Un altro autonomo sotto accusa (è dell'ambiente universitario) di Giuliano Marchesini

Un altro autonomo sotto accusa (è dell'ambiente universitario) Sarebbe indiziato per associazione sovversiva Un altro autonomo sotto accusa (è dell'ambiente universitario) DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PADOVA — Un altro personaggio alquanto misterioso, nell'inchiesta padovana sui leaders di Autonomia: c'è un imputato in più, iscritto nell'istruttoria condotta da Pietro Calogero e passata all'ufficio istruzione. Ma tutto, in questi momenti che precedono la ripresa dell'indagine, resta abbastanza indefinito: nessuno sa dire quale ruolo, quale importanza abbia attribuito a quest'uomo il magistrato inquirente, che ha firmato una comunicazione giudiziaria a suo carico. Secondo informazioni raccolte in giro, naturalmente senza conferme ufficiali, il nuovo imputato è un padovano e si chiama Alberto Rizzati (o Pizzati): tra il '72 e il '73 faceva parte dell'ambiente universitario; qualcuno aggiunge che è stato dentro l'area di Potere operaio e ha seguito le evoluzioni del movimento. «Insomma — concludono — è un autonomo». Ma il profilo di questo personaggio non è chiaro, né si può sapere come egli sia finito coinvolto nella parte d'inchiesta che «rimane» a Padova e riguarda le accuse di associazione sovversiva. In mancanza di concretezza, lievitano le congetture sull'undicesimo imputato della lista padovana. Certo, gli ambienti del palazzo di giustizia padovano dove si sta facendo un bilancio della prima fase dell'inchiesta sugli esponenti di Autonomia sembrano diventati piccole «roccheforti» immerse nel silenzio. Qualche vaga parola si può cogliere nei corridoi, o su per le scale. Ad esempio, un magistrato al quale abbiamo chiesto se confermasse l'esistenza di una «spia» che avrebbe messo in allarme Toni Negri da questo palazzo di giustizia, ci ha risposto: «Non credo». Poi ha raggiunto svelto il suo studio. Di ufficiale, finora, c'è soltanto una decisione su una questione procedurale. Dopo la riunione che avevamo annunciato l'altro ieri, i tre magistrati dell'ufficio istruzione si sono trovati d'accordo per una conduzione sostanzialmente «collegiale» dell'istruttoria: titolare dell'inchiesta è il giudice istruttore capo Giovanni Palombarini, che delegherà alcuni atti agli altri due. Luigi Nunziante e Mario Fabiani. Probabilmente. occorreranno alcuni giorni per l'esame, da parte dei tre giudici, delle carte messe insieme da Pietro Calogero. Poi dovrebbe cominciare il secondo «giro» di interrogatori per i componenti il gruppo degli imputati coinvolti nella parte d'inchiesta rimasta a Padova. Intanto, il collegio di difesa passa al contrattacco, dopo le notizie apparse in questi giorni. Ieri mattina, in un'aula della facoltà di Scienze Politiche, l'avv. Giuseppe Di Lorenzo e rappresentanti del «Comitato 7 aprile contro la repressione» hanno tenuto un'altra conferenza-stampa. «A tutt'oggi — dice Di Lorenzo — i difensori non conoscono il contenuto delle decisioni comunicate da Calogero martedì scorso». Il legale si riferisce, evidentemente, alla dichiarazione de! sostituto procuratore padovano sulla sorte dell'inchiesta sui leaders di Autonomia: la divisione dell'istruttoria in due tronconi, l'uno trasferito alla magistratura romana con i dodici accusati di partecipazione a banda armata e l'altro trattenuto al palazzo di giustizia di Padova. «Si ordina lo stralcio di dodici posizioni — osserva l'avv. Di Lorenzo — poi si formalizza l'istruttoria. Nel momento in cui si propone l'istanza di formalizzazione, il pubblico ministero deve decidere soltanto su questo punto e limitarsi agli atti urgenti. A nostro avviso, lo stralcio è illegittimo: Calogero doveva trasmettere tutti gli atti al giudice istruttore». Sollevare la questione, aggiunge il legale, può comportare tempi morti nell'inchiesta. «Per decidere dobbiamo parlare con i nostri assistiti, che devono dire se sono disposti a correre il rischio di un protrarsi della carcerazione preventiva. Ma con loro non possiamo parlare, perché sono in isolamento. Si tratta di imputati che vogliono farsi difendere». La difesa attacca poi quanto viene da Roma su questa inchiesta. «Continua — dice Di Lorenzo — uno stillicidio di notizie più o meno tendenziose, provenienti dalla capitale, su presunte prove e. cose del genere: noi protestiamo duramente». Il legale parla di «campagna diffamatoria» fatta di voci, di «non so». L'avv. Di Lorenzo replica, tra l'altro, a proposito della notizia secondo la quale Toni Negri nascose il suo archivio in casa di un conoscente. «Quell'archivio —dice il legale — Negri lo teneva dapprima nell'università: lo aveva trasferito nell'abitazione di un amico soltanto perché ingombrava. E alcuni giorni prima di essere arrestato spedì una lettera alla Procura, con cui chiedeva che gli venisse restituito. Sarebbe questa la fantomatica prova di appartenenza alle Brigate rosse?». Giuliano Marchesini

Luoghi citati: Padova, Roma