Al capezzale della città malata i sindaci di 82 paesi del mondo di Renato Rizzo

Al capezzale della città malata i sindaci di 82 paesi del mondo La grande manifestazione per Fanno internazionale del fanciullo Al capezzale della città malata i sindaci di 82 paesi del mondo Il paziente è la metropoli moderna con le sue disfunzioni: violenza, emarginazione, carenza di servizi e di strutture - Tra le varie relazioni, è stata molto seguita quella del giudice Vercellone sul disadattamento dei minorenni L'atmosfera è grave come quella che si respira assistendo ad un -consulto» di medici attorno al capezzale d'un malato in pericolo di vita: volti seri, desiderio ed impegno di «fare qualcosa». Oli specialisti, in questo caso, non hanno però il camice bianco: sono gli ottantadue sindaci di altrettante grandi città del mondo riuniti a Torino per studiare insieme analoghe soluzioni ad analoghi problemi. Il paziente è la metropoli moderna con le sue disfunzioni: tessuti lacerati, mali manifesti o latenti che si chiamano disadattamento, violenza, emarginazione, carenza di servizi e strutture, crisi dei rapporti sociali. sono gu elementi comuni ad ogni grande città del pianeta, la • mappa» di una patologia endemica. Ieri mattina il «consulto» s'è iniziato al Palazzo del Lavoro ed ha analizzato il rapporto tra bambino e città nel quadro delle manifestazioni organizzate per l'Anno internazionale del fanciullo. L'architetto Oabettl ha trattato il problema del rinnovamento nell'edilizia dei servizi per l'infanzia parlando di strutture e spazi Integrati, interventi di recupero, utilizzo e potenziamento del verde. Dopo di lui il prof. De Bartolomeis si è soffermato su «Creatività e socializzazione nel processo formativo del bambino». In mattinata è stato anche presentato ai congressisti 11 «Progetto Torino» approvato nella AHI conferenza dei sindaci delle grandi città del mondo svoltosi l'anno scorso a Milano e Torino. Gli ottantadue primi cittadini delle metropoli della terra si sono suddivisi, per essere presenti alle varie relazioni, in cinque gruppi di lavoro. Particolarmente seguita, nel pomeriggio di ieri, la conferenza del presidente del tribunale dei minori di Torino, prof. Vercellone, che ha tracciato una specie di «identikit» del bambino nella grande città malata. In un documento dì 35 pagine il magistrato ha esaminato il fenomeno del disadattamento minorile «o meglio, i fattori che concorrono a dar vita e, spesso, a rendere imponente tale fenomeno*, e ha poi indicato i tipi di Intervento che, dal punto di vista di un giudice dei minori, sembrano più idonei a incidere positivamente sul fenomeno. Per Vercellone negli ultimi ventanni l'adolescente e forse anche già il bambino «si è trovato a dover fare i conti con una serie di mutamenti che lo ha reso ancor più vulnerabile di quanto non lo sia già per il fatto stesso di attraversare un momento di difficile evoluzione della propria vita*. Ad una società uniforme e quindi conformista si è infatti sostituita una società pluralista che guarda con sospetto «a regole di condotta intese come oppressive della libertà di scelta e contesta come illiberale ogni tentativo di incanalare la scelta*. Secondo il giudice il ragazzo ha ancora bisogno, invece, di una mano cui sorreggersi («e magari anche da mordere*) ma spesso sono gli adulti stessi, rifiutandogli questo appoggio, a spingerlo a cercarlo presso coetanei «o, peggio, presso ex giovani ancora psichicamente insicuri*. Al ragazzo, inoltre, non vengono offerti gli strumenti per •fare davvero l'uomo*: il denaro, il lavoro. «Ai posto gli si offre soltanto la continuazione dell'apprendistato sui banchi di scuola. In sostanza l'adolescenza, come fase di transizione fra lo stato sociale di "minore" e quello di adulto, cioè di individuo cui il gruppo assegna funzioni che sono proprie del gruppo, si è ridotta nel tempo per alcuni aspetti: anche il quattordicenne, ad esempio, è ammesso al sesso ed alla droga*. Al contrario, secondo il relatore, l'adolescenza sta, invece, prolungandosi in modo straordinario, per quanto riguarda l'autentica libertà: quella di lavorare, guadagnare, essere autonomi in una società dove chi è senza denaro non conta nulla e non può avere nulla. E' stata anche trattata la diversa condizione che, ancora ai nostri giorni, vivono 1 ragazzi di città («dove le stesse eccessive dimensioni sono un severo ostacolo all'armonica crescita dell'adolescente*) e ragazzi di campagna. Le punte dell'Iceberg più facilmente rilevabili nel disadattamento minorile che fa centro proprio nella fascia delle famiglie di recente inurbazione, sembrano essere essenzialmente tre: l'impossibile rapporto sereno e fecondo fra genitori e fi¬ gli in famiglie «povere» ed in cui rabbia e tensione sono gli unici elementi che accomunano; l'ambiente esterno in cui il •gruppo di coetanei, che è la prima formazione extra-familiare decisiva per la maturazione del bambino, è facilmente già una banda di ladruncoli calamitata da adulti già inseriti nella malavita*; terzo punto: l'appartenenza, •immediatamente percepita dal bambino, alla categoria dei cittadini inferiori, diversi: il corollario è il rifiuto di tutto ciò che "gli altri" ordinano o anche solo propongono*. L'analisi del prof. Vercellone identifica in tre momenti le condizioni perché il molto che si può fare abbia probabilità di successo: ogni singolo intervento sia conforme ad un piano ben coordinato; ogni singolo intervento sia compreso ed accettato dalla città e soprattutto dai destinatari dell'intervento stesso; chi opera abbia fiducia in ciò che fa e riesca a coinvolgere la maggior parte dei cittadini sicché 11 piano per rifare la città diventi una scommessa in cui è coinvolto l'orgoglio di tutti. Gli spunti di riflessione nell'intervento del giudice riguardano ancora la liberazione della donna e la necessità della pianificazione familiare, per toccare, poi, la piaga della droga, dell'alcol, della prostituzione giovanile. •Reperimento di attività lavorative, costituzione di centri d'incontro, costituzione di comunità-alloggio per ospitare ragazzi che devono essere allontanati dalla propria famiglia che è la concausa del suo disadattamento*: ecco alcuni dei rimedi proposti. Ma, forse, le radici di una miglior condizione del bambino nella città si devono trovare nella scuola. •Dietro certe dichiarazioni di ragazzi "difficili" proprio sulla scuola al tribunale dei minori ("Non riuscivo, non ne avevo voglia, non mi piaceva, m'ero stufato") sta un'altra realtà: era lui che non piaceva alla scuola, erano gli insegnanti a non aver voglia di lui e di lui gli stessi insegnanti s'erano stufati. I mezzi strumentali per dare ai bambini e ai ragazzi quello che la scuola deve loro offrire ci sono. Tocca agli adulti fare il proprio dovere sino in fondo, rendendosi conto che la scuola è davvero un servizio sociale per l'infanzia*. Renato Rizzo

Persone citate: De Bartolomeis, Vercellone

Luoghi citati: Milano, Torino