Berlino e le sue feste tempestose al Trovatore che viene doll' Arena

Berlino e le sue feste tempestose al Trovatore che viene doll' Arena L'opera italiana accolta con entusiasmo alla Deutschlandhalle Berlino e le sue feste tempestose al Trovatore che viene doll' Arena BERLINO — C'erano come ondate di tuono l'altra sera alla Deutschlandhalle di Berlino durante gli applausi rivolti dal pubblico al Trovatore dell'Arena di Verona: al culmine dell'entusiasmo i tedeschi battono i piedi sul pavimento e si raccontano poi che lo spettacolo è stato «sturmisch gefeiert», alla lettera «tempestosamente festeggiato», con una connotazione tutta positiva. E' questo il terzo anno consecutivo che il complesso dell'Arena viene a Berlino Ovest presentando lo spettacolo più significativo della precedente stagione estiva; ma il legame fra le due città è destinato a continuare e rafforzarsi nel tempo perché l'accoglienza dei berlinesi è sempre calda. La venuta dell'Arena a Berlino non si risolve però in una semplice presenza musicale. L'operazione si contorna d'un sagace ma non invadente apparato di reclamizzazione turistica a cura della Regione Veneto: il foyer della Deutschlandhalle, la grande sala capace di dodicimila posti che fa generalmente da palasport ma è assai acustica perché vi domina il legno, era invaso da fotografie a colori dei gioielli del Veneto, delle Sciopero dei ballerini piazze di Venezia, delle ville palladiane; all'ingresso c'era anche una gondola vera e più in là un virtuosistico modellino dell'Arena con una scena dellVlida, tutto in vetro soffiato a colori di Murano. Questo il contorno dell'opera rappresentata nell'allestimento del regista Bolchi con scene e e costumi di Giulio Coltellacci, costituite da un grandioso sistema di ferrigni torrioni, variamente disposti a definire un ambiente guerresco, di notevole effetto spettacolare, approvato dal pubblico con vari applausi a scena aperta. La compagnia di canto doveva avvalersi della presenza di Luciano Pavarotti che all'ultimo momento ha rinunciato per motivi di famiglia ed è stato sostituito onorevolmente da Franco Bonisolli. Pavarotti era attesissimo perché sta diventando un idolo del pubblico berlinese e una settimana fa, insieme a Katia Ricciarelli, ha dato un trionfale recital in forma scenica per l'inaugurazione del fantascientifico Palazzo dei Congressi, appena ultimato. Lo spettacolo intitolato «Amore e morte nel melodramma italiano» portava la firma deigiovane regista siciliano Francesco Privitera, che da alcuni anni lavora a Berlino, e veniva per terzo dopo un concerto di K ara Jan e uno di Bóhm, rispettivamente con i Filarmonici di Berlino e di Vienna. In questi giorni la grande sala dell'Internationales Congress Centrum, capace di 5000 posti aumentabili sino a 6500 col semplice sfondamento del palco dietro cui c'è un secondo teatro speculare al primo, sta ospitando i Balletti di Béjart: questo per dire la vertiginosa contemporaneità di avvenimenti artistici che Berlino offre in ogni settore della vita culturale, mobilitando una quantità enorme di pubblico civilissimo e preparato. Eppure gli amministratori della cultura cittadina ancora si lamentano dicendo che in Germania 1 opera è uno spettacolo di élite. Basti dire che a Berlino Ovest ci sono almeno cinque grandi orchestre (una decina con quelle di Berlino Est) ma per il Trovatore dell'Arena è stata invitata l'Orchestra Sinfonica (PTT) di Budapest, un eccellente complesso che sostituiva quello italiano impegnato nella stagione lirica al Teatro Filarmonico veronese. La troupe dell'Arena comprendeva perciò oltre ai cantanti, l'ottimo coro diretto da Corrado Mirandola e tutta l'equipe di tecnici che hanno perfettamente adattato al nuovo ambiente le mastodontiche strutture sceniche dell'allestimento di Coltellacci. Per tutti, i festeggiamenti sono stati calorosi, ma entusiastici soprattutto per il cast dominato da Katia Ricciarelli e dal baritono armeno Garbis Boyagian. La Ricciarelli è stata una splendida Leonora, tutta intimità e dolcezza di sfumature: una vera voce d'angelo, l'emblema di quella midoliosa pastosità di suono che i tedeschi indentificano, con una sorta di ammirata nostalgia, nel canto italiano. Accanto a lei Boyagian ha prestato la sua voce calda e patetica al personaggio del Conte di Luna mentre Bonisolli e Viorica Cortez si sono generosamente prodigati nelle parti di Manrico e di Azucena riscuotendo anche loro una buona dose di applausi. Il direttore d'orchestra Michelangelo Veltri ha accompagnato il palcoscenico con duttilità e forse troppa discrezione, lasciando che le voci primeggiassero incontrastate: e cosi farà, presumibilmente, anche nelle repliche, per quattro giorni consecutivi, cui prenderanno parte altri cantanti tra cui Raina Kabaivanska. Seta del Grande, Giorgio Casellato Lamberti. Piero Cappuccini e Franca Mattiucci in una vera ubriacatura, per i berlinesi, di quel canto italiano che amano alla follia. „ . _ . < Paolo Gallarati