L'uomo in auto morì per disgrazia è scarcerato l'industriale Garetto
L'uomo in auto morì per disgrazia è scarcerato l'industriale Garetto La sezione istruttoria ha accolto il ricorso dei difensori L'uomo in auto morì per disgrazia è scarcerato l'industriale Garetto L'episodio nell'agosto '78 - La vittima dormiva sul volante, l'imputato la svegliò, insospettito: «Si girò e urtò il mio braccio facendo partire il colpo» - Decisiva la superperizia Remigio Garetto l'industriale stabilire quindi la distanza da Remigio Garetto. l'industriale che la sera del 3 agosto '78 uccise con un colpo di pistola l'operaio Stefano Tagnocchetti, 34 anni, è stato scarcerato. Lo ha deciso la sezione istruttoria della corte d'appello accogliendo il ricorso dei difensori Renzo Mazzola e Giorgio Merlone. Motivo: non sono stati ritenuti sufficienti gli indizi per accusare il Garetto di omicidio volontario. Al provvedimento si è giunti dopo una serie di perizie e superperizie fatte da 7 esperti di balistica e di medicina legale. Questo il racconto dell'episodio e della complessa istruttoria che ne è seguita. Afosa sera di agosto. Remigio Garetto, titolare con il fratello Filippo della Photo-color, laboratorio per lo sviluppo e lo stampaggio di materiale fotografico a colori, nota una «A 112» parcheggiata a pochi passi da casa, in via Ce ce hi' angolo corso Emilia. Sulla vettura c'è un uomo, il capo appog-' giato al volante. E' Stefano Tagnocchetti, operalo alla Fiat Mirafiori, da un mese in mutua. Soffre di disturbi mentali, più volte è stato ricoverato all'ospedale psichiatrico della Savonera, ma non è mai stato classificato come pericoloso. Durante le frequenti crisi depressive, corre a rifugiarsi nell'auto, dove si sente più sicuro. Come quella sera. Il Garetto. da tempo bersagliato da furti e da telefonate anonime a scopo di estorsione, notala «A 112» ferma sotto casa e pensa subito al peggio. Si arma di una «Beretta 6.35» e scende in strada avvicinandosi all'auto. «Era appoggiato al volante — racconterà l'industriale al magistrato — non si capiva se stesse dormendo o fingesse. L'ho scosso, chiamandolo varie volte "Ehi signore, cosa sta facendo, si svegli". Poi l'ho anche schiaffeggiato, con l'intenzione di fargli riprendere i sensi. Ma lui. appena riavutosi da quello strano torpore, ha avuto uno scatto e girandosi mi ha urtato il polso col braccio. La pistola ha sparato da sé. E' stata una disgrazia, non volevo ucciderlo*. La versione del Garetto contrasta però con i risultati ai quali pervengono i periti Torre e Ghio. Gli esperti escludono che il colpo sia partito da distanza ravvicinata («offre i SO centimetri» affermano) per la totale assenza di bruciature o affumicature intorno al foro d'entrata del prolettile. Di tutt'altro avviso i difensori dell'industriale, che esibiscono al magistrato una fotografia della vittima quando era stata appena trasportata all'ospedale Martini. *La foto mostrata al giudice — sostengono i legali — indica che la ferita è stata ripulita e vi fu apposto un cerotto, asportato poi. prima che il cadavere venisse esaminato dai periti. Se le affumicature c'erano, in ogni caso scomparvero quando il cerotto fu tolto*. I legali chiedono al magistrato una superperizia. Ai professori Ghio e Torre vengono cosi affiancati Baima Bellone e Max Frei. Consulenti di parte sono i professori Cerri di Milano. Fallarli di Bologna e Brandone di Pavia, quest'ultimo esperto italiano di attivazione neutronica (un procedimento per la ricerca di particelle di antimonio e per stabilire quindi la distanza da cui è sparato un proiettile). La superperizia riserva un colpo di scena: gli esami stabiliscono che il colpo è partito da una distanza variabile tra i 30 e i 50 centimetri. La versione del Garetto non pare più inverosimile. Per la difesa si tratta di un risultato positivo che conferma la tesi da loro sostenuta per mesi, con convinzione, anche quando le risultanze sembravano dar loro torto. Il magistrato respinge però l'istanza di scarcerazione presentata dai legali, convinto che la ricostruzione dell'episodio non è sufficientemente chiara e ordina nuovi esperimenti. Remigio Garetto ricorre alla sezione istruttoria della corte d'appello che ne ordina infine la scarcerazione. I familiari della vittima sono stati risarciti con 26 milioni. n piet. L'industriale Garetto con il perito, i suoi avvocati ed il giudice riprendere i sensi Ma lui appeappena trasportata all'ospedale lt
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