amicizia, che non sia «pubbliche relazioni»; della chiacchierata spontanea, del dialogo, dello scambio di idee e sentimenti, che non diventi subito contrapposizione, o comizio individuale o si trasformi in un party di pettegolezzi ; delle ore tranquille, a leggere o dedicate a qualche hobby rilassante, senza la schiavitù di televisione, cinema, gita in macchina; della passeggiata senza fretta e senza rumore e senza folla. E tante altre cose ancora. •E' la società d'oggi ad essere cosi», dirà qualcuno. Ma quando ci decideremo a riconoscere che la società siamo noi, tutti e ciascuno? Piero Lombardi, Alessandria Un medico assolve la pillola La lettura dell'articolo «Oggi sotto processo la pillola a Stoccolma» (pubblicato il 18 aprile) ha suscitato in me un senso di vivo disappunto per quanto sta succedendo in quella nazione e la cui notizia può provocare nel pubblico un allarme che ritengo ingiustificato. Se dal punto di vista morale la questione dell'uso del predetto contraccettivo è tuttora discutibile, dal punto di vista medico ritengo che nessun farmaco è stato tanto studiato e discusso dal lato scientifico e statìstico come il preparato estro-progestinico (la cosiddetta pillola) ad uso contraccettivo. Premesso che di pillole contraccettive ve ne sono tante in rapporto alla loro composizione e al dosaggio dei componenti ed è quindi imprudente, anzi errato, generalizzare, va detto che il medico deve conoscerne esattamente non solo le indicazioni, ma anche le controindicazioni assolute e relative, di cui le ditte produttrici danno informazione. I pericoli sono oggi ben noti, come è noto nella letteratura scientifica il caso, citato nell'articolo in questione, della donna morta per trombosi cerebrale. Molti farmaci, talora assunti senza prescrizione medica, possono essere pericolosi se male applicati. Il medicamento, nel rapporto medicopaziente-farmaco, non deve essere in alcun caso di danno, né si può paragonare la pillola contraccettiva al «Talidomide» di infausta memoria e di cui non vi era sufficiente esperienza in campo umano. Io ritengo che oggi, con oculata prescrizione, non possiamo privarci di un tanto prezioso metodo contraccettivo che è consumato, dalle donne in età feconda, in Olanda nel 48 per cento dei casi, in Germania e in Svezia nel 32 per cento, in Francia nel 27 per' cento e in Italia solo nel 5,2 per cento (6,3% al Nord e 2,6% al Sud). Emilio Robecchi, Torino Neanche chi ha nulla viaggia sicuro In questa epoca di violenza dovrebbe almeno essere valida l'affermazione di Ovidio: «Chi non ha nulla, viaggia sicuro». Ma nemmeno questo è vero oggi, dato che innocenti, che nulla hanno, diventano vittime casuali di un odio da cui dovrebbero essere esclusi. A. Marangon, Venezia